di
Francesca Solito

 

Una delle principali fonti di stress che l’insegnante si trova a sperimentare nell’ambito del suo lavoro è costituita dai problemi di disciplina che insorgono quando nella classe sono presenti alunni con problemi di comportamento. Secondo le statistiche, in una classe di circa venti alunni è molto probabile che ce ne sia almeno uno con problemi di comportamento, in molti casi ce ne possono essere anche due e se la sorte si è accanita particolarmente il numero si può elevare a tre. Da qui nasce l’urgenza di comprendere come un insegnante possa reagire nel modo più costruttivo possibile all’impatto con classi particolarmente difficili, in modo da garantire la sua sopravvivenza.

Alunni con difficoltà comportamentali trovano una loro modalità per esercitare un certo controllo sull’ambiente. Quando i loro comportamenti indesiderabili ottengono attenzione, anche sotto forma di rimprovero, questo diventa ugualmente premiante in quanto l’attenzione negativa è sempre meglio che non ricevere attenzione. Di conseguenza gli alunni iperattivi imparano molto velocemente quali tasti premere per ottenere l’attenzione dei loro insegnanti e presto questa abitudine diventa quasi un gioco, attivando dinamiche ricorsive. L’insegnante può provare a riflettere sul proprio modo di comunicare con l’alunno difficile, nella maggior parte dei casi il nostro modo di comunicare rientra in uno di questi tre stili: stile passivo (remissivo, accondiscendente); aggressivo (collerico, ostile, manipolatorio); assertivo (affermativo, deciso, empatico).

Comunicazione passiva. Gli insegnanti che usano forme passive di comunicazione hanno difficoltà a stabile regole chiare e a rinforzarle. Esempi: “Non credi che sia il momento di mettere in ordine il tuo banco?”. “Quante volte devo dirti di terminare il compito?”. “Marco, è ora che tu ti sieda al tuo posto, vuoi sederti?”. Naturalmente l’insegnante prevede una risposta affermativa da parte di Marco, ma se ciò non dovesse verificarsi, l’insegnate potrebbe aggiungere: “Dai, finisci alla svelta la tua pizza e poi siediti subito”. Queste comunicazioni passive sono spesso sotto forma di domande, come se si dovesse lasciare la decisione al soggetto.

Comunicazione aggressiva. Gli insegnanti che utilizzano questa modalità comunicativa spesso privilegiano il ricorso a punizioni, minacce, commenti critici, svalutanti ed umilianti che sono diretti a dare un giudizio sulla persona non tanto sul comportamento emesso, per esercitare il loro potere e controllo. Tutto ciò porterà ad un controllo soltanto in presenza di quella persona specifica. Esempi: “Sei disobbediente e insopportabile! Sembri un bambino piccolo!”. “Non hai ascoltato la spiegazione adesso voglio proprio vedere come farai ad andare avanti!” (il termine stupido è implicito). Frasi di questo tipo creano un ulteriore abbassamento del livello di autostima dell’alunno, probabile che l’emozione che proverà sia rabbia, accumulata può esplodere in maniera inaspettata e incontenibile durante qualche momento della mattinata.

Comunicazione assertiva. Attraverso questa modalità comunicativa si esprimono in modo deciso le proprie intenzioni e le proprie sensazioni, senza scivolare nell’aggressività ed evitando di essere remissivi. Gli insegnanti che utilizzano questo stile comunicativo hanno maggiori probabilità di fornire una struttura necessaria alla loro classe, attraverso l’essere onesti ed espliciti rispetto alle regole. Questo tipo di comunicazione permette di rinforzare il rispetto delle regole e i comportamenti adeguati in modo da permettere all’alunno di pensare e agire autonomamente e di essere responsabile delle proprie azioni. L’insegnante funge da modello e attraverso il proprio modo di agire influenza e modifica positivamente il comportamento degli alunni. Esempi: “Quando terminerai l’esercizio potrai riposarti”, “Le offese sono contro le regole. Smettila di offendere altrimenti dovrai subire le conseguenze”, “Smetti di alzare le mani o sarai escluso dal gioco”. In questi esempi l’insegnante è molto chiaro circa le conseguenze, la responsabilità del diverso comportamento viene data all’alunno.

