di
Francesca Batacchioli

Il 16 ottobre 2018 l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Alimentazione e l’Agricoltura (FAO) celebra la Giornata Mondiale dell’Alimentazione. La campagna di sensibilizzazione riguarda non solamente le azioni concrete volte ad arginare l’incremento delle morti dovute alla denutrizione nei paesi in situazione di sottosviluppo, ma anche l’allarmante dilagare di obesità e sovrappeso.  Secondo le stime attuali 1,9 miliardi di persone (oltre un quarto della popolazione mondiale) sono in sovrappeso, 600 milioni di esse sono obese. In Italia, nel 2017, più di un terzo della popolazione adulta (35,3%) risulta in sovrappeso, mentre una persona su dieci è obesa (9,8%); complessivamente si riscontra nel nostro Paese un aumento progressivo in termini di perdita di anni di vita proprio a causa di disabilità riconducibili all’eccesso di peso. Come sostiene L’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità), sovrappeso e obesità, in preoccupante aumento anche tra la popolazione molto giovane (in Italia il 36,8% di bambini e adolescenti tra 5 e 19 anni è sovrappeso e il 3% risulta obeso), contribuiscono al proliferare di malattie cronico-degenerative (per lo più diabete, problematiche cardiovascolari, alcune malattie neoplastiche), che mettono a rischio la qualità della nostra vita fino a portare a mortalità precoce.

L’obesità può essere classificata in base all’Indice di Massa Corporea (IMC), o Body mass Index (BMI):

– lieve o di 1° grado (IMC= 30-34.9; eccedenza ponderale del 20-40%)

– media o di 2° grado (IMC=35-39.9; eccedenza ponderale del 41-100%)

– grave o di 3° grado o patologica (IMC= >40; eccedenza ponderale oltre il 100%).

 

L’obesità non è un singolo disturbo, non è solo un eccesso di grasso creato e mantenuto dall’abitudine ad alimentarsi in eccesso e dalla pigrizia, ma un gruppo eterogeneo di condizioni con origini multiple. Si tratta di una patologia con tendenza alla cronicità ad eziopatogenesi complessa, che può essere correlata sia a fattori organici (ereditarietà genetica, cause endocrino-metaboliche, o effetti di farmaci assunti) che a fattori socio-ambientali, comportamentali e/o psicologici.

 

Oltre alla dieta e all’esercizio fisico …

 

Molto spesso i trattamenti mirati alla riduzione di apporto calorico ed aumento dell’attività fisica non sono sufficienti per raggiungere e mantenere uno stile di vita salutare, ridurre il peso in eccesso e prevenire recidive.

Tra i fattori che concorrono a promuovere comportamenti funzionali a creare un cambiamento, nello stile alimentare e nello stile di vita, si possono collocare alcuni dei processi psicologici, che rientrano nell’ambito motivazionale:

  • La motivazione al cambiamento ed al perseguimento di un obiettivo è sostenuta dalla compresenza di autoefficacia (percezione di possedere le capacità per eseguire piani d’azione necessari per produrre determinate conquiste) e discrepanza (tra l’immagine di sé attuale e l’immagine di sé desiderata in termini di valori ed aspettative)
  • E ‘importante che l’individuo che affronta un trattamento non si lasci guidare da un sistema motivazionale estrinseco, esterno a sé, ove l’obiettivo (il peso inferiore) è scollegato dal comportamento (ciò che serve per ottenerlo e mantenerlo), ma subordinato all’ottenimento di ricompense, o di approvazione, oppure mirato ad evitare emozioni spiacevoli come colpa o vergogna. Risulta molto più utile sviluppare e mantenere una motivazione intrinseca, ovvero quel tipo di motivazione che ha un locus interno di causalità ed ha a che fare con l’autodeterminazione e l’impegno verso un obiettivo considerato soddisfacente e buono.
  • La motivazione al cambiamento necessita di un’aspettativa di perdita di peso realistica (riduzione del 10-20% del peso iniziale), improntata verso il mantenimento degli obiettivi raggiunti nell’ottica della riduzione dei rischi per la salute, anziché volta al raggiungimento di obiettivi drastici, difficilmente raggiungibili e perciò potenziali fonti di frustrazione.

 

Obesità e psicopatologia

 

Pur non comparendo più come categoria nosografica nei manuali psichiatrici, l’obesità si presenta non di rado associata a diverse condizioni psicopatologiche che possono essere effetto o complicanza dell’obesità, ma anche concausa della stessa.

La letteratura che riguarda gli studi compiuti in merito alla relazione tra psicopatologia ed obesità suggerisce l’esistenza di una difficoltà ad ottenere un quadro esaustivo e concorde, proprio a causa dell’eterogeneità dei fattori implicati, che per un’effettiva difficoltà a realizzare studi longitudinali e controllati.

