di
Francesco Baccetti

Il processo di presa di consapevolezza e accettazione dei bisogni non soddisfatti nelle relazioni fondamentali

Quando ognuno di noi va in terapia porta un problema, una difficoltà, un sintomo, che in quel momento impedisce alla persona di andare avanti nella propria vita; in alcuni casi una volta gestiti i sintomi, il terapeuta e il paziente si trovano di fronte a un senso di insoddisfazione quotidiana di quest’ultimo, che si traduce in una ricerca spasmodica di aspetti esterni (beni, carriere, rapporti), che una volta ottenuti non seguono le aspettative previste.

Ognuno di noi è stato un bambino, ognuno di noi in un tempo lontano si è trovato davanti delle figure adulte di riferimento, spesso i genitori, ma non solo, che hanno avuto il compito di rispondere a quel bisogno innato di amore e accudimento che caratterizza ogni essere umano, quel bisogno di attenzione, calore e affetto; purtroppo non sempre l’adulto che ci siamo trovati davanti è stato in grado di rispondere a questo bisogno, in alcuni casi l’adulto non c’è stato, in altri l’erogazione del bisogno è stata condizionata da aspettative, regole e modi di essere. In tutto questo il piccolo in questione riesce comunque a trovare un equilibrio, il suo essere plastico e rispondente gli consente di adeguarsi.

Il tempo passa, e in alcuni casi il bambino di allora è oggi un adulto che con capacità e energia ricerca quell’amore e quella considerazione che sono alla base del bisogno di accudimento, che lo portano a non fermarsi mai, a correre continuamente alla ricerca di quell’occasione o di quel rapporto; aspetti che possano consentirgli, non solo di essere guardato, ma di essere visto e riconosciuto come una persona degna di amore e di affetto.

Allo stesso tempo, in ogni giornata, in ogni momento ci sarà un disco rotto, un pensiero, una vocina che gli dice che non è mai abbastanza bravo, che non va bene, che lui non è adeguato, che gli altri non sono all’altezza delle aspettative, insomma che anche questa volta non ci siamo: è facile poter immaginare il senso di inadeguatezza, di insoddisfazione, di angoscia che tutto questo può produrre.

In alcuni percorsi la terapia può divenire quel luogo sicuro, quello spazio privilegiato, nel quale due persone, paziente e terapeuta, si danno la possibilità di prendere in considerazione tutto questo, dove quel bambino si concede il privilegio non solo di vedere, ma anche di piangere per quei bisogni che non sono mai stati soddisfatti, di arrabbiarsi e perdonare quelle figure significative che non hanno risposto al suo bisogno di amore, con la consapevolezza che ciò che non è arrivato non arriverà dal mondo o dagli altri, ma può arrivare solo da noi stessi. Quel disco che lo fa sentire così sbagliato, così inadeguato, con il tempo e la pazienza perderà potere, si ridurrà in intensità e frequenza, passando da essere il pensiero prevalente, diviene quindi una vocina poco significativa che a volte si fa sentire ma alla quale viene dato poco credito, a favore della nostra parte adulta e funzionale.

Per approfondimenti:

  • “La ferita dei non amati”di Schellenbaum Peter
  • “Attaccamento e amore” di Grazia Attili
  • “Il dramma del bambino dotato e la ricerca del vero sé” di Alice Miller

2 thoughts on “Ciò che non c’è stato non arriverà

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