Imparare a conoscere e a gestire la Rabbia

di

Francesca Batacchioli

Non accetto che non mi si riconosca che sono una persona meritevole, ragionevole, e leale.  Mi spendo per fare bene ciò che devo fare e per comportarmi bene con gli altri, perciò mi arrabbio se non vengo apprezzato o ingiustamente attaccato e criticato. Per la prima volta nella mia vita, di fronte al Male-Ego Assoluto di un potere cieco e folle mi ritrovo in una tragedia che mi ha ridotto ad uno stato di selvaggio, inaccettabile per la mia dignità”

Con queste parole Alessandro manifesta la sua richiesta di aiuto poiché si sente disprezzato, incompreso e insoddisfatto di sé e della propria vita, in seguito ai problemi che recentemente riscontra sempre più spesso nelle sue relazioni sociali, sia in ambiente di lavoro che con la moglie. Alessandro ha quasi 60 anni, coniugato con due figli maschi, lavora presso un’azienda partecipata da molti anni, ma si trova in congedo temporaneo a causa di una serie di aggressioni verbali nei confronti della Presidente del CDA aziendale che gli hanno causato sanzioni disciplinari.  Nelle numerose occasioni in cui si è sentito escluso da alcune riunioni e decisioni importanti, trattenuto al lavoro oltre orario, per svolgere mansioni che lui ritiene umilianti per il ruolo che ricopre, controllato e ingiustamente criticato nel suo operato, ha provato un’intensa rabbia. A volte i sentimenti ostili sono trattenuti dentro di sé ed alimentati dai pensieri di dover riuscire a trovare il modo di vendicarsi nei confronti della suddetta collega e vedere ristabilirsi il suo valore (in termini di rango), altre volte espressi in modo eccessivo, battendo i pugni sul tavolo dell’ufficio, sbraitando contro la Presidente e prendendola a male parole. Egli presenta un’attività rimuginativa importante e duratura, centrata non soltanto sui pensieri ostili, ma anche sul fatto che non si sente capace di padroneggiare questa situazione, quindi prova ansia e tristezza; il maggior tempo che trascorre in casa e la costante tensione che sente, lo inducono a trovare motivi di scontro verbale, anche per questioni abbastanza futili, con la consorte, la quale pare essa stessa esasperata e critica nei suoi confronti.

Cos’è la rabbia e quando possiamo parlare di rabbia disfunzionale?

La rabbia è un’emozione di base, primordiale ed adattiva, che serve a segnalare un bisogno che viene negato e ad attivare le risorse per difendersi da eventuali attacchi provenienti dall’ambiente.

L’elemento necessario e sufficiente per provare questa emozione è la percezione (o anche solo l’idea di minaccia) di aver subito un torto (un danno), che qualcosa intralci il raggiungimento di un nostro obiettivo e che questo risulti a nostro avviso ingiusto. Ad accrescere la rabbia contribuiscono contemporanee valutazioni che riguardano l’autore del danno percepito:

  • Il fatto di essere in grado di sapere a chi si può attribuire la colpa per il torto ricevuto. Nelle situazioni di impossibilità di individuare un altro responsabile, la rabbia può indirizzarsi verso sè stessi.
  • La responsabilità e la volontà di arrecare danno, ovvero le intenzioni malevole.
  • La convinzione che potesse essere fatto altrimenti.
  • Il fatto di considerare la persona come indesiderabile.

Si può provare rabbia poiché ci si sente usati, traditi, criticati, disprezzati, costretti, falliti, oppure perché si apprende o si assiste ad eventi che riteniamo stupidi o violenti, o ancora perché riteniamo che si sia violato un diritto. Può capitare di sentirci maggiormente arrabbiati con le persone a cui siamo più legati, come i partner, i figli, i genitori, gli amici o i colleghi, perché il loro comportamento ci interessa di più di quello di altri, perché da loro ci aspettiamo maggiore condiscendenza e comprensione o perché, in un rapporto più confidenziale, si tende a pensare che l’aggressività possa necessitare di minore controllo.

La rabbia ha un volto ed una mimica caratteristici; la fonte e le sopracciglia aggrottate, i denti stretti e la postura che mostra una tendenza all’aggressione. I correlati fisiologici più spesso presenti sono la tensione muscolare, la sensazione di calore al volto e l’aumento del battito cardiaco. La rabbia può variare in termini di durata (da un breve momento a molti giorni) ed intensità (da un lieve fastidio sino all’estrema ostilità). Minore è la percezione di possedere strumenti adeguati per fronteggiare questa emozione, maggiore sarà l’intensità e la durata dell’esperienza di rabbia.

Non si tratta di un’emozione di per sé negativa e temibile, ma lo diventa nel momento in cui essa crea sofferenza e malessere, compromette le relazioni sociali, oppure quando la sua espressione disfunzionale reca danno ad altre persone, ad oggetti o a noi stessi. La rabbia può infatti dirsi disadattiva quando è eccessiva, o immotivata, oppure se motivata, ma accompagnata da emozioni e pensieri negativi (ansia, vergogna, colpa), oppure quando produce comportamenti che non predispongono alla protezione di sé stessi e alla limitazione del danno subito.

