di
Cecilia Lombardo

 

Gli elementi fondanti il senso di colpa, il significato e il senso di quest’emozione

Il senso di colpa è un’emozione sociale, perché si determina in un contesto sociale ed è a salvaguardia dei legami all’interno di un gruppo, affinché il caos e l’anarchia non prevalgano. Avere una colpa non basta per sentirsi in colpa, così come può esserci senso di colpa senza una colpa oggettiva.

Esistono due principali tipi di senso di colpa: quello deontologico, che si prova quando ci si sente in difetto per essere la causa o la concausa di un evento nocivo ai danni di qualcuno, e il senso di colpa altruistico, che si attiva quando ci si sente immeritatamente più fortunati di qualcun altro, per esempio se si sopravvive ad una calamità in cui si sono state delle vittime, in questo caso non si sarebbe potuto fare niente per impedire l’accaduto, tuttavia, insieme al sollievo per lo scampato pericolo, si può vivere con disagio la miglior sorte avuta.

In questa sede ci si occuperà soltanto del senso di colpa deontologico, che è determinato dalla credenza di aver danneggiato qualcuno o violato qualche norma sociale o imperativo morale. Ci si può sentire in colpa per azioni (ad es. rubare) o omissioni (ad es. non prestare soccorso) che si configurano come reati e sono largamente condannati moralmente, o per comportamenti che non provocano un danno materiale alla vittima (ad es. offendere, mancare di rispetto), ma anche per disposizioni all’azione, intenti a cui non viene dato seguito, ad es. quando si sente un forte impulso aggressivo nei confronti di un’altra persona, ma non la si lede in alcun modo.

Ci si può sentire in colpa senza arrecare danno o offesa ad alcuno dedicandosi ai piaceri della carne: la gola, la lussuria e l’ingordigia. Tali propensioni nella cultura dominante vengono etichettate come vizi, in quanto espressione dell’egoismo della persona e segno di “impurità”, fanno diminuire il “valore morale” perché portano ad una regressione a comportamenti animaleschi. Il linguaggio comune infatti mette in relazione comportamenti appetitivi abnormi verso il cibo o il sesso con animali ritenuti di basso rango, quali i maiali e i conigli.

 

Nel senso di colpa deontologico, solitamente sono presenti questi ingredienti:

  • un danno, perpetrato in forma di azione o omissione, o violazione di norme, anche in assenza di un danno (ad es. per un islamico praticante non rispettare il Ramadan)
  • una vittima
  • un giudice, un codice, un’autorità depositaria dei valori e delle norme rispetto a cui ci si riconosce colpevoli. Il giudice può essere rappresentato in forma astratta, il codice di riferimento è in qualche modo introiettato, se ne condivide la prospettiva.
  • Vi è una valutazione negativa del proprio comportamento in quanto dannoso o cattivo. Come si diceva sopra ci si può sentire in colpa anche solo per l’intenzione nociva.
  • L’assunzione di responsabilità, in cui c’è a) un rapporto causale tra azione e danno b) nel colpevole era rappresentato lo scopo attivo di nuocere o quanto meno c) si aveva il potere di evitare il danno.
  • L’abbassamento dell’autostima morale. Ci si vede dotati di caratteristiche, disposizioni e atteggiamenti negativi. Il senso di colpa si sperimenta quando c’è incoerenza  tra ciò che si fa e ciò che si pensa di essere. Il soggetto che si sente in colpa ritiene di essersi comportato come non si sarebbe aspettato di fare se fosse stato la persona che pensava di essere. Le autovalutazioni negative di solito hanno forti connotazioni emotive, come il senso di sconfitta per non essere all’altezza dei propri valori, il disprezzo verso sé stessi, il rimorso per ciò che non si doveva fare, il desiderio impotente di cancellare la propria cattiva azione e le sue conseguenze.
  • L’identificazione con la vittima, ovvero si soffre empaticamente con la vittima e si soffre per il dolore causato. Non è necessariamente presente, ma è ricorrente,.

 

Come ogni emozione, anche il senso di colpa predispone ad una certa azione, di solito infatti induce la motivazione a riparare. L’atto ripartivo mitiga la colpa e serve a ristabilire un’equità tra danneggiatore e danneggiato. Si può riparare attraverso l’accettazione di una punizione, o attraverso atti di compensazione, di risarcimento del danno arrecato. L’equità viene quindi ristabilita o attraverso un abbassamento del proprio potere (con la punizione e l’espiazione), o attraverso un’elevazione del potere della vittima (ad es. un risarcimento economico).