Possiamo però affermare la presenza di alcuni aspetti psicopatologici più frequentemente osservabili nei pazienti obesi:

  • Riduzione progressiva dell’autostima
  • Svalutazione e disprezzo della propria immagine corporea.
  • Ridotta socializzazione
  • Impulsività

L’obesità può presentarsi inoltre in comorbilità con Disturbi psichiatrici: Disturbi dell’umore (più frequentemente la Depressione); Disturbi d’ansia (in particolare la Fobia Sociale); Disturbi correlati ad uso di sostanze; Disturbi di personalità e Disturbi psicotici; Disturbi del comportamento alimentare (più frequentemente Binge Eating Disorder o Disturbo dell’alimentazione incontrollata).

Una parte della popolazione obesa non presenta quadri psicopatologici significativi, ma molti autori sottolineano che in una porzione di questi soggetti si riscontra una sofferenza secondaria all’obesità stessa, collegata al pregiudizio e alla discriminazione che i soggetti obesi subiscono.

Gli studi osservazionali e randomizzati a lungo termine suggeriscono alcuni fattori che sembrano associati a una maggior difficoltà nel mantenimento della perdita di peso nei pazienti obesi:

  • Uno schema di pensiero di tipo dicotomico “tutto o nulla” (“o perdo 20 chili o niente”; “o faccio la dieta e l’attività fisica in modo rigoroso e tutti i giorni o non faccio nulla”) influisce sul mantenimento del peso in quanto rende più drammatico gestire i momenti di crisi e abbassa la capacità di apprezzare i miglioramenti compiuti.
  • Il bisogno di mangiare per regolare l’umore, usando il cibo o come “anestetico” per rifuggire le emozioni negative e gestire momenti di crisi, o come mezzo per sentirsi gratificati, è uno dei fattori che maggiormente si correla al fallimento dell’obiettivo di conservare il peso raggiunto.
  • La presenza di umore depresso è associata all’incapacità di mantenere la perdita di peso.
  • I sentimenti negativi nei confronti della propria immagine corporea, frequentemente associati alla tendenza a valutare sé stessi in base alla forma del proprio corpo, possono interferire con l’obiettivo di mantenimento del peso.

Trattamento per l’obesità:

Le linee guida internazionali suggeriscono che il trattamento più indicato per questa patologia deve comprendere tre aspetti fondamentali:

  • Raccomandazioni dietetiche
  • Raccomandazioni sull’attività fisica
  • Psicoterapia, nello specifico la Terapia Cognitivo Comportamentale, che risulta il trattamento evidence based più indicato per affrontare la perdita di peso ed gli ostacoli al mantenimento del calo ponderale e di uno stile di vita salutare nei pazienti obesi.

L’applicazione di tecniche cognitivo comportamentali nel trattamento dell’obesità mirano ad integrare i programmi comportamentali all’analisi e alla modificazione di convinzioni ed emozioni collegate all’assunzione di cibo, alla forma e al peso corporeo, aiutando i pazienti a sviluppare delle abilità ed un atteggiamento mentale idoneo al controllo del peso a lungo termine. La scelta degli obiettivi clinici e delle tecniche da impiegare non segue uno schema specifico ma dipende dalle difficoltà riscontrate nel paziente in fase di valutazione. Gli interventi impiegati possono riguardare:

  • L’aumento della motivazione al cambiamento dello stile di vita e dell’alimentazione
  • Il superamento della difficoltà ad effettuare durante la settimana un adeguato monitoraggio del cibo assunto e dei fattori interni o esterni coinvolti
  • Il superamento delle difficoltà a controllare la sua alimentazione in presenza di situazioni rischiose che inducono l’individuo a mangiare in eccesso
  • L’implemento delle di abilità (strategie di coping) per fronteggiare le situazioni che favoriscono la perdita di controllo nell’assunzione di cibo
  • La riduzione dell’impatto di pensieri disfunzionali nei confronti dell’alimentazione e dell’attività fisica
  • La riduzione di abbuffate
  • La riduzione dei livelli di stress che inducono ad una gratificazione ottenuta attraverso il cibo
  • La gestione dei problemi interpersonali e l’implemento della rete sociale di supporto

Bibliografia:

Calugi, S., Ruocco, A., El Ghoch, M., Andrea, C., Geccherle, E., Sartori, F., & Dalle Grave, R. (2016). Residential cognitive-behavioral weight-loss intervention for obesity with and without binge-eating disorder: A prospective case–control study with five-year follow-up. International Journal of Eating Disorders, 49, 723–730.

Dalle Grave, R. (2017). La terapia cognitivo comportamentale dell’obesità. Attualità in Dietetica e Nutrizione Clinica, 10, 10-16.

Dalle Grave , R. (2015). La Terapia Cognitivo Comportamentale Multistep dei Disturbi dell’Alimentazione. Teoria, Trattamento e Casi Clinici. Firenze: Eclipsi.

Dalle Grave R. et al. (2013), “Major factors for facilitating change in behavioral strategies to reduce obesity” – Psychology Research and Behavior Management, 6; 101–110

National Institute of Clinical Excellence (NICE). Eating disorders: recognition and treatment (NG69). 2017.

http://www.scuole.vda.it/images/news/galimentazione18.pdf