di
Francesca Solito

Lorenzo, Blu e Antonio condividono la stessa età, hanno16 anni, frequentano la stessa classe in un liceo di una piccola città, hanno alle spalle famiglie che li amano e, tutti e tre, anche se per motivazioni differenti, vengono esclusi ed additati dai loro compagni.

La loro amicizia li aiuta a resistere alla pressione esterna fino ad un preciso momento, finché la paura del giudizio dell’altro e la percezione di essere “diverso”, non li coglie impreparati o semplicemente non preparati allo stesso modo.

Lorenzo, Blu e Antonio sono i protagonisti del film “Un bacio” che affronta temi emergenti come il bullismo, il cyberbullismo e l’omofobia.

Colpisce e accende una riflessione importante la frase finale di Blu: “…devi raccontarla questa storia, devi raccontare quello che ci è successo. Ma soprattutto devi raccontare che non doveva andare così. Non doveva andare per forza così. Che poteva essere tutto diverso, potevamo essere diversi noi. Potevamo essere più bravi e più forti. Questo devi raccontare un giorno. …che ci bastava poco, ci bastava avere meno paura…bastava poco…e ce l’avremmo fatta ad essere felici!”. Nell’ultima scena il film mostra una differente reazione di Antonio ad una situazione problematica e di forte disagio, rispetto a quella che ha effettivamente avuto, e che avrebbe così modificato lo svolgimento dei fatti impedendo la tragedia. Come dice Blu, bastava poco, una semplice reazione diversa ma in realtà Antonio per metterla in atto avrebbe dovuto dare un significato differente a ciò che stava vivendo, così da non sentirsi sopraffatto dalla sofferenza e individuare altre vie d’uscita.

 

Per i genitori, per gli insegnanti, per chi opera nel campo della salute mentale è importante conoscere il bullismo e il cyberbullismo per saperli riconoscere e contrastarne la diffusione.

Sono fenomeni che creano conseguenze gravi a livello fisico e psichico nelle vittime ed esiti psicopatologici nel bullo. E’ possibile rieducare il bullo? O meglio, è possibile intervenire in maniera preventiva? Come possiamo far crescere i nostri figli al meglio impedendo che diventino bulli? Come far diventare figli “forti”, capaci di affrontare e superare le difficoltà e le emozioni negative, in modo che abbiano una buona dose di autostima e che non siano troppo sensibili al giudizio dell’altro? Come educare ad un uso consapevole di internet e dei social network?

 

La definizione di bullismo fa capo allo psicologo svedese Dan Olweus, uno dei primi e più importanti studiosi dell’argomento, riferisce che: “Uno studente è oggetto di azioni di bullismo, ovvero è prevaricato o vittimizzato, quando viene esposto, ripetutamente nel corso del tempo, alle azioni offensive messe in atto da parte di uno o più compagni” (Olweus, 1996). Tale definizione è ormai ampiamente condivisa tra gli studiosi, sono rintracciabili tre principali caratteristiche che circoscrivono il problema: l’intenzionalità del bullo, quest’ultimo compie azioni offensive nei confronti della vittima con l’intento di arrecare danno e di acquisire un ruolo dominante nel gruppo dei pari, la sistematicità delle azioni di prepotenza, sono ripetute nel tempo nei confronti di una stessa vittima e l’asimmetria della relazione tra bullo e vittima. Il bullismo può assumere diverse forme. I primi studi sul fenomeno mettevano in risalto soprattutto la forma diretta, che è quella più facilmente osservabile e studiabile, caratterizzata da prepotenze fisiche (pugni, calci, spintoni ecc.) e verbali (insulti, offese, prese in giro, umiliazioni ecc.), più di recente sono state riconosciute altre modalità di prevaricazione, perpetrate in modo più indiretto (pettegolezzi, calunnie, diffusione di dicerie ecc.) o attraverso i nuovi mezzi tecnologici. Il cyberbullismo, anche chiamato “bullismo online” o “bullismo elettronico”, è una nuova forma di prevaricazione che viene messa in atto attraverso l’uso di mezzi elettronici con lo scopo di ferire qualcuno con ripetuti e deliberati comportamenti ostili (Genta, Brighi & Guarini, 2013). I giovani che utilizzano questa forma di prevaricazione si avvalgono di due strumenti: il personal computer e il telefono cellulare, strumenti che consentono l’invio di immagini, video o messaggi.

