di Francesca Solito

Il disturbo ossessivo-compulsivo in età evolutiva e il ruolo dei genitori nel mantenimento dei rituali compulsivi.

Il disturbo ossessivo compulsivo (DOC) in età evolutiva, come accade per gli adulti, è caratterizzato da ossessioni, ossia pensieri, idee, immagini, impulsi ricorrenti e persistenti che vengono percepiti come fastidiosi, indesiderati, e da compulsioni, comportamenti ripetitivi (per es. lavarsi le mani, controllare, riordinare) o atti mentali (per es. contare, ripetere parole mentalmente) che il soggetto si sente costretto a compiere in risposta alle ossessioni. A differenza delle preoccupazioni ordinarie, le ossessioni e le compulsioni, occupano un tempo consistente nella vita del soggetto (più di un’ora al

giorno) e interferiscono con le routine quotidiane, causando una compromissione della qualità di vita.

Le ossessioni di contaminazione sono quelle più comunemente riportate dai bambini e dagli adolescenti. I timori da contaminazione da sporcizia o da germi portano ad eseguire lavaggi eccessivi che devono seguire regole precise. L’ossessione per la contaminazione non porta necessariamente a una pulizia eccessiva. Il pensiero ossessivo potrebbe essere legato alla paura di contaminarsi toccando alcuni oggetti personali o alcune parti del corpo, o entrambi, causando il rifiuto assoluto di entrarvi in contatto. Si potrebbero quindi osservare bambini che rifiutano di farsi la doccia, di toccarsi i capelli, di utilizzare saponi e che non conservano più l’aspetto ben curato che avevano prima. Anche le compulsioni di verifica sono molto diffuse in età evolutiva, spesso sono legate alla paura di provocare danni a sé o ad altri. In questo caso bambini e adolescenti potrebbero impiegare un tempo eccessivo per controllare la chiusura delle porte, delle imposte, del gas e degli apparecchi elettronici. Questi comportamenti rappresentano tentativi di controllare l’ansia, derivante dal pensiero di poter essere responsabili di un’eventuale disgrazia.

Alcuni bambini e adolescenti hanno ossessioni superstiziose relative ai numeri. Possono avere numeri “fortunati” e numeri “sfortunati”, questo può portarli a ripetere un’azione per un determinato numero di volte, o a dover contare fino a un dato numero prima di agire.

Sono comuni anche le compulsioni di ripetizione, come entrare e uscire dalla porta, leggere una frase più volte, cancellare e riscrivere parole finché non si sente di averlo fatto nel modo “giusto”.

In età evolutiva sono inoltre diffuse le compulsioni di ordine e simmetria che riguardano la disposizione degli oggetti. Questi devono essere disposti in modo simmetrico, i libri devono ad esempio essere disposti dal più grande al più piccolo, le penne devono essere sistemate in un determinato ordine nell’astuccio.

Nei bambini e negli adolescenti si riscontrano spesso ossessioni di tipo aggressivo, legate alla paura di poter danneggiare gli altri o se stessi, nei loro pensieri si riscontra un’importante rigidità morale. Tra i comportamenti messi in atto per abbassare il loro livello d’ansia (compulsioni) vi è ad esempio la richiesta a un adulto di tagliare il cibo, il rifiuto di toccare oggetti appuntiti o ancora la richiesta di nascondere tutti gli oggetti pericolosi della casa.

Il DOC determina nei pazienti e nei loro familiari una grande sofferenza, è un disturbo invalidante che riduce decisamente le capacità di realizzazione esistenziale (Koran, Thienemann, Davenport, 1996). I pazienti ossessivi, proprio a causa del loro disturbo, spesso, non riescono a fronteggiare l’impegno scolastico o a svolgere un’attività lavorativa, lo fanno in modo saltuario o si accontentano di impegnarsi in attività inferiori alle loro capacità lavorative. Il disturbo ha delle ripercussioni negative anche sulla qualità e la durata delle relazioni amicali ed affettive.

