di
Debora Pratesi

Le principali caratteristiche; la proposta di intervento per i genitori

 

Cos’è l’ADHD?

L’acronimo ADHD sta per l’espressione Disturbo da Deficit di Attenzione ed Iperattività e tale stato si caratterizza per la presenza di comportamenti di irrequietezza motoria (iperattività), impulsività e per una marcata difficoltà a mantenere l’attenzione, soprattutto in compiti che richiedono un certo sforzo cognitivo.

Sono bambini facilmente distraibili che si concentrano maggiormente su aspetti fuorvianti il compito assegnato; la difficoltà nel mantenere un’attenzione prolungata non si manifesta solo in compiti noiosi e ripetitivi, ma anche durante attività piacevoli come il gioco, ad esempio il continuo interrompersi per cominciare nuove attività.

Spesso la disattenzione diventa un problema secondario ad un una scarsa capacità di controllo delle interferenze che permette a eventi interni o esterni di distrarre il bambino dal conseguimento dell’obiettivo.

L’impulsività è caratterizzata dall’incapacità di inibire i comportamenti e una difficoltà nel dilazionare la gratificazione. Comportamenti frequenti in bambini con ADHD sono l’agire senza riflettere, non rispettare i turni né nelle conversazioni né nelle attività ludiche. Tutto ciò si manifesta anche nell’espressione delle emozioni, che avviene in maniera immediata, violenta, senza essere filtrata. Per tale motivo spesso questi bambini vengono giudicati come rudi e insensibili, con conseguenti problemi nell’instaurare relazioni mature e durature.

Altra conseguenza dell’impulsività si manifesta attraverso la difficoltà a riflettere alle conseguenze delle proprie azioni; sembra che questi bambini sappiano cosa fare ma che non siano in grado di applicare in maniera adeguata le loro conoscenze.

L’iperattività si manifesta con movimenti inappropriati rispetto alle situazioni come ad esempio muovere le gambe e le mani o giocherellare con oggetti presenti sul tavolo; tutte azioni non dirette al raggiungimento di nessuno scopo.

Non è difficile incontrare bambini con la presenza di ulteriori difficoltà psicologiche in quanto essi hanno una maggior probabilità di manifestare altre problematiche che possono rivestire aspetti secondari o possono essere compresenti con l’ADHD, quali per esempio comportamenti dirompenti (DOP), disturbi della condotta (DC), disturbi dell’apprendimento (DSA) e i disturbi della sfera emotiva (Disturbi d’Ansia, Disturbi dell’Umore).

I bambini stessi soffrono molto per questa loro condizione, perché non si sentono capiti, sono infelici per il proprio fallimento, si abbattono perché non raggiungono ciò che i compagni riescono a raggiungere, i loro propositi si tramutano spesso in delusioni. Vivono l’insuccesso anche nelle loro attività private e nelle aspirazioni a venire riconosciuti socialmente. Sentono che le persone che li circondano reagiscono al loro comportamento irritate, con ostilità, rabbia e incomprensione. Non riescono bene a valutare le circostanze e così aumentano scoraggiamento e mancanza di autostima, crescendo in loro la demotivazione a partecipare alle esperienze di gruppo.

Visti i quadri spesso caratterizzati da difficoltà “miste”, l’intervento risulta il più delle volte complesso da pianificare appunto per i diversi elementi che entrano in gioco nel disturbo (aspetti emotivo-relazionali, comportamentali, difficoltà scolastiche, difficoltà nel rapporto genitore-bambino…).

L’obiettivo principale è senza dubbio migliorare il funzionamento globale del bambino, questo richiede così, non solo un intervento sulle caratteristiche di base dell’ADHD ma anche su tutti gli altri aspetti presenti, coinvolgendo quindi scuola, famiglia e bambino.

Lo scopo primario rappresenta il raggiungimento da parte del bambino della consapevolezza delle proprie difficoltà, allenarlo ad un’autoregolazione comportamentale ed emotiva, alla ricerca autonoma di strategie adatte alla risoluzione dei problemi nei diversi contesti, allo sviluppo di abilità sociali e al rafforzamento delle competenze cognitive.

La psicoterapia cognitivo-comportamentale si focalizza su tecniche comportamentali e tecniche legate allo sviluppo di competenze cognitive, di strategie per il controllo dell’attenzione e del comportamento; sull’insegnamento al bambino di abilità di self-control attraverso le autoistruzioni ed il problem-solving: tecniche che col tempo è possibile interiorizzare per compensare i deficit di autocontrollo presenti.

