L’alterazione dei ritmi biologici nel Disturbo Bipolare

di
Lisa Lari e Stefania Iazzetta

 

“… non riesco proprio ad addormentarmi ad un’ora decente, ho tante…troppe energie! Di notte faccio tutto quello che sarebbe meglio che facessi durante il giorno….provo a studiare fino a tardi ma poi mi confondo e allora mi metto a guardare le serie in TV, mangio schifezze ad orari assurdi, mi metto a pulire casa, riesco a prender sonno solo alle 4 e poi dormo fino alle 15. A quel punto faccio colazione, salto il pranzo e mangio la notte. Non riesco più a fare un pasto decente e il mio peso è aumentato….anche perché raramente vado in palestra e quando vado finisco troppo tardi per cucinarmi qualcosa a casa. Questo caos sta rovinando la mia vita e le mie amicizie, non riesco mai ad andare all’università e studiare diventa davvero faticoso. Così non posso andare avanti e mi sento persa e angosciata. Cosa posso fare?”

Queste alterazioni sui ritmi biologici influenzano in maniera significativa il benessere e il funzionamento complessivo dell’individuo, modificandone le abitudini e compromettendone la qualità di vita.

Spesso si associano a sofferenza psicologica e provocano l’insorgenza di quadri psicopatologici, in particolare per quanto riguarda l’umore.

Infatti, giocano un ruolo estremamente importante nella genesi e nel mantenimento del Disturbo Bipolare (DB). In questo disturbo la modificazione del ritmo sonno-veglia e delle energie fisiche e le irregolarità nelle abitudini alimentari possono rappresentare dei sintomi clinici che, insieme ad altri, caratterizzano le fasi eccitatorie o depressive tipiche della bipolarità. Inoltre, la difficoltà nel risolvere tali disequilibri fa sì che le fasi di oscillazione dell’umore perdurino nel tempo con un progressivo peggioramento della sintomatologia. Non solo, questi cambiamenti nei ritmi biologici possono divenire, insieme ad altre variabili psicologiche, emotive e ambientali, elementi di rischio per l’insorgenza di una nuova fase maniacale, ipomaniacale o depressiva. Le alterazioni dei ritmi biologici, sia che esse siano causa, effetto o un fattore di mantenimento del DB, hanno un forte impatto su molteplici aree di funzionamento inducendo, nella persona, una spiccata sofferenza emotiva.

Considerata la forte interferenza provocata da queste alterazioni, la regolarizzazione dello stile di vita assume un ruolo di centrale importanza nel trattamento del DB. In questa linea, alcuni approcci terapeutici vedono impegnati il clinico ed il paziente nell’individuazione e successivamente nella gestione di questa caotica ritmicità.

Nel programma di psicoeducazione per il DB, Colom e Vieta (2006), dedicano ampio spazio alla costruzione di “sane abitudini” considerate fondamentali per il mantenimento dell’equilibrio psico-affettivo quali il sonno, l’alimentazione e l’attività fisica.

L’osservazione del ritmo sonno-veglia è, in primo luogo, un potente strumento per comprendere lo stato di questo disturbo: la tendenza a dormire poco può essere indicativa dell’insorgenza di una fase ipomaniacale o maniacale, mentre il dormire troppo può indicare che sta iniziando una fase di tipo depressivo. In secondo luogo, la persona può utilizzare queste informazioni per modificare queste anomalie aumentando le ore di sonno nel caso di fasi eccitatorie e riducendole leggermente nei periodi in cui l’umore è flesso. In entrambi i casi, l’obiettivo è quello di dormire tra le 7 e le 9 ore consecutive durante la notte e con regolarità.

Riguardo alle abitudini alimentari, è frequente che molte persone con DB vadano incontro ad un rapido aumento o decremento del peso corporeo. In alcune occasioni, prendono peso per la sedentarietà e perchè tendono ad abbuffarsi per lenire stati emotivi negativi. Al contrario, in altri momenti perdono rapidamente molto peso perchè possono addirittura dimenticarsi di nutrirsi tanto sono travolti dall’eccesso di energie e di attività caotiche. In generale, è opportuno che una persona con DB non si sottoponga ad un regime dietetico estremamente rigido che implichi soffrire la fame e, in ogni caso, è necessario che la dieta sia controllata da un dietista e da uno psicologo.

Molte persone con DB non praticano attività sportiva in modo adeguato: tendono ad effettuare esercizio fisico prevalentemente quando ne sentono il desiderio e, tale desiderio, frequentemente coincide con l’inizio di una fase maniacale o ipomaniacale, con un conseguente peggioramento della fase in atto. L’attività sportiva viene invece ridotto durante i periodi di equilibrio affettivo e frequentemente abbandonato nelle fasi depressive dato che, comprensibilmente, implica un grande sforzo mentale e fisico. In realtà è utile praticare esercizio fisico durante le fasi depressive, nonostante lo sforzo, in quanto funziona da antidepressivo (Salmon, 2001).

Di contro, durante le fasi eccitatorie (maniacali o ipomaniacali) oppure se si sospetta l’inizio di una fase di questo tipo, è opportuno ridurre o addirittura interrompere l’attività sportiva. Alcune persone con DB ritengono di poter “spegnere” quell’irrequietezza derivante dalle fasi eccitatorie tramite un’intensificazione dell’attività fisica seguendo la credenza del tipo: “quando sono su di giri faccio ancora più sport così mi calmo”. In realtà, accade che una ulteriore attivazione motoria va ad amplificare l’escalation maniacale e ipomaniacale proprio perchè induce un eccesso di stimolazione. In altre parole, non si può combattere l’ipomania o la mania per esaurimento.

Infine, le attività lavorative caratterizzate da costanti cambiamenti di turno o che non abbiano orari definiti possono non essere adatte alle persone con DB proprio perchè possono andare ad alterare la regolarità nello stile di vita determinando, quindi, alterazioni del tono dell’umore.

 

 

Bibliografia

 

Colom F., Vieta E. 2006. Manuale di psicoeducazione per il disturbo bipolare. Giovanni Fioriti Editore, Roma

 

Frank E., Koukopoulos A., Sani G. 2012. Curare il disturbo bipolare. Manuale clinico della terapia interpersonale e dei ritmi sociali. Editore Alpes Italia.

 

Salmon P. 2001. Effects of physical exercise on anxiety, depression, and sensitivity to stress: A unifying theory. Clinical Psychology Review, 21, pp. 33-61.