di
Chiara Del Furia

“voglia di lavorare saltami addosso”

“lo farò poi”

“ora non me la sento”

“non c’è niente da fare sono pigro”

“dovrei farlo adesso ma ora non ne ho proprio voglia”

“finisco di vedere il film e poi scrivo la mail”.

Quante volte abbiamo pensato o esclamato tali frasi e quante volte ci siamo sentiti dire “non rimandare a domani quello che puoi fare oggi”.

Procrastinare è facile e smettere di farlo sembra non essere così semplice.

L’atto di procrastinare si esplica in quell’intervallo di tempo che esiste tra il momento in cui pensiamo di fare qualcosa e il momento in cui, dopo qualche ripensamento, decidiamo di rinunciare.

La procrastinazione può rappresentare una parte dell’area del nostro comfort, quello spazio mentale ed emotivo in cui ci troviamo maggiormente a nostro agio.

Per molte persone rimandare è facile, non presenta sorprese e solleva dallo stress, mentre smettere di procrastinare è quasi impossibile, poiché si tratta di una pratica comportamentale che se messa in atto con assiduità può trasformarsi in una vera e propria abitudine praticata in modo inconsapevole.

Da una ricerca condotta da Solomon e Rothblum su 342 studenti dell’Università del Vermont, si evince che la procrastinazione non è solo un deficit nelle abitudini di studio o nella gestione del tempo, ma comporta un’interazione complessa di componenti comportamentali, cognitive e affettive.

In uno studio del 2014 condotto da ricercatori dell’Università del Colorado, si è scoperto che la propensione a procrastinare ha delle basi genetiche e che può essere legata alla tendenza all’impulsività. Gli stessi autori un anno più tardi pubblicano un altro studio che dimostra come la tendenza a procrastinare sia associata a scarse abilità nelle funzioni esecutive di base e che questa associazione è in gran parte dovuta all’aspetto genetico che lega la procrastinazione all’incapacità di gestire efficacemente gli obiettivi.

Secondo una ricerca condotta da Monica Ramirez Basco dell’Università del Texas esistono varie tipologie di procrastinatori, individuabili attraverso un test suddiviso in 7 scale che permette di comprendere non solo a quale tipo di procrastinatore appartenga l’intervistato, ma anche in che misura la procrastinazione comprometta l’efficienza nella vita quotidiana.

Dal test si delineano 6 specifiche tipologie di procrastinatori: i procrastinatori evitanti, persone che cercano di evitare in modo sistematico e puntuale ogni tipo di azione considerata come una difficoltà, in questo modo tentano di affrontare lo stress e il disagio emotivo, rimandando il più possibile il compito che devono svolgere.

I Procrastinatori disorganizzati, che evidentemente tendono a sovrastimare il tempo a disposizione e a stabilire priorità non efficaci rispetto alle azioni da svolgere.

I Procrastinatori insicuri, che per paura di commettere errori o di fallire esitano a lungo prima di dedicarsi all’attività da svolgere; tale atteggiamento denota una scarsa fiducia nelle proprie capacità.

I Procrastinatori passivo-aggressivi, le persone che cercano attraverso un atteggiamento oppositivo di comunicare agli altri un disagio dovuto alla richiesta di eseguire il compito assegnatogli.

I Procrastinatori perfezionisti, che si caratterizzano per fissare molti più impegni di quelli che effettivamente riescono a gestire e, di conseguenza, a portare a termine esaurendo tutte le energie disponibili.

I Procrastinatori edonisti, che dedicano tutto il tempo a loro disposizione alla sola ricerca del proprio piacere rimandando tutto il resto.

Il rischio che corriamo nel rimandare con assiduità determinate incombenze consiste nella possibilità di percepire la realtà in modo modificato, come vivere in un mondo fittizio dove si può credere di non avere niente da fare, o pensare di avere impegni e doveri così lontani nel tempo da scomparire.

Attraverso la procrastinazione pensiamo di meritare una pausa o una distrazione, ci solleva dalla nostra pigrizia ma oltre a farci rallentare può, alcune volte, portarci fuori strada.

Il transitorio momento di sollievo viene poi scontato in termini di ansia e stress, la serenità che ci deriva dal rimandare momentaneamente un impegno è illusoria, poiché il fantasma dell’incombenza da svolgere non ci abbandonerà mai e porterà con sé senso di colpa e auto disapprovazione per tale comportamento.