Non meno importante risulta essere il contesto scolastico, dove sono proficui incontri sistematici del clinico con gli insegnanti per informare sulle caratteristiche del disturbo, ottimizzare il rapporto con l’alunno e fornire strategie educative per migliorare l’ambiente scolastico.

Attraverso, infine, il parent-training si lavora con la famiglia in quanto essa incide notevolmente sulla buona riuscita del lavoro con il bambino proprio per il fatto che i genitori rappresentano i maggiori esperti sulla conoscenza del loro figlio e del legame affettivo esistente.

I genitori sono in grado di controllare l’ambiente neutralizzando azioni negative e promuovendo buone prassi educative; utilizzare le risorse familiari nello sviluppo del bambino attraverso il miglioramento dell’interazione con esso consente di favorire comportamenti positivi. L’intervento sull’ambiente familiare consente di generalizzare e stabilizzare i progressi ottenuti nel contesto terapeutico, all’interno del quale si possono modificare stile relazionale e atteggiamenti che influiscono negativamente sul bambino e sul benessere familiare.

I genitori rappresentano gli agenti primari del cambiamento del bambino anche se questo passa attraverso l’aiuto di uno psicoterapeuta; il loro coinvolgimento li rende maggiormente consapevoli e partecipi del percorso del figlio e l’impegno profuso viene valorizzato notevolmente andando a sostenere il loro senso di autoefficacia.

La prima parte su cui il lavoro si focalizza riguarda la comprensione del problema allenando il genitore ad analizzare le situazioni problematiche allo scopo di identificare i fattori che favoriscono l’instabilità del bambino. Questa ricerca viene effettuata grazie all’analisi funzionale del soggetto, sull’osservazione cioè delle cause ambientali che provocano una variazione nel comportamento del bambino, in modo da poter tenere sotto controllo le variabili antecedenti e le contingenze che rinforzano tali comportamenti. Si va quindi ad individuare quali sono gli antecedenti (eventi che predicono l’insorgenza di comportamenti negativi), i comportamenti-problema (analisi precisa dei comportamenti problematici) e le conseguenze (cosa accade in seguito al comportamento problematico).

Dopodiché si introducono alcune tecniche educative per la gestione del comportamento del bambino promuovendo contemporaneamente la creazione di routine e regole di famiglia al fine di dare stabilità interna ed esterna al bambino.

Un attenzione particolare viene rivolta al rendere espliciti pensieri e comportamenti dei genitori nei confronti del figlio, fattori cioè non osservabili ma che entrano in gioco nella relazione genitore-bambino, un sistema di idee e aspettative che influenzano il modo di agire; è importante rendere i genitori consapevoli delle emozioni provate dai figli ed essere in grado di accettare le proprie in modo autentico.

L’esperienza genitoriale risulta così tanto più positiva quanto maggiormente essi si sentono in grado di prendersi cura dei figli e crescerà così in loro la soddisfazione per il lavoro svolto e di conseguenza, l’autoefficacia.

A questo punto è utile focalizzarci sui punti di forza dei bambini, i loro “lati buoni e desiderabili” che spesso tendono a non essere visti a causa della presenza di comportamenti disturbanti e deficitari. Individuare i punti di forza e valorizzarli permette di costruire  su questi le basi di interventi didattico-educativi personalizzati. A questi bambini generalmente manca un filtro generale che li aiuti ad ordinare gli stimoli che provengono dall’ambiente, perciò sono particolarmente sensibile alle emozioni e nell’esprimerle: questo li rende più vulnerabili, ma anche più sinceri verso il prossimo ed estroversi. Hanno una forte capacità creativa e inventiva, si fanno entusiasmare e soprattutto sanno entusiasmare. Con la loro impulsività e spontaneità non sono permalosi a lungo e dimenticano preste le cause di un litigio. Valorizzare i loro punti di forza significa fortificarli e sostenerli in primo luogo nella propria autostima, una delle difficoltà cardine del bambino con ADHD, e insegnanti, educatori e genitori devono iniziare da qui.

 

Di Debora Pratesi

 

Per approfondimenti:

  • Parent Training per l’ADHD. Programma CERG: sostegno Cognitivo, Emotivo e Relazionale dei Genitori.
  • Individuazione precoce del rischio ADHD e Laboratorio di Attenzione nella scuola dell’infanzia.