Se dovesse controllare il suo comportamento potrebbe essere importante rinforzare, lodare o premiare il cambiamento in modo da esercitare un’influenza positiva sull’alunno. Per poter raggiungere uno stile comunicativo assertivo è importante esercitarsi, non è scontato riuscire ad esprimersi secondo questa modalità, soprattutto quando un insegnante si trova ad essere sottopressione, un buon allenamento dove si prova a far caso alla propria modalità comunicativa e alla trasformazione dei messaggi aggressivi o passivi può aiutare molto un insegnante a ricentrarsi e a perseguire con calma i propri obiettivi. I comportamenti dell’alunno con difficoltà comportamentali sono piuttosto resistenti al cambiamento, l’insegnante può provare ad essere tenace e persistente e a non cedere ai comportamenti manipolativi del soggetto.

Poiché esistono differenze individuali nella capacità di tollerare carichi eccessivi di lavoro e la pressione dovuta a scadenze importanti è possibile osservare una variabilità nel modo in cui gli insegnanti riescono a fronteggiare alunni con problemi comportamentali. I docenti che riescono meglio a gestirli sono quelli che hanno una maggiore capacità di autocontrollo emotivo. Se da una parte è sbagliato ritenere che per mantenere la disciplina a certi alunni non si possa evitare di arrabbiarsi, è altrettanto errato ritenere che non ci si dovrebbe mai mostrare arrabbiati. Infatti è del tutto inevitabile, per chi esercita la professione di insegnante, provare ogni tanto un sentimento di collera. Il primo passo sta nel riconoscere tale emozione anziché negarla, cercando anche di non scoraggiarsi per il fatto di non essere riusciti a controllarsi. I pensieri e le valutazioni che facciamo in alcune circostanze possono portarci a rappresentare la realtà in modo troppo negativo, facilitando l’insorgenza di emozioni particolarmente intense. Vediamo, attraverso un esempio, come questo possa accadere spontaneamente.

 

Consideriamo il caso di Daniele, un alunno iperattivo e oppositivo di quarta elementare che ha un atteggiamento molto poco motivato verso l’esperienza scolastica, spesso si rifiuta di svolgere il suo lavoro. Disturba costantemente le lezioni facendo interventi poco opportuni per suscitare le risate dei compagni, si alza dal suo posto per andare a fare scherzetti e dispetti ai compagni, attiva con loro dinamiche molto complesse diventando provocatorio, chiede spesso di andare in bagno, il suo materiale cade spesso dal banco e fatica molto ad organizzarsi e a lavorare con ordine e processualità. Gli insegnanti si trovano a dover contenere i comportamenti esplosivi e disturbanti di Daniele, cercano di incoraggiarlo a sostenere la frustrazione dovuta al carico di lavoro e alle richieste scolastiche. Il carico di stress che gli insegnanti subiranno dipenderà in buona parte anche dal loro modo di approcciarsi a questa situazione particolarmente complessa e difficile. La maestra Antonella ragionando sulla condizione della classe pensa: “Daniele è un ragazzino che attiva dinamiche difficili da gestire, il mio lavoro è messo a dura prova, non sempre riesco a fare lezione come vorrei, preferirei che Daniele si comportasse in maniera diversa e che non avesse queste difficoltà, purtroppo la classe è così composta, non è colpa di nessuno, ormai in ogni classe ci sono difficoltà legate alla disciplina da affrontare, proverò ad organizzarmi per riuscire a contenere di più i suoi comportamenti oppositivi e disturbanti in modo da agevolarmi il lavoro e riuscire comunque a portare avanti il programma, cercherò di non perdermi d’animo, farò del mio meglio”. Attivando nella sua mente questi pensieri razionali Antonella si sentirà ogni tanto stanca, infastidita, irritata ma non distrutta, provata, frustrata eccessivamente e furibonda. La maestra conserverà un atteggiamento propositivo al superamento delle difficoltà e sarà maggiormente in grado di ricercare soluzioni procedendo per tentativi.