Le reazioni all’emozione della rabbia possono essere funzionali e costruttive, se adeguatamente volti ad affermare ciò che pensiamo o desideriamo, a difendere noi stessi, i nostri cari o a raddrizzare una situazione. Ma l’espressione della rabbia può divenire problematica, disadattiva o patologica se:

  • Negata: distraendosi, minimizzando o giustificando eccessivamente, attraverso una reinterpretazione delle ragioni proprie e dell’altro nella situazione
  • Fortemente trattenuta all’interno: mantenendo attivo il pensiero e rimuginando su di esso
  • Produce atti aggressivi: tramite comportamenti verbali o fisici di sfogo eccessivo volto a sopraffare.

Tornando al nostro paziente Alessandro, possiamo dire che, nelle situazioni in cui si sente (o rischia di sentirsi) disprezzato, disapprovato e svilito nel proprio valore, prova forte rabbia (es: “non viene riconosciuto quello che faccio”) e ansia (es: “non riuscirò a far comprendere le mie ragioni”). Di fronte a queste emozioni, mal tollerate e considerate minacciose ed irrazionali, pensa di non essere in grado di saperle gestire. Questo lo spinge a due tipi di comportamento disadattivo:

  • Evitamento (per timore del conflitto) con rimuginio ed attenzione selettiva ai segnali provenienti dagli altri.
  • Aggressione verbale verso l’autore (o il presunto autore) del torto subito.

In modi diversi questi due comportamenti contribuiscono a farlo sentire più confuso, meno all’altezza di padroneggiare le situazioni, perciò meno meritevole di approvazione e di più basso valore. Questo ciclo alimenta di conseguenza l’ansia anticipatoria con cui affronta le situazioni successive e la rabbia.

In sintesi, Alessandro si arrabbia perché si sente oggetto di ingiuste critiche o azioni tese a schiacciarlo (danno/ ingiustizia), con le aggravanti di ritenere il torto subito come intenzionale, malevolo ed ingiustificato, rintracciandone costantemente il responsabile. Si sente confuso, poco capace di trovare soluzioni razionali per ristabilire la giustizia, conservando il proprio valore personale ed è scarsamente consapevole di come i suoi comportamenti disadattivi mantengano le sue attuali difficoltà nella relazione con la collega e la moglie. E’ chiaro perciò che, così facendo, i problemi relazionali e la sofferenza psichica che avverte non possono che protrarsi.

 

Trattamento

L’intervento in psicoterapia cognitiva, più indicato in questo caso, è centrato sulla scoperta, la comprensione dei significati e delle interpretazioni che il paziente attribuisce agli eventi che causano rabbia, che possano spiegare, con buon grado di realtà, il disagio psicologico ed il suo perpetrarsi nel tempo. La terapia si sviluppa nel senso del cambiamento e della riduzione della sofferenza, impiegando tecniche che, attraverso obiettivi su vari livelli mirano ai seguenti scopi:

  • Rendere il soggetto maggiormente consapevole delle convinzioni e degli schemi disfunzionali, aiutandolo a modularli e correggerli. Psicoeducazione, Ristrutturazione cognitiva
  • Accompagnare il paziente verso la modificazione dell’emozione, delle strategie di gestione di essa e delle sue condotte, implementando le sue capacità di fronteggiamento delle situazioni, anche attraverso l’apprendimento di nuove competenze. Il Problem Solving, Stress Inoculation Training, Training Assertivo.

Alessandro è riuscito a modulare la sua rabbia riducendo l’intensità dell’emozione (dall’ostilità alla rabbia), rendendola così maggiormente gestibile e meno minacciosa, è riuscito a ridurre il suo senso di ingiustizia legato a convinzioni molto rigide ed assolutistiche nei confronti di sé stesso, degli altri e del mondo. Il paziente è inoltre riuscito ad aumentare la tolleranza rispetto ad i suoi stati interni (emotivi e cognitivi) di rabbia, è divenuto maggiormente capace di esprimere in modo funzionale i suoi bisogni ed opinioni, sente di poter affrontare in modo più competente e sereno le situazioni conflittuali.

 

Bibliografia
Castelfranchi, C., Mancini, F.,  Miceli, M. (2002) “Fondamenti di cognitivismo clinico”. Bollati Boringhieri

Di Pietro, M. (2002) “L’ABC delle mie emozioni. Corso di alfabetizzazione socio-affettiva”. Erikson

Linehan M. (2001). Trattamento cognitivo-comportamentale del disturbo borderline. Il Modello Dialettico. Raffaello Cortina Editore, Milano.

Mancini, F., Perdighe, C.(2008) “Elementi di psicoterapia cognitiva”. Giovanni Fioriti Editore.

Wells, A. (1999) “Trattamento Cognitivo dei disturbi d’ansia”. McGraw-Hill

Novaco, R.W. (1977) “Stress Inoculation: A Cognitive Therapy for anger and its application to a case of depression” Journal of Consulting and Clinical Psychology. Vol45, N°4, 600-608

http://www.stateofmind.it/2015/02/rabbia-emozioni/