Tra il bullismo tradizionale e il cyberbullismo si riconoscono delle analogie:

  • la relazione asimmetrica tra (cyber) bullo e cyber (vittima): il potere del bullo è associato soprattutto a caratteristiche fisiche o sociali, il potere del cyberbullo è di solito collegato a un livello di competenze informatiche superiori alla media, lo squilibrio di potere si riferisce all’impossibilità della vittima di difendersi e alla possibilità di nascondersi dietro l’anonimato per il cyberbullo;
  • l’impatto emotivo sulla (cyber)vittima;
  • l’isolamento sociale da parte della (cyber)vittima;
  • la mancanza di empatia da parte dei (cyber)bulli: i risultati delle ricerche confermano la correlazione tra il comportamento aggressivo e la mancanza di empatia. I risultati disponibili in campo educativo suggeriscono che la formazione di abilità empatiche, attraverso l’intervento psicologico, rappresenta uno strumento importante per contrastare il fenomeno del cyberbullismo;
  • l’incapacità di valutare le conseguenze delle azioni commesse.

 

Vediamo adesso quali sono le caratteristiche distintive del cyberbullismo:

  • la diffusione online: l’atto offensivo non ha bisogno di essere ripetuto da parte del cyberbullo nel tempo, in quanto la sua pubblicazione viene diffusa per tutta la rete con un solo gesto. L’assenza di confini spaziali e temporali fanno sì che gli atti di cyberbullismo possano essere perpetrati 24 ore su 24 e non solo a scuola.
  • l’anonimato da parte del bullo: è molto complicato risalire alla sua identità se non con l’aiuto della Polizia postale. L’anonimato permette di non essere riconoscibile e di percepire meno responsabilità rispetto ai propri atti, inoltre promuove la disinibizione e favorisce e rinforza i comportamenti impulsivi e aggressivi (Erdur-Baker, 2009). “L’anonimato può creare un sentimento di sicurezza nel cyberbullo, facendo decrescere la paura di essere scoperto” (Erdur-Baker, 2009). Il fatto di dire e fare tutto ciò che si vuole nella realtà virtuale senza preoccuparsi delle conseguenze è molto pericoloso. Quando non si riconosce o non si vede un grosso rischio, deresponsabilizzandosi, significa che c’è qualcosa che non va nella salute mentale di un bambino o di un adolescente. Questo atteggiamento, tipico dell’adolescenza, sta assumendo tratti ancora più gravi e sempre più estesi, il soggetto non comprende e nemmeno intuisce il problema, rimane un semplice gioco. “Il potere e il senso di onnipotenza che sente di avere in mano il cyberbullo sono dovuti anche al fatto che non vi è un’interazione faccia a faccia con la vittima” (Sposini, 2014);
  • la creazione di falsi profili: il cyberbullo oltre ad avvalersi dell’anonimato può crearsi delle identità fasulle, ad esempio può proporle su un nuovo account Facebook. Proporsi con un’identità fittizia induce la persona a fare o scrivere cose che non direbbe mai nella vita reale;
  • l’incapacità di difesa da parte della vittima: quest’ultima non può sfuggire al suo o ai suoi prevaricatori nemmeno quando è lontana dal contesto scolastico, è raggiungibile ovunque e in qualunque momento attraverso la rete. L’anonimato del bullo e la pervasività delle sue azioni rendono la vittima più vulnerabile e meno in grado di difendersi.

Due ricercatori, Junoven e Gross (2008) hanno condotto una ricerca sulle somiglianze e differenze tra bullismo e cyberbullismo con ragazzi dai 12 ai 17 anni. I risultati hanno evidenziato che il 72% degli intervistati ha riferito di aver vissuto, in prima persona, almeno un episodio di cyberbullismo, mentre l’85% ha sperimentato episodi di bullismo a scuola, in prima persona. Circa 2/3 delle vittime di bullismo online conosceva il cyberbullo e la metà di loro sapeva chi erano i bulli a scuola. Gli episodi di bullismo tradizionale e quello online sono stati associati ad un aumento di ansia di tipo sociale, riferita alla paura del giudizio degli altri. Inoltre il 90% degli intervistati ha confessato di non riferire ciò che è accaduto agli adulti. Da questa ricerca si evince che il bullismo e il cyberbullismo sono entrambi fenomeni di grave urgenza sociale, educativa e culturale pertanto diventa fondamentale pianificare interventi scolastici/culturali per prevenirli, informare i genitori riguardo ai rischi connessi alla comunicazione online e l’efficacia dei percorsi psicologici.

