di Francesca Solito


Omogenitorialità: da partner a genitori

La discussione che riguarda i genitori omosessuali è molto attuale per l’interesse mediatico e i dibattiti politici che solleva, ma anche storica, dal momento che persone con orientamenti, identità e comportamenti non eterosessuali hanno da sempre fatto i genitori.

L’aumento dell’attenzione sull’omogenitorialità è in parte una conseguenza della visibilità raggiunta dai genitori gay nella nostra società, la quale a sua volta, dipende da un effettivo aumento di genitori omosessuali, soprattutto di quelli che diventano tali all’interno di relazioni tra persone dello stesso sesso (Gates e Ost, 2004), e da una maggiore accettazione delle lesbiche e dei gay a livello nazionale e internazionale (Hicks e Lee, 2006) e dall’affermazione di un concetto più ampio di famiglia (Thornton e YoungDeMarco, 2001). La preoccupazione della nostra società si concentra su tre

principali aspetti:

  • i possibili effetti che l’assenza di una madre o di un padre potrebbe esercitare sui figli delle famiglie omogenitoriali;
  • della discriminazione di questi ragazzi in quanto potrebbero diventare delle vittime;
  • della stabilità e salute mentale delle persone non eterosessuali.

Queste preoccupazioni emergono in modo particolare nelle aule di giustizia, storicamente il sistema giudiziario è stato incline a dubitare dell’adeguatezza dei genitori omosessuali, considerando il loro orientamento sessuale. Il famoso caso di Sharon Battoms, una lesbica che viveva in Virginia con suo figlio, ne rappresenta un esempio. Nel 1993 fu trascinata in tribunale dalla madre che chiese l’affidamento del nipote e lo ottenne, il tribunale sentenziò il suo orientamento sessuale pericoloso per il benessere di suo figlio. Fatti di questo tipo hanno dato vita ad un’ondata di ricerche in cui i genitori omosessuali sono stati confrontati con quelli eterosessuali con l’obiettivo di verificare se il loro orientamento sessuale avesse ripercussioni negative sul funzionamento genitoriale e per i figli rispetto al loro benessere psicologico, l’autostima, il comportamento di genere. Questi studi hanno fatto chiarezza sull’omogenitorialità: l’omosessualità non influisce sull’adattamento e sulle capacità genitoriali di uomini e donne, di conseguenza smentiscono lo stereotipo dei genitori omosessuali inadatti a prendersi cura dei bambini, instabili emotivamente e incapaci di assumere ruoli materni e paterni (Goldberg, 2010). Alcune ricerche che si basano su dati rappresentativi a livello nazionale hanno riscontrato che l’adattamento psicologico e relazionale tra pari dei figli di genitori omosessuali rientrano tranquillamente nei limiti della norma (Goldberg, 2010).

Diventare genitori: quali sfide devono essere affrontate?