La maestra Annalisa invece fa delle valutazioni e considerazioni che si basano su pensieri irrazionali: “Daniele è un bambino maleducato, irrispettoso degli insegnanti e dei compagni, dà sempre noia a tutti, non riconosce il mio ruolo, deve assolutamente portarmi rispetto, ne va del mio nome, cosa penseranno gli altri insegnanti e la preside se non so far rispettare le regole? Daniele deve essere messo al suo posto, finché non cambierà modo di comportarsi io non lo aiuterò, per lui ci saranno una serie di punizioni. Io sono un’insegnante, mi è richiesto di fare lezione e portare avanti il mio programma! Questo intendo fare”. Annalisa come conseguenza di questi pensieri proverà una forte tensione e frustrazione, con il tempo si troverà a vivere una condizione particolarmente stressante. La possibilità di ridurre i comportamenti problematici di Daniele in modo sano si ridurrà e aumenterà anche la possibilità per l’insegnante di svolgere il suo lavoro in uno stato cronico di ansia.

Per un insegnante può essere d’aiuto riconoscere e gestire le proprie emozioni. Secondo la Terapia comportamentale razionale-emotiva di Albert Ellis quando proviamo un’emozione particolarmente negativa e intensa ciò avviene, nella maggior parte dei casi, perché nella nostra mente prevalgono pensieri distorti, illogici e non obiettivi. L’autocontrollo emotivo è raggiungibile modificando i modi in cui tendiamo a interpretare determinate situazioni, con l’obiettivo di mantenere un giusto livello di coinvolgimento emotivo, evitando di essere sopraffatti dagli stati d’animo. Un atteggiamento razionale nei confronti di alunni problematici, implica il superamento di pensieri del tipo: “Devo riuscire ad ogni costo a far rispettare la disciplina” oppure “Devo essere sempre stimato dai miei colleghi” e a sostituirli con pensieri più adattivi: “E’ preferibile ottenere un maggior rispetto delle regole, quando si ha uno o più ragazzini con delle difficoltà non è semplice e raggiungibile sempre”, “Mi piacerebbe ottenere la stima dei miei colleghi ma non è possibile riuscirci sempre e con tutti”. Tali pensieri hanno un impatto diverso sulle nostre emozioni. Quando un insegnante si sente molto arrabbiato, nervoso e depresso di solito avviene perché si focalizza troppo sui comportamenti negativi dell’alunno e sulle difficoltà nel fronteggiarli, perdendo di vista gli obiettivi raggiunti, se pur piccoli, i punti di forza dell’alunno e le proprie risorse personali.

Imparare a modificare il proprio modo di pensare e sentirci richiede allenamento e molta costanza.

Possiamo dunque concludere che una modalità comunicativa assertiva e un buon grado di autocontrollo emotivo possono aiutare un insegnante a fronteggiare e gestire classi difficili, insieme all’utilizzo di procedure, strategie comportamentali applicabili a specifici casi. Per poter applicare tali procedure sempre più spesso viene richiesta la figura di uno specialista per un intervento specifico. Infatti il contesto scuola può considerarsi un ambito in cui è possibile mettere in atto interventi di prevenzione utili a gestire problematiche comportamentali di alunni che mostrano difficoltà di autocontrollo e di adattamento.

All’interno del nostro centro ci sono professionisti che fanno parte di una équipe specifica composta da neuropsichiatri infantili, psicologi e psicoterapeuti ad orientamento cognitivo-comportamentale che hanno svolto e svolgono attualmente nelle scuole un percorso formativo dal nome Teacher Help (TH) per insegnanti dei vari ordini e gradi.

Nel TH sono proposti percorsi formativi dove si cerca di fornire aggiornamenti teorici sulle problematiche comportamentali in età evolutiva e sessioni di discussione con gli insegnanti di  strategie efficaci per la gestione dei disturbi comportamentali nel contesto classe. L’ottica del TH è preventiva in quanto ha come obiettivo ultimo quello di favorire l’adattamento del minore nella classe, facilitare il suo percorso di apprendimento, aiutarlo a raggiungere un maggiore controllo dei suoi impulsi e ridurre il fallimento scolastico.

 

 

Bibliografia

 

Cornoldi C., Gardinale M., Masi A., Pettenò L., (1996), Impulsività e autocontrollo. Interventi e tecniche metacognitive, Trento, Erickson.

Di Pietro M., (1992), L’educazione razionale-emotiva: Per la prevenzione e il superamento del disagio psicologico dei bambini, Trento, Erickson.

Di Pietro M., Bassi E., Filoramo G. (2001), L’alunno iperattivo in classe. Problemi di comportamento e strategie educative, Trento, Erickson.

Steer J., Horstmann K., (2012), Aiutare gli alunni con adhd a scuola. Strategie per promuovere l’autoregolazione e il benessere in classe, Trento, Erickson.