Il soggetto giunge all’osservazione clinica portato dai genitori che riconoscono il progressivo aumento dei sintomi e/o del frequente peggioramento del rendimento scolastico e del funzionamento sociale. Gli adulti e gli adolescenti ossessivi solitamente riconoscono che le ossessioni e le compulsioni sono eccessive, fastidiose e irragionevoli mentre i bambini spesso non percepiscono i loro sintomi come irrazionali e poco adattivi a causa della scarsa consapevolezza di sé (Apa, 2014). Quando la persona si rende conto cognitivamente che è inutile ripetere i comportamenti più e più volte, di solito sperimenta un’ansia così grande da sentire la ripetizione come “necessaria” per neutralizzare la sensazione di disagio. Spesso il comportamento diminuisce l’ansia solo temporaneamente. Nel lungo periodo, i rituali possono peggiorare in durata e modalità, diventando pervasivi nella vita quotidiana.

Il disturbo ossessivo compulsivo colpisce il 2-2,5% della popolazione generale: significa che su 100 neonati, 2 o 3 svilupperanno nel corso della loro vita il disturbo (Dèttore, 2003; Ravizza et al., 1997).

Le possibilità di cura psicologica e farmacologica sono molto progredite negli ultimi anni ma si rende necessario un intervento precoce e tempestivo dal momento che è un disturbo che tende a cronicizzarsi (Mancini, 2005).

La famiglia quasi sempre viene coinvolta nella sintomatologia del figlio. La costante ricerca di rassicurazioni ai loro dubbi e l’evitamento di situazioni ansiogene portano i bambini con disturbo ossessivo compulsivo a diventare estremamente dipendenti dai familiari, i quali sono spesso portati a svolgere per loro compiti e attività mossi dall’urgenza di alleviare l’esperienza di sofferenza e di grande disagio vissuta dal figlio (Mancini et al., 2007).

La famiglia può intervenire nel disturbo sia direttamente, inserendosi nei rituali (es. aiuta nei lavaggi prolungati), che indirettamente, tentando di modellare la routine quotidiana attorno al sintomo, in modo da evitare che il figlio si senta troppo in ansia di fronte a determinati eventi (per es. maneggiano per lui determinati oggetti).

La risposta della famiglia può essere descritta su un continuum che va dal genitore accomodante (eccessivamente premuroso) a quello antagonista (eccessivamente critico). Solitamente si riscontrano famiglie nelle quali un genitore reagisce più sul versante accondiscendente e uno all’opposto, su quello sprezzante e critico. La risposta accomodante è caratterizzata solitamente da coinvolgimento e supporto dato al rituale dal caregiver, al fine di aiutare il bambino, riducendo così la sofferenza.

Il genitore che emette una risposta antagonista, invece, reagisce in maniera critica e ostile ai sintomi e si rifiuta di partecipare ai rituali. Può arrivare a forzare il bambino a esposizioni traumatiche allo stimolo ansiogeno, pur di interrompere i comportamenti compulsivi. Capita frequentemente che il genitore emetta risposte che oscillano tra queste due opposte modalità, a seconda del momento. Ne rappresenta un esempio il caso di Giulia.

Giulia ha 12 anni e sta attraversando un periodo di grande disagio. I genitori decidono di chiedere aiuto perché non sanno come porre fine ad una serie di comportamenti e di esplosioni emotive da parte della figlia. Il disturbo di Giulia si sta espandendo a macchia d’olio, i genitori riferiscono che i comportamenti “assurdi” aumentano giorno dopo giorno. Giulia non entra in alcune stanze della casa, non tocca alcuni oggetti, si rifiuta di fare delle azioni che hanno a che fare con la sua cura personale, prima di uscire di casa tocca per quattro volte la porta. Giulia coinvolge i genitori in questi comportamenti chiedendo loro di fare delle azioni per lei come ad esempio entrare in una stanza o toccare alcuni oggetti. I genitori riferiscono che quando si rifiutano di farlo Giulia inizia a piangere, a disperarsi, a dire che non può assolutamente entrare in quella stanza e che ha bisogno di ricevere il loro aiuto come se fosse una questione di vita o di morte. I genitori provano una grande sofferenza nel vedere la loro figlia in preda all’ansia e per interrompere questo intenso disagio si sostituiscono a lei e cedono alle sue richieste. La madre è particolarmente affranta e provata dal momento che passa molto tempo con la figlia, ci sono delle volte in cui esasperata esplode criticandola aspramente rivolgendole parole sprezzanti rispetto alla sua condizione: “Sei matta e stupida, finirai in manicomio”. Dopo poco si sente in colpa e per riparare cede e asseconda le richieste della figlia molto più di prima.

