di
Debora Pratesi

 

Da cosa sono guidati la maggior parte dei nostri comportamenti? Ci sarà un motivo perché mi comporto in un determinato modo, soprattutto perché ripropongo gli stessi comportamenti nelle stesse situazioni che non mi portano mai a quello che desidero?

Individuare la causa di questi comportamenti implica la ricostruzione dello sviluppo degli schemi “cognitivi” che ne stanno alla base, dalla prima infanzia al presente, focalizzando l’analisi e la comprensione delle relazioni interpersonali della persona.

Il termine “schema” ha moltissime definizioni, rientra nel lessico di diverse discipline, ed è ancorato a molte teorie, ma assume un significato particolarmente importante in psicologia, in particolare nell’ambito dello sviluppo cognitivo dove lo “schema” rappresenta la struttura che l’individuo utilizza per interpretare la realtà e le esperienze vissute e di cui si avvale per trovare delle spiegazioni, per filtrare le percezioni e per guidare le proprie reazioni. Uno schema è così una rappresentazione astratta delle caratteristiche di un evento, una sorta di traccia dei suoi elementi più rilevanti.

Nell’ambito della psicologia e della psicoterapia si tende a definire uno schema un qualunque principio organizzativo tramite il quale l’individuo può interpretare esperienze vissute. Uno schema può essere così sia positivo che negativo, funzionale o meno all’adattamento, e può avere origine sia nell’infanzia che in età adulta, anche se solitamente si formano durante l’infanzia.

La caratteristica fondamentale degli schemi è la loro tendenza a riattivarsi e a ripresentarsi durante le esperienze vissute in età adulta, anche quando non risultano più adeguati. Questo fenomeno, dovuto a un bisogno di coerenza cognitiva, ha la funzione di mantenere una certa stabilità nella visione di sé stessi e del mondo, anche quando questa visione risulta inappropriata, distorta o conduce i nostri comportamenti in modo disfunzionale.

E come si sviluppano questi “schemi”?

Il presupposto è che gli schemi derivino dalla frustrazione o soddisfazione, durante l’infanzia, di uno o alcuni bisogni primari dell’essere umano.

Questi bisogni primari sono:

  • Legami stabili con gli altri (bisogno di protezione, stabilità, cura e accettazione);
  • Autonomia, senso di competenza e d’identità;
  • Libertà di esprimere i bisogni e le emozioni fondamentali;
  • Spontaneità e gioco;
  • Limiti realistici e autocontrollo.

Gli schemi si sviluppano in seguito alle esperienze vissute nell’infanzia, dall’interazione tra il proprio temperamento e l’ambiente in cui si cresce che può portare alla frustrazione o soddisfazione di questi bisogni primari. Tali bisogni sembrano essere universali e comuni a tutti gli individui, sebbene in alcuni siano più marcati e in altri meno. Una persona in buona salute mentale riesce a trovare le strategie funzionali al soddisfacimento dei propri bisogni emotivi primari adottando dei comportamenti adatti a raggiungere questo scopo.

Gli schemi giocano, dunque, un ruolo fondamentale nel modo di pensare, di sentire, di relazionarsi con gli altri e di agire e ci inducono a ricreare, senza volere, in età adulta, lo stesso tipo di situazioni che ci hanno ferito maggiormente da bambini.

Le risposte comportamentali fanno parte delle strategie che l’individuo utilizza per affrontare i propri schemi e rientrano nelle modalità di coping.

Il coping ci consente di adattarci agli schemi e di evitare le emozioni intense e violente che questi generalmente procurano. Ed ogni persona reagisce allo stesso schema con stili di coping diversi a seconda delle situazioni e delle fasi di vita. Per esempio, tre diverse persone affrontano lo schema “mi sento inadeguato” in modi completamente diversi, uno di loro va a ricercare partner o amici critici, un altro evita qualsiasi relazione tenendosi a distanza da tutti e l’ultimo assume un atteggiamento di superiorità e di critica nei confronti degli altri.

Questo per spiegare le tre modalità di coping maladattive:

  • Resa: arrendersi allo schema significa accettarlo incondizionatamente, non provare a evitarlo né a combatterlo, accettare il dolore che esso provoca e contribuire, così al rinforzarsi dello schema stesso.
  • Evitamento: organizzare la propria vita in modo tale da evitare l’attivazione dello schema, tentando di ignorarlo. Evitare di pensarci, bloccare i pensieri e le immagini che potrebbero attivarlo, distrarsi e fare di tutto per respingerlo quando si presenta. Evitare anche le sensazioni connesse allo schema, soffocandole immediatamente quando affiorano.
  • Ipercompensazione: si contrasta lo schema ipercompensandolo, pensando, sentendo, comportandosi e relazionandosi in modo tale da percepirsi, in età adulta, diversamente da come si è percepito durante l’infanzia, quando lo schema si è formato. Chi da piccolo si è sentito indegno, da adulto cercherà di essere perfetto; chi era sottomesso, prevaricherà gli altri; chi era eccessivamente sorvegliato, controllerà gli altri o rifiuterà qualsiasi condizionamento; chi subiva violenza diventerà violento a sua volta. Questo tipo di strategia è il contrattacco, con il tentativo di difendersi dallo schema che potrebbe essere funzionale se da esso non scaturisse un atteggiamento che invece finisce per rinforzare lo schema stesso.

Le risposte di coping consistono quindi in comportamenti o strategie specifiche attraverso i quali il soggetto può manifestare queste modalità descritte; tutte quelle modalità specifiche attraverso cui si sceglie l’ipercompensazione, l’evitamento o la resa in risposta alla percezione della minaccia di attivazione di uno schema.

 

Approfondimenti:

  • Schema Therapy. La terapia cognitivo-comportamentale integrata per i disturbi di personalità. (Young J.E., Klosko J.S., Weishaar M.E.).
  • Contextual Schema Therapy (Roediguer E., Stevens B.A., Brockman R.).