 

Tra i dati emersi dalla ricerca fanno riflettere in modo particolare la difficoltà che si riconosce ai giovani di attribuirsi le responsabilità delle proprie azioni e la difficoltà nel prevedere le conseguenze della propria condotta. Cosa impedisce ai figli di attribuirsi la responsabilità e il riconoscimento dei loro comportamenti? In molti casi, i genitori si allarmano e si rendono conto che i loro figli sono coinvolti in atti di cyberbullismo (perché vittime o bulli) solamente quando la Polizia suona alla porta, questo testimonia un cambiamento di tendenza nello stile educativo genitoriale: esso è orientato alla difesa delle condotte dei figli, i genitori tendono a minimizzare il problema perché è avvenuto online e non nella realtà, l’atteggiamento prevalente è quello di disprezzare e criticare il ruolo degli insegnanti, le figure genitoriali tendono a non rispondere all’esigenza di un adeguato controllo e di un opportuno monitoraggio durante la navigazione online. La famiglia, poiché ha il ruolo educativo principale nella costruzione dell’individuo, deve assolutamente sostenere la consapevolezza dei figli, favorendo lo spirito critico e la condivisione dei valori, valorizzando le loro abilità emotivo-relazionali in modo da contrastare la mancanza di sensibilità ed empatia, abbiamo visto come questa sia una caratteristica predominante del cyberbullismo. Williams e Guerra (2007) hanno dato vita ad una ricerca per comprendere cosa possa aiutare a contrastare la diffusione del bullismo e del cyberbullismo, dai risultati emerge l’importanza di attuare interventi di prevenzione messi in atto dalla scuola in collaborazione con la psicologia e le famiglie. La Direttiva Ministeriale M.I.U.R. n. 104/2007 esplicita che occorre “richiamare l’attenzione sulla possibilità da parte delle istituzioni scolastiche autonome, nei propri regolamenti, di inibire, in tutto o in parte, o di sottoporre opportunatamente a determinate cautele, l’utilizzo di videotelefonini e di mms all’interno delle scuole stesse e nelle aule di lezione”. Le scuole hanno il mandato di fornire una formazione di qualità ai propri studenti e, oltre alle conoscenze informatiche, devono acquisire anche quelle relative al bullismo e al cyberbullismo promuovendo una buona sensibilizzazione rispetto a tali argomenti. La scuola dovrebbe intraprendere delle azioni preventive come ad esempio educare a come agire rispetto a questi due fenomeni, tenendo presente che gli studenti sono più propensi a confessare casi di prepotenze ai propri amici, piuttosto che a discuterne con gli adulti; gli insegnanti dovrebbero essere aggiornati su queste tematiche attraverso l’aiuto di psicologi in modo da sapere come poter favorire il dialogo, la riflessione personale sui propri comportamenti impulsivi e aggressivi, come promuovere la discussione in classe partendo da notizie di cronaca e testimonianze. Per poter dar vita a programmi anti-bullismo e anti-cyberbullismo è fondamentale un approccio globale dove le famiglie, i dirigenti scolastici e gli insegnanti, psicologi esperti in età evolutiva e adolescenziale possano mettere in atto tutte le misure necessarie per far pronte a questi due fenomeni di grave urgenza sociale.

 

Bibliografia

 

Erdur-Barker O. (2009), <<Cyberbullying and its Correlation to Traditional Bullying, Gender and Frequent and Risky Usage of Internet-Mediated Communication Tools>>, in New Media & Society, vol. 12, n. 1, 109-125.

Genta M.L., Brighi A., Guarini A., Cyberbullismo. Ricerche e strategie di intervento, Franco Angeli, Milano 2013.

Olweus D., Bullismo a scuola. Ragazzi oppressi, ragazzi che opprimono, Giunti, Firenze 1996, pp.11-12.

Sposini C., Il metodo anti-cyberbullismo. Per un uso consapevole di internet e dei social network, San paolo, Milano 2014.

Williams K.R., Guerra N.G. (2007), <<Prevalence and Predictors of Internet Bullying>>, in Journal of Adolescent Health, vol. 41, n.6, 14-21.Juvonen J., Gross E.F. (2008), <<Extending the School Grounds? Bullying Experiences in Cyberspace>>, in The Journal of School Health, vol. 78, n. 9, 496-505.