di
Pamela Calussi

“Che questo tempo non sia solo perso, ma ritrovato”

 

Essere un adolescente è dura in ogni circostanza, e lo è ancora di più in un periodo storico in cui, all’improvviso, ci è stato chiesto di sospendere le nostre vite, interrompere tutto quello che stavamo facendo, adattarci a nuovi ritmi, nuovi modi di lavorare, studiare, relazionarci. Ed è stato chiesto anche ai ragazzi, in una fase della vita in cui le relazioni con i pari sono fondamentali, così come il bisogno di stare fuori, esplorare, misurarsi, rendersi indipendenti dai genitori.

Gli è stato chiesto di diventare improvvisamente responsabili, di se stessi ma anche degli altri, di  sacrificarsi, per un obiettivo che non riguarda solo l’individuo ma un’intera comunità, di comprendere il motivo per cui la libertà è stata tolta.

Ci siamo improvvisamente catapultati nel loro mondo, fatto di video, hashtag, messaggi e social network. E se fino a poco tempo fa il continuo uso dei social degli adolescenti era demonizzato, adesso è incentivato e utilizzato come unico mezzo per stare in contatto con i pari o per proseguire la propria vita scolastica: emerge quindi il valore positivo della tecnologia, unico mezzo per arginare l’isolamento imposto dalla situazione di emergenza.

Riusciamo solo così a rimanere in contatto con amici, lavorare, studiare, ma anche ad intrattenerci e a rimanere informati.

Ma questo mondo digitale non può bastare, ed è per questo che i genitori sono chiamati a svolgere un compito altrettanto importante: aiutare i loro figli a comprendere, adattarsi, sentirsi parte di una comunità ed responsabili di essa, sono chiamati a infondere in loro la convinzione che questo tempo non è solo perso, ma guadagnato, e che le loro rinunce possono nascere cose positive.

 

 

Essere genitori dentro una pandemia

 

In questo mese di reclusione molto si è parlato di questo ridimensionamento della famiglia che noi tutti stiamo vivendo, noi che eravamo abituati a correre, a incastrare e incastrarci, poco abituati invece a fermarci e soffermarci con noi stessi, con i nostri figli, con i nostri genitori.

Adesso che la reclusione forzata ci ha costretto a ritmi più lenti, tempi dilatati e da riempire, abbiamo dovuto ridefinire le relazioni, vissute con meno ansia e con più attenzione, ci siamo trovati ad osservarci meglio e a stare in modo diverso con i componenti delle nostre famiglie.

 

Uno degli obiettivi per un genitore in questo periodo è sicuramente quello di far sentire la funzione protettiva della famiglia, della “casa”, vista come un luogo sicuro, dove potersi riparare in un

momento di emergenza, stare al sicuro.

Riuscire a creare uno spazio relazionale con il figlio adolescente, laddove in adolescenza spesso manca, è diventata la vera sfida, così come riuscire a creare momenti di divertimento, momenti in cui il piacere di stare insieme sia vissuto nei tempi lenti che la reclusione ci impone e non nella frettolosità della vita quotidiana in cui lo spazio dedicato al so-stare coi figli era ricavato ma non vissuto veramente.

 

Parliamo di più, ci ascoltiamo di più, condividiamo emozioni e le “restituiamo”.

Ciò è necessario per cercare di contenere le emozioni negative che vengono sperimentate, emozioni di ansia, di paura, del contagio, della malattia, della potenziale perdita dei propri cari, la paura dell’altro, visto come una minaccia: queste emozioni e questi pensieri non vanno arginati, ma vanno compresi, elaborati, i ragazzi devono essere aiutati a capire il vero motivo dell’isolamento e preparati per quello che sarà il ritorno alla normalità, perché esso non venga vissuto con sospetto e repulsione per l’altro.

 

Per quanto riguarda la quotidianeità, queste giornate in casa possono essere un’ottima occasione per aiutare i propri figli ad uscire dall’infanzia, per essere responsabili anche magari e banalmente in

piccoli compiti quotidiani, di aiuto, di coinvolgimento, in quello che alcuni hanno chiamato “adattamento creativo” alla nuova quotidianeità, in cui si può riscoprire il piacere di cucinare, sistemare, collaborare.

Potrebbe essere utile riuscire a scandire il più possibile le giornate, creare impegni, attività, da fare insieme, ma anche aiutare il figlio adolescente a trovare i propri spazi e i propri momenti di riflessione solitari in una casa che improvvisamente è diventata troppo affollata.

Tra questi momenti ci sono sicuramente quelli trascorsi con i propri amici, via social ovviamente,   che hanno a mio avviso una doppia funzione: una, più immediata, che è quella di rimanere in contatto e di continuare a vivere momenti piacevoli con i coetanei, e l’altra, probabilmente più a lungo termine, che è quella di riuscire a capire l’importanza del contatto faccia-a-faccia.

