CHE COS’E’ L’ANSIA?

L’ansia è un’emozione molto generale e molto elementare, e quindi molto diffusa. L’ansia è un’emozione che tutti provano in diverse situazioni, e nasce ogni volta che abbiamo di fronte, nel futuro prossimo, una possibile «minaccia» (per esempio un esame o una prova importante, dove la minaccia è poter fallire l’esame).
L’ansia può essere positiva se permette alla persona di affrontare il compito o aumentare la sua performance, mentre diviene negativa nel momento in cui diminuisce tale prestazione dell’individuo.

Ma quand’è che l’ansia diviene patologica?
Quando si attiva in maniera eccessiva o immotivata rispetto alla situazione, compromette il buon funzionamento dell’individuo e provoca sofferenza, crea un costante stato di apprensione e minaccia immotivata.
Differisce, inoltre, dall’ansia evolutiva perché è persistente e porta la persona ad evitare determinate situazioni o ad affrontarle solo ricorrendo ad alcune precauzioni (come avere una persona cara vicino).
I disturbi d’ansia comprendono tutti quei disturbi che condividono caratteristiche di paura e ansia eccessiva. Questi sono diversi uno dall’altro per la tipologia di oggetti e situazioni che provocano paura o ansia.

IL DISTURBO DI PANICO

…F. sta passando un momento molto stressante. E’ appena diventato papà, è stato promosso a lavoro e non ha più molto tempo libero. Una sera tornando a casa, mentre faceva le scale del palazzo, si è reso conto che il suo battito cardiaco era accelerato, ha pensato: “oddio succederà qualcosa al mio cuore? Che succede alla mia famiglia se mi succede qualcosa?”. A questi pensieri riferisce che il battito cardiaco è aumentato ancora, le mani hanno cominciato a formicolare, i muscoli si sono irrigiditi, ha cominciato a sudare, a tremare e ad avere dolori lancinanti al petto…

Questa era la descrizione in breve di un attacco di panico. L’attacco di panico è un evento che provoca sintomi fisici molto spiacevoli (aumento frequenza cardiaca, mani che formicolano, tensione muscolare, tremori, sudorazione…) , dovuti all’attivazione del sistema simpatico, e pensieri catastrofici (paura di morire, di impazzire, soffocare).

Il “circolo vizioso” dell’attacco di panico (Clark, 1986)

SenzanomeI sintomi fisici e i pensieri catastrofici sono seguiti da tentativi utilizzati dalla persona per cercare di controllare l’evento (per esempio molti cercano di controllare il respiro producendo respiri lenti e profondi). Questi comportamenti hanno però l’effetto paradossale di aumentare sia sintomi fisici che lo spavento associato, e viceversa (per esempio i respiri profondi producono iperventilazione, con conseguenti sintomi come capogiri, sintomi dissociativi, aumento della mancanza di respiro; il presentarsi di questi sintomi fisici aumenta la probabilità che si verifichi l’evento temuto –morire, impazzire, soffocare – quindi aumenta lo spavento).

Spavento e sintomi fisici si rinforzano a vicenda formando uno spiacevole circolo vizioso, nel quale si inseriscono i comportamenti e pensieri dedicati all’ansia. Durante l’attacco di panico infatti tutte le attenzioni sono dirette a monitorare i sintomi fisici, ciò aumenta lo spavento e la preoccupazione per quello che può succedere. Gli attacchi di panico possono verificarsi in concomitanza di alcune situazioni specifiche o inaspettatamente. Proprio questa imprevedibilità fa sì che tutte le energie si attivino per cercare di fronteggiare l’evento, come descritto sopra. Una volta verificatosi il primo attacco di panico, la persona colpita cercherà in tutti i modi di evitare il ripetersi dell’evento. Per evitare altri attacchi di panico o cercare comunque di ottenere un certo controllo su questi, la persona colpita utilizzerà determinati comportamenti che si ripercuotono in varie aree dell’esistenza.

