Cecilia: Una cosa che mi ha sempre colpito, Roberto, è che tu dichiari spesso di essere pauroso ed in ansia, per esempio quando devi parlare in pubblico. Ho sempre pensato che non fosse vero e che questa bugia fosse a salvaguardia dell’autostima di noi allievi, pazienti e supervisionati, per aiutarci a sdrammatizzare le nostre fragilità. Invece di recente l’ho proprio visto con i miei occhi e mi hai anche raccontato dell’attacco di panico che ti ha preso alla sprovvista dopo trent’anni che te ne occupi e ne scrivi, è persino comico se non fosse che ti sei angosciato davvero. Tuttavia quello che mi colpisce è che non te ne vergogni affatto: sei un pauroso egosintonico e prima o poi organizzerai un “Panic Pride” al grido di “Gli evitamenti ci salvano dalle catastrofi”.

Roberto:” Fammiti fare una lezioncina a mia difesa. L’ansia non è un disturbo ma una componente essenziale della vita. È di fatto identica alla paura nei suoi meccanismi neurofisiologici e la si prova quando si percepisce un pericolo. Si tratta di un positivo stato di allarme che   prepara l’organismo a fronteggiare la minaccia. Non fa alcun male ed anzi aumenta la probabilità di sopravvivenza. Nei disturbi d’ansia, invece, l’ansia stessa diventa motivo di ulteriore allarme per  il significato che il soggetto gli attribuisce. Da segnale di pericolo diventa essa stessa un pericolo. Il pericolo che il soggetto vede nell’ansia è diverso e in sintonia con i temi centrali del disturbo stesso.

Nel disturbo di panico si scambiano i segni fisici dell’ansia (tachicardia, tachipnea, tremore, sudorazione) per sintomi premonitori di una fine imminente per una malattia acuta cardiaca o cerebrale. Il soggetto prevede di morire o di impazzire di lì a breve. Questo lo spaventa ancora di più. I sintomi aumentano e ciò viene interpretato come conferma della morte imminente. Personalmente della botta di panico te ne ho parlato e meriterebbe una chiacchierata a sé.

Il cosiddetto DOC ha tormentato tutta la mia adolescenza quando l’ educazione cattolica ha impattato con un modesto ma pur presente sviluppo sessuale. Tuttora nei momenti di stress qualche ritualetto mentale me lo faccio e, anzi non mi interrompere altrimenti devo ricominciare a contare. Comunque in generale nel disturbo ossessivo compulsivo il soggetto è preoccupato di commettere gesti od omissioni colpevoli o moralmente riprovevoli. L’agitazione che sperimenta viene erroneamente interpretata come segno della possibilità di perdere il controllo e commettere proprio ciò che più teme. Si genera dunque un circolo vizioso confirmatorio. Però Cecilia anche tu hai avuto una educazione cattolica e come te la sei cavata?”

Cecilia: Bene, perché ha tenuto a bada la mia devastante antisocialità. In ciò aiutano anche i tre saltelli sulla gamba destra prima di dormire per evitare di compiere una strage in stato di sonnambulismo.

Un’altra cosa che val la pena tu spieghi è perché dici che le varie fobie specifiche in realtà sono tutte la stessa cosa e cioè che la paura di volare, degli uccelli, dei topi o dei serpenti sono sempre e solo la paura della propria fragilità.

Roberto: infatti in tutte le fobie specifiche l’ansia si presenta di fronte a situazioni specifiche e caratteristiche (un certo animale, un luogo, un particolare oggetto) che il soggetto sa benissimo non costituire un reale pericolo. Ciò che effettivamente teme è l’attivazione emotiva che crede lo porterà a morire o impazzire. La vera paura non è rivolta all’oggetto che funge da innesco ma all’ansia stessa.

