di
Stefania Iazzetta

 

L’Hikikomori è un termine giapponese descritto per la prima volta negli anni ’90 da Saito (Saito 1998), uno psichiatra giapponese, tradotto poi dallo stesso in “social withdrawal” (ritiro sociale), anche se le prime forme di ritiro sociale erano state descritte nel 1978 da Y. Kasahara e chiamate Tajkyaku Shinkeishou, reatreat neurosis, riferendosi a quesi soggetti che avvandonavano la scuola, il lavoro e altre attività sociali per lunghi periodi, e che venivano altrimenti diagnosticati come depressi o schizofrenici.

Stare indietro, isolarsi” è il significato della parola Hikikomori, termine che deriva dal verbo “ hiku” (tirarsi indietro) e “komoru” (ritirarsi).

Questo indica una sindrome sociale e psicologica che riguarda adolescenti o giovani adulti e si esprime con un rigetto della vita sociale, lavorativa e/o scolastica, una reclusione volontaria dal mondo esterno e da ogniti tipo di relazione.

I giovani che soffrono di questo disturbo tendono a rifugiarsi a casa, rifiutandosi categoricamente di uscire se non in rare occasioni che ritengono “protette”, e non hanno relazioni intime ad eccezione dei familiari più stretti.
Nei casi più gravi l’ hikikomori vive recluso nella sua stanza, con le finestre serrate per sfuggire alla luce del sole, i cicli del sonno si invertono e il ragazzo dorme durante il giorno e vive durante la notte.
Senza alcun contatto con l’esterno, né con i familiari, né con gli amici, non esce dalla sua stanza né per lavarsi, né per mangiare, chiedendo che il cibo gli sia portato in camera e/o lasciato davanti alla porta.
La stanza, così come la casa, diviene sia un luogo di “rifugio” sia un luogo di “prigionia”.

I sintomi della sindrome dell’hikikomori descritto da Saito sono:
ritiro sociale, fobia scolare, ritiro e/o abbandono scolastico, agorafobia, sintomi ossessivi e compulsivi, comportamenti regressivi, manie di persecuzione, evitamenti in particolare di situazioni di interazione sociale, letargia, umore depresso, pensieri di morte, invesione del ritmo circadiano sonno veglia, comportamenti violenti e scoppi di rabbia contro i familiari.
Il ritiro sociale rimane, comunque, il sintomo principale che può manifestarsi in continuum che va da comportamenti di isolamento ad un completo abbandono della vita sociale per ritirarsi nella propria stanza per mesi (in alcuni casi per anni).
Molti autori hanno, inoltre, evidenziato lo stretto legame tra la sindrome e le nuove tecnologie che divengono spesso unica forma di comunicazione e di relazione, senza però che questo vada confuso con una dipendenza da internet. Per quanto , infatti, entrambe le problematiche presentino un uso eccessivo di internet e videogiochi, nell’hikikomori questo (insieme al mondo dei manga e degli anime) diviene un sostituto del mondo reale, attraverso il web i ragazzi possono formarsi un’identità specifica accettabile e fromata, seppur fittizia, e questo diviene l’unico strumento di comunicazione con il mondo esterno.

Le cause di tale problematica sono eterogenee e non solo legate alle difficoltà del singolo individuo. Il mondo scolastico e sociale giapponese è considerato come un potenziale fattore causale. Il mondo scolastico giapponese, infatti, è incentrato su aspettative di successo, che passano tramite un’educazione prestigiosa, il curriculum scolastico diviene criterio di valutazione delle abilità sociali, del valore della persona e della sua importanza sociale. Fin dai primi anni gli studenti sono sottoposti a forti pressioni e a carichi di lavoro molto duri, consapevoli che questi influenzeranno l’accesso all’università e al loro futuro. La società giapponese, inoltre, si caratterizza per una richiesta di adesione a normi e codici gruppali, che impongono al singolo di conformarsi al gruppo tanto da renderlo elemento fondante dell’identità, mantenuto anche al di fuori dell’ambiente scolastico e nell’età adulta. I soggetti che non riescono a aderire a tali norme e richieste gruppali si trovano scollati da una società volta al conformismo, con difficoltà nel definire un identità e un ruolo. A questo si accompagna il fenomeno del bullismo, in giapponese ijimè, più radicato che in occidente, in cui non solo i pari perseguitano la vittima perché non considerata conforme, ma la persona stessa si vive come inadeguata, nascondendo quello che accade per vergogna e perché ritenuto un marchio di infamia e fallimento, che porta spesso ad un autoisolamento e rifiuto dell’ambiente scolastico.

“Quando sono con gli altri in classe, ma anche a danza, mi sento sempre stupida, che non valgo abbastanza, non sono abbastanza brava in nulla. Non riesco a capire le cose che capiscono gli altri e tutto mi sembra così difficile…e ho paura.. ho paura dei miei compagni di classe, che mi giudichino e mi deridano… allora non ci vado più, mi rinchiudo nel mio mondo, dove la gente non può entrare, dove la mia diversità è luminosa e dove mi sento sicura”

 

Al momento in Giappone si parla di un milione di casi, numero che corrisponde a circa l’1% dell’intera popolazione giapponese. Anche se questo dato non è ancora stato confermato, è evidente che si tratti di un fenomeno incredibilmente vasto.

Per quanto l’hikikomori sia un fenomeno sociale e una problematica della cultura giapponese, sempre più nella nostra società ci troviamo di fronte a ragazzi che si ritirano dalla scuola, dal lavoro e dalla vita sociale per rinchiudersi in casa. Questi giovani, adolescenti o giovani adulti, vivono il rapporto con l’altro con estremo dolore e paura, le altre persone e il mondo esterno divengono minacciosi, per il timore del giudizio e della derisione. L’evitamento di situazioni sociali, l’isolamento, il ritiro in un mondo fantastico, dove le uniche interazioni sono con i familiari intimi o poche persone fidate, sono le uniche modalità di fronteggiamento, l’unico modo per presentarsi a questo mondo minaccioso è attraverso internet e la tecnoclogia, spesso unico mezzo per la costruzione di un’identita accettabile e un’interazione sicura.

Il trattamento di questa problematica, spesso silenziosa e inosservata, è di fondamentale importanza per aiutare il ragazzo a rompere la reclusione volontaria in cui si trova e permettergli di vivere la relazione con l’altro in modo sereno e non minaccioso, ricostruire un’identità solida e reinserirsi in un mondo sociale e in un progetto di vita.

Anime: https://www.youtube.com/watch?v=LShKDKvJhyU&t=469s

Approfondimenti:

Ricci c., (2008), Hikikomori: Adolescenti in volontaria reclusione, Franco Angeli.
Per saperne di più: http://www.stateofmind.it/2012/07/hikikomori/

Secher, B. (2002) Solitary Souls: Out of sight, not out of mind. Asahi Shinbun News Service.

Saito, T., 1998. Shakaiteki Hikikomori [Social Withdrawal]. PHP Kenkyuujo, Tokyo.

Teo, A.R., Gaw, A.C. (2010). Hikikomori, a Japanese culturebound syndrome of social withdrawal? A proposal for DSM-5. Journal of Nervous and Mental Disease, 198, 444–449.