La letteratura sulla transizione alla condizione di genitore nelle coppie di persone dello stesso sesso evidenzia come la loro esperienza risulti simile a quella delle coppie composte da uomo e donna. I dati esistenti affermano che si tratta di una transizione difficile e potenzialmente stressante caratterizzata dal peggioramento della qualità del rapporto e dall’aumento della tensione tra responsabilità lavorative e familiari. Inevitabilmente, per le coppie di genitori dello stesso sesso, la loro condizione di persone stigmatizzate influisce sul loro percorso. Gli uomini gay che diventano genitori lo fanno in un contesto dominato da stereotipi secondo i quali un uomo non è in grado di fornire ai figli le giuste attenzioni e cure amorevoli. Diventano padri in una società che è già pronta a giudicarli per i loro insuccessi. Anche le lesbiche dovranno fare i conti con l’imperativo culturale per cui “tutti i bambini hanno bisogno di un padre” anche se non sarà così forte quanto la regola sociale che prevede che “tutti i bambini hanno bisogno di una madre”. L’esperienza di fare da madre senza avere accanto un uomo è culturalmente più accettata e tollerata rispetto al fatto che un uomo faccia il padre senza avere al suo fianco una donna. Sicuramente due donne che portano il loro figlio dal pediatra attireranno meno sguardi curiosi e domande rispetto a due uomini che fanno la stessa cosa. Il dato certo è che tutti i genitori omosessuali, maschi o femmine che siano, sono consapevoli dei giudizi del contesto sociale e sulla loro presunta inadeguatezza per il fatto di essere omosessuali, e non potranno esonerarsi dall’affrontarli. Di conseguenza, devono prevedere e affrontare le preoccupazioni proprie e altrui riguardo agli effetti che gli atteggiamenti omofobi, e il fatto di essere una coppia di genitori dello stesso sesso, avranno sui loro figli. Un numero elevato di lesbiche e gay, una volta assunto il ruolo di genitori, è preoccupato dalle possibilità che i figli possano essere oggetto di vessazioni a causa della struttura della loro famiglia (Bennett, 2003a). Tali preoccupazioni riflettono la cultura dominante, secondo la quale i figli di genitori omosessuali sono vittime di bullismo e di conseguenza sviluppano problemi di adattamento. Questa ipotesi, smentita da Kinzmeger e Potter, 2004) viene spesso chiamata in causa da coloro che si oppongono all’omogenitorialità. Tenendo presente la realtà dell’eterosessismo, comprese la possibilità che i figli possano essere bullizzati per la struttura della famiglia, i genitori omosessuali cercano di capire quale sia il modo migliore per trasmettere loro un senso di accettazione e orgoglio per la propria famiglia preparandoli allo stesso tempo ai possibili pregiudizi (Gartrell et al., 2000). I genitori omosessuali sono consapevoli che il loro modo di rispondere alle domande della gente sul loro orientamento sessuale e sulla struttura della loro famiglia, avrà delle conseguenze importanti per l’orgoglio familiare dei figli e le loro reazioni ad episodi di omofobia. Ad esempio, sanno che evitando di fronteggiare l’omofobia rischiano di trasmettere ai figli il messaggio che la loro famiglia vada tenuta nascosta. Si adoperano pertanto di insegnare un atteggiamento di apertura e fierezza nelle relazioni con l’altro (Gartrell et al., 2000). Nonostante l’esistenza di queste preoccupazioni connesse al fatto di essere una struttura familiare minoritaria, molti genitori credono che i loro figli possano ricavarne anche dei vantaggi, sviluppando particolari risorse come essere più aperti e tolleranti.

Diventare genitori: come districarsi tra i ruoli genitoriali?

Con il passaggio alla genitorialità la suddivisione del lavoro si riorganizza. Nelle coppie eterosessuali, la transizione a questa nuova fase è caratterizzata da una maggiore differenziazione dei ruoli, le donne si dedicano molto al lavoro non retribuito e gli uomini investono ancora di più nel lavoro retribuito, è probabile che anche nelle coppie dello stesso sesso accada qualcosa di molto simile, sulla base di variabili diverse dal sesso. Goldberg e Perry-Jenlins (2007) hanno intervistato alcune coppie di lesbiche che si erano rivolte all’inseminazione, hanno rilevato che nel periodo iniziale di transizione, le madri biologiche si occupavano maggiormente della cura del piccolo e le madri non biologiche si occupavano di più del lavoro retribuito, anche se entrambe avevano ridotto l’orario lavorativo per far fronte alle esigenze della famiglia. Nonostante il diverso contributo, la maggior parte delle donne si ritenevano co-genitori alla pari, le coppie si adoperavano per ridurre al minimo le possibili diseguaglianze nei ruoli. Secondo alcuni studiosi (Calhoun, 1997) lesbiche e gay, trovandosi al di fuori del sistema tradizionale dei generi, sono liberi di costruire ruoli genitoriali e sistemi di ripartizione di compiti che non rispecchiano l’ordine dei generi. La mancanza di ruoli imposti favorisce il raggiungimento di accordi egualitari ma richiede che gli aspetti pratici della suddivisione del lavoro siano negoziati. Per quanto le coppie di persone dello stesso sesso possano avere <<delle potenzialità speciali per quanto riguarda la creazione di modelli di vita familiare più democratico-egualitari>>, il raggiungimento di queste intese può richiedere <<un notevole lavoro emotivo, sotto forma di discussioni e contrattazioni intorno a chi fa cosa, quando, come e per chi>> (Oerton, p. 72).