D’altro canto, in molti genitori è sorta la paura che questa improvvisa esposizione alla tecnologia possa far nascere o acuire una sorta di dipendenza: come sottolineano gli esperti, un periodo di maggiore uso di computer e cellulare non ingenera una dipendenza. La tecnologia in questa fase è uno strumento, e come con tutti gli strumenti dobbiamo saperli usare bene e con moderazione: come infatti dicevamo prima, va sottolineata l’importanza di creare nuove routine ma anche mantenere quelle vecchie, che ci permettano quindi di scandire il tempo e organizzare al meglio la giornata,  proseguire i programmi scolastici, ascoltare musica, continuare a praticare, magari in forma alternativa, lo sport che eravamo soliti fare.

 

L’adolescente, in questa fase ha un’occasione importante di acquisire più rapidamente un’identità adulta, ottenuta con calma e con lentezza, con un supporto genitoriale più presente in quantità e che passa anche dal senso di responsabilità per la propria salute  e  di quella degli altri e dal rispetto delle regole.

 

 

Adolescenti e “reclusione”

 

Scuole chiuse, eventi sportivi sospesi, così come feste, concerti, punti di ritrovo.

In questo modo molti adolescenti stanno perdendo momenti fondamentali della loro vita, che rappresentano anche la funzione intrinseca dell’essere adolescenti: sperimentare, socializzare, divertirsi.

La quotidianeità è stravolta, l’unico mezzo di contatto è il social-network, alcuni possono sperimentare emozioni forti di ansia, isolamento, tristezza.

 

Come affrontare tutto questo?

 

La prima cosa importante è quella di cercare di parlare, di condividere l’emozione negativa che viene sperimentata: questo può aiutare per esempio a abbassare l’ansia e a capire che le sensazioni sperimentate sono in realtà comuni alla maggior parte delle persone e assolutamente normali.

Vale la pena ricordare che l’ansia è un’emozione normale e non sempre negativa che ha una funzione di allarme rispetto a potenziali pericoli e rischi e che in questo periodo può essere utile per aiutarci ad adottare le giuste misure per proteggerci, come per esempio lavarsi spesso le mani o porre attenzione a evitare il contatto con altre persone.

Anche per quanto riguarda la tristezza, l’unico modo per superarla è affrontarla e accettarla. Essere tristi, e mostrare agli altri la nostra tristezza, senza reprimerla, senza nasconderla, ha la funzione di comunicare agli altri che qualcosa non va e di conseguenza è una richiesta di aiuto che spingerà chi ci è vicino a sostenerci. Sfogare la propria tristezza ci porta poi ad accettarla, che non può e non deve essere un semplice aspettare che la “tempesta” passi ma è comunicare, accogliere, condividere. Accettare significa attivare un processo di consapevolezza rispetto alle esperienze esterne ed interne che ci fanno soffrire e che in qualche modo ci fanno restare fermi, che non ci fanno intraprendere un cammino volto al riconoscimento dell’inutilità di rimanere immobili e di disperarsi per la triste sorte che ci è capitata o per le ingiustizie che la vita ci ha riservato, invece di iniziare un passo dopo l’altro a riconoscere e valorizzare gli aspetti positivi di cosa sono adesso e cosa ho adesso, tutto diverso sì, ma pur sempre “vita”, che merita un po’ di serenità.

 

Questo ci è quindi utile per non cadere in uno stato di rimuginio rispetto alle cose negative che stanno accadendo o alle cose che potrebbero succedere, oppure a ciò che non abbiamo. Stare il più possibile nel presente, riuscire a godere di ciò che di positivo abbiamo e di ciò che di positivo potremmo trarre da questo periodo.

 

Questa è la sfida più difficile, ma #celafaremo e #andràtuttobene.

 

 

 

Per saperne di più

 

Batacchioli, F. (2020). Ansia per la salute e pandemia Covid-19.

http://www.psicoterapia-cognitiva.it/ansia-per-la-salute-e-pandemia-covid-19-informazioni-ed-indicazioni-per-conoscerla-ed-affrontarla/

Muro, L. (2020). Covid-19: vivere la quarantena tra relazioni sociali virtuali, parasociali e flashmob dai balconi. https://www.stateofmind.it/2020/04/covid19-relazioni-sociali/

Pellai, A., Tamborini, B. (2017). L’età dello tsunami. L’ età dello tsunami. Come sopravvivere a un figlio pre-adolescente. De agostini ed.

Pellai, A., Tamborini, B. (2019). La bussola delle emozioni. Dalla rabbia alla felicità, le emozioni raccontate ai ragazzi. Mondadori ed.

Pellai, A. (2020). http://www.vita.it/it/article/2020/04/01/e-se-il-coronavirus-per-gli-adolescenti-fosse-anche-un-allenamento-all/154802/ .

Perdighe, C. (2015). Il linguaggio del cuore. Riconoscere e accettare le emozioni dei propri figli e accompagnarli nella crescita. Erickson ed.

Perdighe, C., Mancini, F. (2012). Dall’investimento alla rinuncia: favorire l’accettazione in Psicoterapia. Cognitivismo Clinico, 2, 116-134.

Remigio, I. (2020). Adattamento creativo al coronavirus. https://www.stateofmind.it/2020/04/coronavirus-adattamento-creativo/