di
Debora Pratesi

Il lutto è considerato un evento esistenziale che causa grande sofferenza nelle persone che lo subiscono, è di per se un fatto sconvolgente.

 

Perdere una persona cara segna uno spartiacque nel percorso evolutivo di ciascun individuo; niente di quello che abbiamo vissuto e conosciuto fino a quel momento rimane più lo stesso, il nostro mondo viene scosso da un evento che ci chiede di fare i conti con noi stessi e con la nostra capacità di adattamento alla nuova situazione.

 

Occorre tempo perché il lutto possa essere elaborato e si riesca a convivere con quell’assenza che pesa sul cuore.

 

Tuttavia la maggior parte degli individui che lo subiscono riesce, con il tempo, ad adattarsi a questo evento senza incorrere in complicazioni psicologiche.

 

Esistono però delle situazioni che in seguito a un lutto possono presentare alcune complicazioni soprattutto in situazioni particolari che hanno causato la perdita e in un contesto interpersonale alterato come quello attuale.

 

La modalità con cui avviene la morte influenza profondamente il corso del lutto; una situazione di lutto improvviso è per esempio diversa da quella di chi assiste alla morte del proprio coniuge dopo una lunga malattia. L’idea che il periodo di tempo che l’individuo ha per adattarsi alla perdita influisce sugli esiti del lutto in termini di salute. Adattarsi a un cambiamento lento, che si verifica in un lungo arco di tempo risulta essere meno stressante rispetto a quello richiesto in caso di morte improvvisa e/o violenta. La perdita improvvisa di una figura di riferimento può avere gravi conseguenze nel senso di sicurezza personale.

 

Nello scenario attuale che ha visto il presentarsi di decessi causati dall’infezione di Covid-19 abbiamo assistito a morti brutali, caratterizzate da peculiarità insolite, e quindi espongono chi sopravvive ad un elevato rischio di sviluppare una patologia del lutto proprio per le caratteristiche con cui si compie il processo della morte.

 

Rispetto al solito, chi sta affrontando un lutto in questo periodo si trova davanti ad un percorso ancora più difficile da affrontare e siamo costretti a rapportarci con la morte e con l’addio secondo modalità estranee alla civiltà umana.

 

Morti inaspettate, accompagnate da un vissuto traumatico, sembrano essere percepite come “dissonanti” da un punto di vista cognitivo e psicosociale e hanno come conseguenza una compromissione nella capacità di fronteggiare un simile evento, aumentando il rischio di lutti complicati o anche disturbi da stress post traumatico.

 

A questo si aggiunge un dolore amplificato dal pensiero di  non esser potuti stare accanto a quella persona nei suoi ultimi momenti e di non aver potuto celebrare il suo saluto con una cerimonia funebre e dei rituali di addio.

 

Il rito funebre, in questo periodo storico, è venuto a mancare lasciando le persone sprovviste proprio di quella funzione interna che hanno i rituali così che diventa ancor più complicato dare un senso a ciò che è successo.

 

Questi rituali, di solito, avvengono attraverso la presenza fisica dei parenti e amici, e non potendosi realizzare in questo momento, lascia smarrite, sole e confuse le persone che stanno vivendo un lutto, che quindi non possono condividere il peso del dolore, né ricevere la consolazione di abbracci e vicinanza.

 

I lutti dovuti alla pandemia stanno assumendo un aspetto che per la nostra generazione è assolutamente ignoto. Potremmo definirli “lutti sospesi”; quando le persone sono private della possibilità di accostarsi alla morte attraverso il necessario corredo di riti che intorno alla morte sempre sono stati efficaci per lenire il dolore del lutto, il processo di elaborazione inevitabilmente si complica.

 

Ci troviamo così di fronte quindi alla necessità di trovare nuovi codici simbolici che aiutino le persone nel percorso psicologico di elaborazione del lutto. Il mondo dei professionisti della salute mentale è ben consapevole che la mancata o complicata elaborazione del lutto esita in problemi psicologici che possono cristallizzarsi in sintomi, in sindromi cliniche anche gravi e che comunque possono rendere difficili le relazioni e la vita personale.

 

Quando avvengono catastrofi quali terremoti, inondazioni, eventi traumatici improvvisi, il lutto investe la persona con proporzioni inattese. L’esito del lutto e la sua elaborazione dipendono in grande misura dalla resilienza personale e dagli interventi tempestivi di soccorso psicologico effettuabili con tecniche specifiche della psicoterapia.

 

Ma anche chi è resiliente è maggiormente esposto a complicazioni derivanti da nuovi fattori di rischio presenti in questa pandemia.