Cecilia: E poi mi dicevi che, nonostante tutto, ancora hai paura a parlare in pubblico e in questo, da ansiosa sociale, ti posso capire benissimo, ma pensavo che con l’età e l’esperienza passasse, e poi dipenderà dal tipo di pubblico…

Roberto: “Macché, anzi, il qualche modo la posta in palio è ogni volta superiore e questa è una componente essenziale nella mia voglia di smettere tutto e sto male anche di fronte ad una classe di dieci colleghi poi nel gruppo di supervisione ti sei accorta delle rassicurazioni che cercavo prima e dopo. Il  fobico sociale  è terrorizzato dall’idea di fare brutta figura in pubblico. Si tratta tuttavia di una brutta figura particolare. Il giudizio che teme è quello di “fragile, goffo, impacciato, ansioso”. Di fronte a questa prospettiva inizia a sperimentare i segni fisici dell’ansia che  monitora costantemente e si conferma nella previsione, per lui terribile, che gli altri si accorgeranno di quanto sia ansioso.

Cecilia: Un’altra cosa su cui  riflettere è che mi dicevi di essere diventato genericamente più ansioso, mi hai raccontato ad esempio delle fantasie catastrofiche circa il telepass da quando hai avuto l’ictus.

Roberto: Certo la minaccia è dovuta al rapporto tra la potenza del pericolo e la tua capacità di fronteggiarlo. Nel disturbo d’ansia generalizzato si è preoccupati di tutti i possibili pericoli che insidiano l’esistenza. Il soggetto vive in un continuo stato di allarme che pensa servirà a proteggerlo. Ad un certo punto però inizia a preoccuparsi della sua continua preoccupazione. Teme che sia un segno di debolezza e che comunque logorerà il suo organismo rendendolo più vulnerabile.

Cecilia: Quando discutiamo col gruppo di casi di pazienti ipocondriaci mi sembra che stenti a metterti nei loro panni. Ho anche pensato alla trascuratezza che mostri verso il tuo corpo e mi sono chiesta se non esista una sindrome opposta all’ipocondria descrivibile come disattenzione verso il corpo e le malattie che, se può aiutare a vivere meglio psicologicamente, espone a comportamenti insalubri e scarsa prevenzione e infine assume la forma protettiva di un delirio di negazione in alcuni malati terminali e nei loro congiunti.

Roberto: Su di me hai ragione ma sottovaluti la componente narcisistica di onnipotenza e invulnerabilità tragicamente invalidata dai fatti. Comunque l’ipocondriaco è preoccupato di ammalarsi e vigila sul suo organismo per cogliere i primi segni di un possibile disturbo. Questo stato di continua tensione produce, in effetti, una serie di sintomi (tachicardia, spasmi intestinali, difficoltà digestive) e un abbassamento della soglia del dolore al quale è rivolta una attenzione selettiva. Il risultato è che il soggetto trova continuamente indizi di possibili malattie che giustificano un incremento dello stato di allarme.

Per rimanere nei dintorni del corpo e se  non provassi imbarazzo perché sei una signora ti direi come l’ansia da prestazione sia  presente in molti disturbi sessuali, ed è essa stessa motivo del tanto temuto fallimento che la genera.

Considerato che l’ansia sta diventando noiosa la chiudiamo qui con un riepilogo. La dinamica di tutti i disturbi d’ansia è assolutamente identica, al di là del tema rilevante. Il soggetto teme “X”. Temendolo sopra ogni cosa fa tre cose assolutamente controproducenti:

  • Ci pensa continuamente, il che gli fa apparire “X” più probabile di quanto non sia.
  • Evita assolutamente “X” e non può dunque falsificare l’idea della sua presunta pericolosità. In effetti non succede mai ciò che teme ma egli ne attribuisce il merito alle condotte di evitamento che dunque si rinforzano e finiscono per ingabbiarlo.
  • Confonde i segnali fisici dell’ansia quando pensa o si avvicina a “X” come una prova certa dell’imminente verificarsi di “X” e del suo carattere catastrofico.

Questa è l’essenza minima e indispensabile per il manifestarsi e il mantenersi di un disturbo d’ansia. Se vuoi davvero saperne di più guardati questi libri.

Bibliografia

Sassaroli S., Lorenzini R., Ruggiero G. (2006) “Psicoterapia cognitiva dell’ansia” Raffaello Cortina Editore, Milano

Incerti A., Scarinci A. (2008) “Assessment dei disturbi d’ansia” Edizioni Erickson, Trento.

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