 

Contesto Lavorativo:
Al lavoro la persona porrà molta attenzione al monitoraggio dei sintomi corporei quindi dedicherà gran parte delle risorse attentive e molto tempo a questo monitoraggio. Come risultato si ha una peggiore perfomance lavorativa.

 

Con gli altri:
Chi soffre di attacchi di panico può assumere due atteggiamenti opposti: il primo è l’atteggiamento di richiesta di rassicurazione, il secondo è l’evitamento.
Le richieste di rassicurazione sono costanti e frequenti nell’arco della giornata: ogni rassicurazione produce un sollievo immediato, ma quando l’effetto svanisce il paziente richiede di nuovo rassicurazioni, producendo negli altri stress e sensazione di impotenza.
L’atteggiamento di evitamento invece è in genere guidato dalla vergogna nel mostrare la propria malattia. La vergogna guida la persona ad evitare il confronto, ad essere schivo, inducendo negli altri lo stesso atteggiamento di evitamento della relazione.

In conclusione, si verifica un’importate limitazione delle relazioni sociali.

 

Come capire se si ha un problema:
I sintomi dell’attacco di panico sono facilmente distinguibili, tuttavia per essere sicuri di soffrire di disturbo da attacco di panico è necessario rivolgersi ad un professionista che escluderà altre possibili cause dei sintomi sperimentati. La diagnosi di disturbo di panico deve prendere in considerazione ed escludere patologie fisiche o altre patologie psichiche, inoltre è necessario valutare se l’attacco è collegato all’uso di sostanze come caffeina o droghe o alcool.
Il disturbo da attacchi di panico determina dei comportamenti che il paziente utilizza per cercare di evitare che l’attacco si ripresenti. Per questo motivo l’attacco di panico può essere associato ad Agorafobia, ovvero all’evitamento di posti in cui sarebbe difficile avere un aiuto nel caso in cui si verificasse l’attacco (mezzi pubblici, spazi aperti o spazi chiusi come l’ascensore). Questa serie di evitamenti non solo ha una funzione menomante nella vita del paziente, ma anche tende a mantenere attivo il disturbo. Infatti, più si evitano queste situazioni, più ci si convince che non accade niente proprio grazie a questi evitamenti. Inoltre, si crede che se non si mettessero in atto questi evitamenti l’attacco si presenterebbe e sarebbe molto pericoloso per la vita. Quindi, attraverso gli evitamenti il paziente dà maggior forza al disturbo e tende a proteggersi sempre di più, chiudendosi in un circolo vizioso che diventa una vera e propria prigione. Detto questo, risulta evidente come sia necessario intervenire tempestivamente sul disturbo per evitare che diventi sempre più forte e per rendere al paziente una vita adeguata.

La Terapia Cognitivo-comportamentale (TCC) si è dimostrato l’intervento di maggiore efficacia, dimostrata scientificamente, per quanto riguarda i disturbi di ansia, nello specifico il disturbo di panico.
Si tratta di un tipo di psicoterapia in cui paziente e terapeuta sono attivamente impegnati nella comprensione del problema e nella condivisione di obiettivi terapeutici concreti e verificabili. Nel corso del trattamento la persona portatrice del disagio è aiutata a prendere consapevolezza dei circoli viziosi del panico e a liberarsene gradualmente attraverso l’acquisizione di modalità di pensiero e di comportamento più funzionali.
Alla psicoterapia si può affiancare, qualora necessaria, una terapia farmacologica.

(Paolo Rosamilia)

Bibliografia

  • Il disturbo di panico e l’agorafobia – Gragnani A., Mancini F.
  • Gragnani, A, Paradisi, G. & Mancini, F. (2011). Un modello cognitivo del Disturbo d Panico e dell’Agorafobia: Aspetti psicopatologici e trattamento. Psicobiettivo, vol 31 (3), 36-54

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