 

L’assunzione di responsabilità è un elemento necessario per provare senso di colpa, occorre però tenere presente che non è necessario essere convinti in modo lucido e razionale di aver commesso una colpa, basta supporlo. Si può essere convinti razionalmente della propria innocenza o del mancato contributo al fatto in questione e, tuttavia, irrazionalmente sentire di non aver fatto tutto ciò che sarebbe stato doveroso fare per impedirlo. Un classico esempio è rappresentato dal senso di colpa della vittima di stupro, che si rimprovera di aver involontariamente provocato l’aggressione o di aver trascurato di assumere misure preventive.

 

Quale scopo dell’individuo sorveglia questa sgradevole emozione?  Il senso di colpa serve a proteggere l’autostima morale e l’appartenenza al gruppo di riferimento. Attraverso il senso di colpa infatti si ristabilisce la conformità ai valori del gruppo, riparando al male commesso, dove possibile, o subendo una punizione che ristabilisce l’ordine costituito, infranto dall’azione colpevole. Preventivamente attraverso il timore di essere colpevoli, e attraverso gli atti riparatori in caso di colpa effettiva, gli esseri umani tutelano la convivenza con gli altri individui, massimizzando le possibilità di sopravvivenza individuali e il bene collettivo.

 

Si può essere più o meno inclini al senso di colpa, esiste infatti un continuum nella disposizione al senso di colpa e, come per tutte le dimensioni psicologiche, gli estremi opposti si collocano nella patologia. Da un lato, ci può essere il delirio di colpa, in cui ogni evento negativo viene ricondotto a sé, in una sorta di visione onnipotente in cui ci si sente responsabili di molte più conseguenze dannose di quante se ne potrebbe arrecare. Chi invece ha una disturbo antisociale di personalità è pressoché immune dal senso di colpa, in quanto si sente al di sopra delle regole condivise, che valgono per gli altri ma non per sé stessi; non ha lo scopo della preservazione del legame con il gruppo di appartenenza ed è inoltre incapace di provare empatia per la vittima.

Un disturbo psicologico in cui il senso di colpa deontologico gioca un ruolo centrale è il Disturbo Ossessivo- Compulsivo: le ossessioni e le compulsioni sono infatti al servizio dello scopo iper- investito di non commettere colpe, non essere responsabili di possibili danni a sé o ad altri. Ad esempio controllare con lunghi rituali di aver chiuso bene il gas, protegge dalla possibilità che, per una propria leggerezza, il condominio salti in aria con gravi conseguenze per cose e persone.

 

Il senso di colpa, quando intenso, comporta uno stato di forte disagio interiore, per questo, automaticamente e spesso inconsciamente, si tende a proteggersi da questa emozione, o negandola o reprimendola o manipolandola. Agendo sui fattori cognitivi è possibile ridimensionarla: da essa ci si può difendere in vari modi, ad esempio considerando la non intenzionalità (“sono stato io, ma non avrei mai immaginato che il mio gesto avrebbe avuto tali conseguenze”), la corresponsabilità (“non ero l’unico), oppure rivalutando l’entità del danno (“non è poi così grave”; “la vittima se l’è andata a cercare”). Questi interventi vengono messi spesso in atto spontaneamente, o sono suggeriti dai confidenti del soggetto che si sente in colpa.

Si rimanda ad altra sede la trattazione di interventi ad hoc per la riduzione del senso di colpa patologico, che può diventare il target di un percorso psicoterapeutico, in quanto, per quanto utile, come tutte le emozioni, quando è soverchiante, e si prolunga nel tempo senza alcuna soluzione, blocca inutilmente il progetto esistenziale della persona, senza alcun vantaggio per sé o per altri.

 

Bibliografia

  • Castelfranchi C., Mancini F., Miceli M. (2002). Fondamenti di cognitivismo clinico. Torino, Bollati Boringhieri Ed.
  • Mancini F. (2008). Il senso di colpa altruistico e deontologico. Cognitivismo clinico, vol. 2, n.5 pag. 123-144.

Mancini F. (curato da) (2016). La mente ossessiva. Milano, Raffaello C