di
Niccolò Varrucciu

 

I Disturbi dello Spettro Autistico (DSA) sono caratterizzati dalla presenza di difficoltà sociali e comunicative, accanto a interessi insolitamente forti e ristretti e/o comportamenti insolitamente ripetitivi e stereotipati (DSM-5, APA, 2013). Secondo i dati diffusi nel 2018 dal Centro per la Prevenzione e il Controllo delle Malattie (Centers for Disease Control and Prevention – CDC, USA) 1 bambino su 59 ha una diagnosi di Disturbo dello Spettro Autistico. I dati indicano un aumento rispetto al 2016, suggerendo un miglioramento nel riconoscimento del quadro clinico e un migliore accesso ai servizi, soprattutto rispetto alle donne e alle minoranze culturali.

Il Disturbo Borderline di Personalità (DBP) ha una prevalenza del 2%, con uno sbilanciamento verso il genere femminile e si caratterizza per repentini cambi di umore, instabilità affettiva, emotiva e comportamentale, instabilità nelle relazioni con gli altri, marcata impulsività e difficoltà ad organizzare in modo coerente i propri pensieri.

L’esatta eziologia, incluso il contributo di fattori genetici e ambientali, non è del tutto nota e ancor meno conosciuta è la relazione psicopatologica tra questi due quadri clinici. La sovrapposizione sintomatologica è stata primariamente notata a livello cognitivo, dove sia i DSA che il DBP presentano difficoltà prevalenti nella Teoria della Mente e nella cognizione sociale (lettura delle emozioni e degli stati mentali altrui).

Uno studio di Lugnegard e coll. (2012) ha confrontato il BPD e i DSA sui tratti di personalità evidenziando maggiori tratti di neurotocismo, estroversione e apertura all’esperienza, ma meno coscienziosità nel DBP. Gli autori hanno anche individuato maggiore disregolazione emotiva e comportamento “antisociale”, e minore inibizione e compulsività. Non sono emerse differenze rispetto all’intimità, evitamento sociale, espressività limitata e insensibilità. La sovrapposizione sintomatica di tra i DSA e i disturbi di personalità può portare a incertezza diagnostica, in particolare nelle donne, in cui i quadri sembrano essere ancora più sfumati. Considerando i pazienti con autismo ad alto funzionamento (ex sindrome di Asperger), Hofvander e coll. (2015) hanno scoperto che il 68% del campione analizzato, composto da adulti con DSA (42 su 62), soddisfaceva i criteri per almeno un disturbo di personalità. Questo studi getta luce su una sovraombratura diagnostica piuttosto significativa, laddove una corretta diagnosi clinica è invece di fondamentale importanza al fine di implementare trattamenti che raggiungano la massima efficacia. Per esempio, uno fra i sintomi maggiormente invalidanti nelle due condizioni, l’autolesionismo, è sotteso da elementi molto diversi: fortemente associato al sovraccarico sensoriale nei DSA, mentre nel DBP tende a verificarsi nel contesto del conflitto interpersonale e della disregolazione emotiva. Pertanto, mentre nei DSA risulta ragionevole gestirlo riducendo le attività che alla base del suddetto sovraccarico sensoriale, nel DBP ci sono evidenze dell’efficacia degli interventi psicoterapeutici che riducono la disregolazione emotiva e/o spingono a “mentalizzare” maggiormente. Non di secondaria importanza i casi di comorbilità fra DSA e DBP, in cui il rischio di suicidio risulta ancora maggiore rispetto a quello delle singole condizioni, a ulteriore riprova dell’importanza di una diagnosi e un trattamento appropriati.

Nel 2009 Baron-Cohen ha proposto una teoria dell’autismo basata sui sistemi empatico vs sistematizzante (E-S): l’empatia è la capacità di sintonizzarsi naturalmente con pensieri e emozioni altrui. Può essere suddivisa in affettiva,  condivisione delle emozioni vissute dall’altro e cognitiva, capacità di comprendere il punto di vista dell’altro.