Schacher e colleghi (2005) hanno condotto uno studio con 21 uomini gay dichiarati, diventati padri, con lo scopo di capire come costruivano la loro identità e i loro ruoli genitoriali. La loro idea prevalente era che anche gli uomini potessero essere capaci di cure amorevoli e di svolgere attività materne, rifiutavano la credenza secondo la quale le donne, per natura, sono portate alle cure materne. Gli uomini della ricerca ritenevano di poter condividere con i loro partner i ruoli materno e paterno, invece di spartire con loro dei ruoli differenziati, netti. Si sono dimostrati sensibili ad attività, comportamenti e decisioni genitoriali, come prendersi una pausa dal lavoro per stare con i figli oppure richiedere al proprio datore una riduzione delle ore, hanno sì faticato a rinunciare al ruolo di colui che mantiene la famiglia per avere del tempo di qualità da condividere con i figli e rafforzare il loro legame. I gay dello studio di Mallon (2004) una volta diventati padri si sono sforzati di gestire il tempo lavorativo in modo più efficace e sono riusciti a trovare un equilibrio fra la cura per i figli e il desiderio di continuare la loro attività lavorativa e la necessità finanziaria. Mettendo l’amore per i figli al primo posto, si sono contrapposti a quei potenti messaggi che provengono dall’interno e dall’esterno e che li vogliono incapaci di prendersi cura in modo amorevole di un bambino. Anche nello studio di Lassiter e colleghi (2006), gli uomini coinvolti pensavano che l’esperienza di essere gay li autorizzasse ad essere padri accudenti e amorevoli senza confermare le aspettative dominanti nei confronti del ruolo maschile (uomo che lavora e mantiene la famiglia). In quanto gay, non si uniformavano agli ideali sociali di maschio, e la consapevolezza di ciò gli permetteva di assumere ruoli genitoriali liberi dagli stereotipi di uomini. Ricoprendo il ruolo di padre in modo attivo, i gay avvalorano la tesi secondo la quale né i padri né le madri siano genitori << naturali>>, essi apprendono con la pratica (Silverstein, 1996). Il fatto che mediamente i padri eterosessuali siano genitori meno capaci e sensibili rispetto alle madri eterosessuali è in parte dovuto al fatto che trascorrono con i loro figli un tempo minore. Se i padri gay assumono un ruolo genitoriale primario, sono capaci di acquisire le abilità materne (Silvestein, 1996).

Il tema dell’omogenitorialità è molto ampio, include più aspetti che meriterebbero di essere esplicitati e approfonditi. Partire da una panoramica delle ricerche esistenti è importante per capire le sfide che accomunano i genitori omosessuali nel momento in cui ampliano il loro repertorio di ruoli per includervi quello di genitori. Riflettere poi sui vissuti, sulle paure e le preoccupazioni che si trovano a dover affrontare, potrebbe essere il secondo passo per offrire una modalità di intervento che possa essere di aiuto e di sostegno all’omogenitorialità. Di conseguenza, seguirà un altro approfondimento sul tema per sviluppare questi aspetti.

 

Bibliografia

Calhoun C. (1997), Family outlaws: Rethinking connections between feminism, lesbianism, and the family. In H.L. Nelson (a cura di), Feminism and families, New York, Routledge, pp. 131-150.

Gates G. e Ost J. (2004), The gay and lesbian atlas, Washington, DC, The Urban Institute.

Goldberg A.E. (2010), Lesbian and Gay Parents and Their Children: Research on the Family on the Family Life Cycle. United States of America: American Pychological Association (APA). (Trad. it. Omogenitorialità. Famiglie con genitori gay o lesbiche: studi e ricerche, Milano: Erickson, 2015).

Goldberg A.E. e Perry-Jenkins M. (2007), The division of labor and perceptions of parental roles: Lesbian couples across the transition to parenthood, <<Jounal of Social and Personal Relationships>>, vol. 24, pp. 297-318.

Hicks G.R. e Lee T. (2006), Public attitudes toward gays and lesbians: Trend and predictors, <<Journal of Homosexuality>>, vol. 51, pp.57-77.

Lassiter P.S., Dew B.J., Newton K., Hays D.G. e Yarbrough B. (2006), Self-defined empowerment for gay and lesbian parents: A qualitative explanation, <<The Family Journal>>, vol. 14, pp. 245-252.

Mallon G.P. (2004), Gay men choosing parenthood, New York, Columbia University Press.

Oerton S. (1998), Reclaiming the <<housewife>>? Lesbians and household work, <<Journal of Lesbian Studies>>, vol. 2, pp. 69-83.

Schacher S.J., Auerbach C.F. e Silverstein L.B. (2005), Gay fathers expanding the possibilities for us all, <<Journal of GLBT Family Studies>>, vol. 1, pp. 31-52.

Silverstein L.B. (1996), Fatherring is a feminist issue, <<Psychology of Women Quarerly>>, vol. 20, pp. 3-37.

Thornton A. e Young-DeMarco L. (2001), Four decades of trends in attitudes toward family issues in the United States: The 1960s through the 1990s, <<Journal of Mariage and Family>>, vol.63, pp. 1009-1037.