 

I più evidenti fattori di rischio odierni per un’elaborazione del lutto non fisiologica sono proprio legati alla situazione con cui si sono verificate le perdite delle persone care, in particolar modo la separazione traumatica per il ricovero, l’impossibilità di vedere o sentire il proprio caro e di avere costanti aggiornamenti sullo stato di salute, l’impossibilità di accompagnare la persona amata negli ultimi istanti di vita, la minaccia percepita di possibili perdite multiple, l’assenza del corpo da piangere, della normale ritualità di addio e l’isolamento sociale per i superstiti in quarantena che non ha permesso il ricevere calore e affetto dai familiari e dalla propria comunità di riferimento.

 

A questi fattori di rischio si aggiungono sentimenti forti di rabbia, senso di colpa di poter essere stato veicolo di contagio e soprattutto un forte senso di impotenza.

 

Il lutto resta così un evento sospeso in un’atmosfera di incredulità e incertezza che amplifica il dolore e la possibilità di una risoluzione spontanea.

 

Gli interventi di supporto che possono essere forniti assumeranno un ruolo fondamentale nel processo di elaborazione della perdita nel momento attuale e durante gli anni successivi all’evento. Questi avranno lo scopo di prevenire o ridurre l’impatto potenzialmente negativo degli stress estremi che possono causare trauma psicologico ed evitare il rischio che il processo del lutto conduca a patologie psichiche.

 

Un aspetto essenziale in questo momento è costituito dalla normalizzazione delle reazioni al lutto: non è l’espressione delle emozioni dolorose a far male ma la loro soppressione.

 

Quando la morte si presenta in modo inaspettato e porta con se elementi traumatici lascia le persone con la convinzione che qualcosa poteva essere fatto per evitare la sua morte. Rivivere ciò che si sarebbe potuto fare per “salvare” la persona amata è un’esperienza comune a chi soffre la perdita scaturendo forti sensi di colpa e sentimenti di autoaccusa.

 

Il ripercorrere gli eventi nella memoria o nella conversazione è un modo naturale e necessario di far fronte a ciò che è accaduto. Per colmare questo bisogno possiamo utilizzare la narrazione come strumento per onorare la figura di chi non c’è più, collocando nel tempo e nello spazio ricordi ed emozioni collegate, così da restituire appartenenza e offrire la possibilità di esprimere ciò che si muove dentro; è un modo di accompagnare il defunto nel suo viaggio, di potergli dire addio fornendo gli elementi per una possibilità adattiva di risoluzione ed elaborazione delle informazioni.

 

Appena possibile sarebbe opportuno poter recuperare i riti di passaggio che sono stati sospesi durante il lockdown così da poter “riavviare” il meccanismo di elaborazione del lutto.

 

L’ostacolo maggiore si ritrova nello sconvolgimento che si verifica in questa situazione visto che l’esperienza del lutto è assolutamente discrepante con le credenze di prevedibilità di questo evento in questo momento storico. Riveste quindi importanza occuparci di questa discrepanza cambiando le proprie rappresentazioni cognitive e le proprie percezioni in modo tale da attenuare la terrificante disillusione con cui il sopravvissuto deve fare i conti.

 

Altrettanto di complessa elaborazione sono le morti multiple che in questo scenario si sono frequentemente presentate. Ci si riferisce alla perdita di due o più persone nello stesso evento o più perdite che si verificano in successione in un breve arco temporale. In entrambi i casi si realizza un sovraccarico emotivo che può ostacolare la normale elaborazione del lutto.

 

Il sopravvissuto a morti multiple verificatesi simultaneamente deve confrontarsi con molti dilemmi, ciascuno dei quali richiede elaborazione.

 

Probabilmente, il problema di elaborazione più critico sarà costituito dallo stordimento psichico che le morti multiple possono generare a causa dell’alto livello di sofferenza, perdita del sistema di sostegno interpersonale e le domande e conflitti determinati da lutti multipli.

 

In linea generale è opportuno individualizzare il percorso terapeutico valutando accuratamente i significati e le ragioni di ogni sopravvissuto rispettando sempre le priorità della persona, adattandosi alle aspettative relative all’intensità delle sue reazioni e connettere il sopravvissuto con altre fonti e sistemi di supporto sociale.

 

Un gran numero di scenari di morti multiple contengono elementi che producono anche risposte di stress post-traumatico che contribuiscono alla gravità del lutto. Per ogni persona cara scomparsa, esiste la possibilità di lutto complicato non solo per le difficoltà e i conflitti inerenti il cordoglio per morti multiple ma anche a causa della contiguità dei cordogli. Il terapeuta può aiutare il sopravvissuto a superare le singole morti facendo attenzione che le difese e le resistenze causate dall’elaborazione di una morte non si generalizzino in modo inappropriato alle altre.

 

È opportuno in ogni caso occuparsi di ogni forma di colpa del sopravvissuto così da non ostacolare l’adattamento alle perdite subite.

 

 

 

Per approfondimenti:

 

– “Il lutto”. A.Onofri, C.L.Rosa. Giovanni Fioriti Editore 2015.