Entrambe le risposte della madre tendono a rinforzare il sintomo, aumentandone la frequenza e l’intensità delle ossessioni e delle compulsioni. Si instaura un circolo vizioso: il genitore asseconda il figlio per evitare di farlo stare male, la pressione a cui inevitabilmente si sottopone, lo porta ad avere delle reazioni esasperate e poco controllate che tendono ad aggravare lo stato psicologico del bambino, aumenta la sua ansia e la sua angoscia, di conseguenza aumentano anche le compulsioni e le richieste ai genitori, i quali colludono con tutti i suoi comportamenti patologici. La riduzione momentanea dell’ansia, rinforza Giulia a credere che i comportamenti adottati siano utili, e non potrà mai sperimentare cosa succederebbe se questi non venissero svolti. Inoltre vi è una riduzione dei costi, poiché l’aiuto dei familiari agevola la messa in atto di tali comportamenti, diminuendo la sua motivazione a interromperli.

Poiché il ruolo della famiglia riveste un’importanza notevole nel mantenimento di questo disturbo, l’intervento non può escludere il coinvolgimento dei genitori. Ritornando al caso di Giulia grazie alla terapia i genitori hanno iniziato gradualmente ad assecondare meno le sue richieste, accettando la conseguente sofferenza della figlia, hanno imparato a starle vicino e accogliere ciò che prova senza fare di tutto per prevenire il disagio. Per i genitori si è dimostrato un lavoro molto faticoso abbattere le loro resistenze e pensare di non intervenire con risposte mirate ad eliminare il sintomo, prima di tutto hanno dovuto imparare a far tollerare, e a tollerare loro stessi, un disagio a Giulia, “così sensibile e indifesa, sofferente fin da quando era una bambina piccola”. Proteggerla dalla possibilità di stare male non significa aiutarla ma farle credere che è possibile che tutto sia come lei desidera. Agendo così i genitori non le stanno insegnando a sopportare e a fronteggiare le situazioni in cui le cose non sono predisposte come desidera lei. Il trattamento del disturbo ossessivo-compulsivo cerca di interrompere i circoli viziosi di mantenimento e di ridurre la particolare sensibilità dei pazienti verso la colpa di non aver fatto tutto ciò che è in loro potere, dopo aver costruito il profilo interno del disturbo e recuperato così il senso della sintomatologia che appariva agli occhi del bambino e dei genitori una follia incomprensibile (Mancini et al., 2007).

 

Bibliografia

 

American Psychiatric Association, 2014. Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali. Quinta edizione. DSM-5. Milano: Raffaello Cortina Editore

 

Dèttore D. (2003), Il disturbo ossessivo-compulsivo. Caratteristiche cliniche e tecniche di intervento, McGraw-Hill, Milano.

 

Koran L.M., Thienemann M.L., Davenport R. (1996), “Quality of live for patients with obsessive-compulsive disorder”, American Journal of Psychiatry, 153, 783-788.

 

Mancini F., 2005. Il Disturbo Ossessivo-Compulsivo. In Bara B. (a cura di) Nuovo Manuale di Psicoterapia Cognitiva, 2. Torino: Bollati Boringhieri 2005, pp. 98-141.

 

Mancini F., Capo R., Episcopo A., 2007. Il disturbo ossessivo-compulsivo in età evolutiva. In Isola L., Mancini F. (a cura di ) Psicoterapia cognitiva dell’infanzia e dell’adolescenza. Milano: Franco Angeli 2007, pp. 153-205.