La sistematizzazione è la capacità di identificare le regole che governano un sistema, al fine di prevederne il comportamento. Il profilo tipico delle persone con DSA prevede una scarsa capacità empatica, almeno per la componente affettiva, a fronte di una sistematizzazione nella media o superiore alla media.

Recenti ricerche hanno cercato di valutare questi due elementi in persone con DBP. I risultati rispetto ai livelli d’empatia hanno mostrato capacità deficitarie o nella “norma”, a seconda del metodo utilizzato per valutare il costrutto o dello stato emotivo (se l’individuo è stressato la capacità empatica potrebbe essere ridotta). Inoltre, nelle persone con DBP, le credenze negative verso sé stessi possono portare a uno stato di ipervigilanza rispetto alle espressioni facciali o al tono della voce degli altri, migliorando, in alcuni casi, la capacità di leggere gli stati mentali degli altri.

Sebbene molti studi abbiano studiato diversi aspetti dell’intelligenza emotiva e abbiano esaminato la cognizione, nessuno ha studiato in modo specifico la sistematizzazione, ovvero la tendenza ad analizzare o costruire sistemi. Ciò che definisce un sistema è dato dal fatto che segue delle regole, e la sistematizzazione è il tentativo di identificare le regole che governano il sistema, al fine di prevederne il comportamento.
Dudas et al., (2017) hanno indagato 3 aree del funzionamento psicologico al fine di identificare alcune peculiarità sintomatologiche in pazienti con DSA, DBP e con entrambi i disturbi in comorbilità: tratti autistici, empatia e sistematizzazione.

Per ognuna di queste caratteristiche è stato somministrato un questionario di autovalutazione affidabile e validato.

Gli autori hanno evidenziato tratti autistici più marcati nel campione con DSA e DBP in comorbilità, rispetto al gruppo con solo diagnosi di DSA. Un altro risultato interessante è quello che ha evidenziato come su 38 donne con DBP, quasi la metà abbia mostrato tratti autistici significativi (raggiunto il cutoff dello strumento AQ). Questo risultato, che dovrebbe sicuramente essere replicato in un campione più ampio, è in linea con l’idea che alcune donne con DBP possano avere un DSA non diagnosticato.
Come previsto, le persone con DSA hanno mostrato bassi punteggi nell’area dell’’empatia e punteggi elevati nell’area della sistematizzazione rispetto a quelli senza tale diagnosi.

Durante lo studio è stato analizzato anche il “tipo di cervello”, una particolare classificazione in 5 stadi, da “estremamente empatico” a “estremamente sistematizzato”: i risultati suggeriscono uno spostamento delle persone con DBP (solo o in comorbilità con DSA) verso un cervello di tipo più sistematizzato. È possibile che una maggiore sistematizzazione sia una strategia compensativa alla marcata instabilità emotiva o, in alternativa, che sia parte della fenomenologia specifica del DBP, ancora da esplorare dettagliatamente.

In ogni caso, questi dati rimarcano la necessità di un attento esame dei tratti autistici nei pazienti sottoposti a valutazione per il DBP, specialmente in assenza di una storia di vita caratterizzata da abusi o traumi significativi nell’infanzia, spesso descritti come fattori di rischio per questo tipo di disturbo. Alcuni di questi pazienti potrebbero essere stati diagnosticati erroneamente e una parte di essi potrebbe avere entrambe le condizioni.

Ciò sembrerebbe essere particolarmente utile nelle donne con DSA, in cui il fenomeno della mimetizzazione (camouflage) può portare a una sottostima della diagnosi o addirittura alla formulazione di diagnosi errate. Nello specifico, queste tenderebbero a conformarsi al gruppo di riferimento adottandone atteggiamenti e comportamenti tipici, nascondendo più possibile i loro tratti autistici.

L’identificazione di profili clinici specifici potrebbe invece rivelarsi molto utile, permettendo di individuare i trattamenti maggiormente efficaci in modo economico, rapido e relativamente semplice.
I limiti principali degli studi esaminati: le ridotte dimensioni dei campioni e la metodologia diagnostica di tipo self-report.

 

 

 

 

BILBIOGRAFIA

 

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