Le persone che si trovano spesso a rimandare i propri impegni, sono allo stesso tempo persone che se potessero eseguirebbero di buon grado i propri doveri. Il loro disagio e il conseguente esitare, risiede a volte nella convinzione che l’impegno da portare a termine sia per loro troppo difficile oppure spiacevole. Considerazioni di questo tipo possono indurre emozioni di ansia, paura, insicurezza e rabbia che fanno apparire la scelta di procrastinare come una strategia comportamentale efficace per gestire questo tipo di situazioni.

Rimandare un compito provoca reazioni emotive diverse nelle persone che abitualmente ricorrono a tale pratica comportamentale, c’è chi riesce a procrastinare con serenità, c’è invece chi assume un atteggiamento autocritico e c’è chi invece avverte un forte senso di colpa.

Al di là della tipologia di procrastinatore alla quale ognuno di noi potrebbe appartenere sembra che il fattore comune alla base del procrastinare sia la paura, che può manifestarsi a livello cognitivo ed emotivo in modi diversi come ansia, stress, nervosismo, scoraggiamento, mentre a livello fisico con generale malessere, emicrania, palpitazioni, tensione muscolare, tremori, eruzioni cutanee ecc.

A livello psicologico tali sensazioni posso indurci ad assumere un atteggiamento mentale negativo verso l’incombenza che dovremmo svolgere, portandoci in casi estremi a fare previsioni catastrofiche, preoccuparci eccessivamente del giudizio degli altri sulle nostre performance fino a renderci quasi incapaci di agire se non dopo aver calcolato ogni minima conseguenza. Il vissuto psicologico, emotivo e cognitivo di esperienze personali di questo tipo ha delle conseguenze anche a livello comportamentale che si esplicano nella maggior parte dei casi con l’evitamento di situazioni, persone o luoghi potenzialmente correlati con tali richieste.

Un atteggiamento di questo tipo, se attuato con assiduità, può diventare un pattern di comportamento disfunzionale che allontana la persona dal raggiungimento dei propri obiettivi, dal senso di auto efficacia e più in generale finisce per influire negativamente sulla generale percezione di un buon livello di qualità di vita.

La psicoterapia cognitivo comportamentale sembra essere un buon approccio terapeutico al disagio dovuto alla procrastinazione. Tale metodo suggerisce che per ovviare a questa modalità di affrontare i compiti, diventata ormai un automatismo, è necessario per prima cosa riconoscere e gestire l’insorgenza dei pensieri e delle emozioni alla base di tale processo.

Attraverso l’utilizzo di strategie cognitive, emotive e comportamentali è possibile rendersi consapevoli delle emozioni percepite, distinguerle e gestirle in modo funzionale a seconda che l’impulso a rimandare sia guidato da pensieri che suscitano reazioni di ansia, di paura di sconforto o di rabbia, riuscendo in questo modo ad interrompere il circolo vizioso che è stato appreso, fornendo così alternative di risposta più funzionali alla realtà.

Se smettere di procrastinare non è facile e rinunciarvi completamente sembra quasi impossibile è certamente possibile imparare a comportarsi in modo diverso.

 

 

Bibliografia

 

Gustavson D.E., Miyake A., Hewitt J.K., & Friedman N.P. (2014). Genetic relations among procrastination, impulsivity, and goal-management ability: Implications for the evolutionary origin of procrastination. Psychological Science. 25:1178–1188

 

Gustavson, D.E., Miyake, A., Hewitt,  J. K., & Friedman, N. P.  (2015). Understanding the Cognitive and Genetic Underpinnings of Procrastination: Evidence for Shared Genetic Influences with Goal Management and Executive Function Abilities . J Exp Psychol Gen. 144(6): 1063–1079

 

Perdighe, C., Mancini, F., (2010). Elementi di psicoterapia cognitiva. Giovanni Fioriti Editore

 

Ramirez Basco, M. (2011). Prima o poi lo faccio!. Come modificare la cattiva abitudine di rimandare sempre. Ed italiana a cura di Gabriele Melli. Ed. Eclipsi.

 

Solomon, L. J., & Rothblum, E. D. (1984). Academic Procrastination: Frequency and Cognitive-Behavioral Correlates. Journal of Counseling Psychology, 31, 503-509.