L’elogio funebre che non avremmo voluto fare, ma che sai bene è inevitabile: quello su cui spesso hai scherzato, pensando con autoironia ai tuoi tratti narcisisti che non possono godersi lo spettacolo di tutto l’amore e la stima che in questi giorni scorrono a fiumi al pensiero di te. E non che prima fossero sentimenti nascosti, solo che ora tutto è più solenne, più ufficiale, e tu non puoi schermirti.
Grazie per il contributo intellettuale che hai dato, al ragionamento clinico e allo studio della psicopatologia, grazie per la passione contagiosa che hai messo nell’insegnamento e nella cura dei tuoi pazienti. Chi ti ha avuto come didatta ha un grande debito nei tuoi confronti: hai condiviso con generosità il tuo sapere e le tue intuizioni, e hai reso ogni argomento interessante, di ogni dramma ti sei reso partecipe, ma ne hai anche messo in luce il lato comico. Durante le tue lezioni e le tue supervisioni ridevano la mente, il cuore, la bocca, e gli occhi, a volte fino alle lacrime.
Hai sempre visto in ogni paziente una parte di te, così come ogni sintomo, anche il più bizzarro, ci hai aiutato a vederlo come una dimensione potenzialmente di ciascun essere umano, all’occorrenza. Nessuna divisione netta tra “sani” e “patologici”, utile, più che al paziente, al curante, per confermargli di essere dalla parte giusta della scrivania. Solo l’attenzione a comprendere con accuratezza il dolore, e lenirlo il più possibile.
Grazie per il tuo pragmatismo nella propensione all’aiuto, perché ogni inquadramento, ogni assessment aveva senso soprattutto in virtù della domanda “e mo’ che je famo?”
Grazie perché ogni auto-svelamento sulle tue personali difficoltà, sui tuoi errori, sulle tue bizzarrie e quotidiane “psicopatologie” ci ha concesso di avere su noi stessi uno sguardo più comprensivo, ci ha permesso di vedere un po’ di più i nostri punti deboli, ci hai aiutato a non nasconderci a noi stessi, ci hai passato qualcosa della tua formidabile auto-ironia, e per quanto, insieme ad altri maestri, tu rappresenti l’ideale a cui tendere, hai permesso di demolire il totem ansiogeno del terapeuta perfetto e sempre efficace.
Ci hai valorizzati, al tempo stesso ci hai messo nelle condizioni di chiedere più facilmente aiuto, come terapeuti sui nostri casi “perché ve meritate de tribola’ un po’ de meno”, e come persone talvolta in difficoltà, perché nessuno si salva da solo.
E lo sappiamo che la parte più disincantata di te direbbe: “nessuno si salva, punto”, ma in realtà hai osservato nel tuo lavoro e hai vissuto sulla tua pelle molte resurrezioni. E poi, se per una volta avessi torto?