di
Debora Pratesi

bambino, famiglia e scuola in un approccio multimodale.

 

Il mutismo selettivo è un disturbo caratterizzato dalla persistente incapacità di parlare in alcuni contesti specifici, a scuola, oppure a casa, o in altri contesti sociali, o nell’interazione con alcuni interlocutori specifici come il gruppo dei pari o adulti, con i quali ci si aspetterebbe invece una normale competenza linguistica verbale. Il disturbo si manifesta pur di fronte al normale sviluppo generale e in particolare all’adeguato sviluppo del linguaggio per l’età ed a una mantenuta capacità di parlare e comprendere la propria lingua in altri contesti.

Questo disturbo caratterizzato da una forte ansia che blocca la parola,  soggetti vorrebbero parlare, ma non ci riescono. Si tratta di una condizione di incapacità dovuta all’ansia, non di rifiuto o di sfida, infatti nelle circostanze in cui l’ansia non è elevata, i soggetti parlano normalmente.

Per un approfondimento dell’inquadramento diagnostico si legga “Mutismo selettivo: se il mio bambino fosse solo timido?”)

Ma come si interviene sul Mutismo Selettivo?

In primo luogo, per uscire dal mutismo selettivo occorre lavorare per fondare delle “nuove basi” seguendo una direzione lineare tra tutti i “sistemi” che accolgono il soggetto. La velocità della risoluzione dipende dalla diagnosi precoce e dalla capacità di cooperazione di tali sistemi.

È importante agire senza minimizzare il disturbo, considerandolo semplice timidezza, né drammatizzarlo, considerandolo un male incurabile.

Si parla quindi di intervento multimodale perché appunto vanno coinvolti tutti i sistemi che interagiscono con il soggetto: scuola, famiglia, altri contesti e bambino.

La prima cosa da fare quando si scopre che un bambino/ragazzo vive la condizione di mutismo selettivo è ACCETTARE E COMPRENDERE che si tratta di una condizione che richiede tempo ed impegno, ma che probabilmente è possibile risolvere; non far sentire il bambino malato, avere pazienza senza saltare da un professionista all’altro o da un metodo all’altro o peggio ancora da un’etichetta diagnostica all’altra, senza dare il tempo agli interventi di funzionare. Questo per non far maturare l’idea che il problema non sia risolvibile. Per questi soggetti è fondamentale sentirsi accettati con il loro silenzio, non reputarsi identificabili con esso.

La seconda cosa da fare è ORGANIZZARE le informazioni sul mutismo selettivo e sugli aiuti possibili.

Dopodiché bisogna ATTIVARSI. Per aiutare un soggetto con mutismo selettivo è necessario prendere atto che vanno adottati dei cambiamenti, mettendo in discussione ed in gioco. Significa aprirsi e rimodulare il modo in cui si pensa e si gestiscono i rapporti in casa o nelle aule: ogni passo è fondamentale alla risoluzione.

La direzione per uscire dal mutismo selettivo è data quindi dall’azione combinata, coordinata e continuativa dei tre sistemi in cui il soggetto è maggiormente in contatto: FAMIGLIA, SCUOLA e SPECIALISTI attraverso un lavoro di squadra che consente ai soggetti di sperimentare, concretamente, che la minacciosità percepita è mitigabile e aprirsi progressivamente.

La via percorsa da questi tre sistemi consente la promozione del CONTATTO, dell’ PERTURA e della COMUNICAZIONE dentro e fuori le mura di ogni contesto.

Le singole azioni dirette a risolvere questo problema poggiano su sei specifici gradini alla base di ogni intervento.

  1. Potenziare il non verbale. La comunicazione non verbale è molto più potente delle altre, veicola i messaggi maggiormente, risulta quindi una risorsa di grande qualità e va considerata come opportunità di riscoprire e potenziare una parte essenziale del nostro scambio comunicativo. Questo si può concretizzare in attività che valorizzino le abilità, che facciano sentire questi soggetti competenti utilizzando giochi che prevedano contatto corporeo e movimento, utilizzare qualsiasi mezzo alternativo di comunicazione (musica, movimento, pittura, disegni, mimo, creatività varia), utilizzare sorrisi o sguardi come modalità di “intesa” senza cercare con insistenza il contatto visivo diretto.
  2. Dare rinforzi positivi specifici. La selettività dei soggetti con mutismo selettivo si esprime anche in quella che possiamo definire memoria selettiva per errori, cosa che li conduce a ricordare prima e meglio ciò che non sono riusciti a fare. Occorre quindi orientare i rinforzi positivi riferendoli ai successi, all’efficacia e alla competenza che in quel momento o situazione li vede protagonisti. Ad esempio apprezzando piccoli tentativi di aprirsi a esperienze o attività nuove, parlare positivamente dei loro comportamenti, ricordare i loro successi.
  3. Non fissarsi sul mutismo selettivo. I bambini/ragazzi hanno il mutismo selettivo, non sono il mutismo selettivo. Non pensare a questo disturbo come una tragedia insuperabile, mostrarsi aperti, genuini, sinceri, affidabili e creare uno spazio empatico senza criticarli o giudicarli, trattarli come se ci fosse dimenticati del loro mutismo selettivo senza sollecitare forzatamente risposte verbali. Nel momento in cui si aprono al verbale non puntare loro attenzione, perché così facendo passiamo loro il messaggio che parlare è una performance che ci aspettiamo, occorre invece fare i distratti dando per scontato che sono perfettamente in grado di parlare, perciò quando e se lo fanno, fare come se ciò non avesse nulla di straordinario.
  4. Dare l’esempio. I bambini imparano tanto osservando gli adulti, apprendono da noi cosa facciamo e come lo facciamo piuttosto da come lo diciamo. Adottare quindi comportamenti, anche se non usuali, per essere loro da esempio, come provare attività fuori dalla nostra routine o eseguire un’attività sbagliando.
  5. Credere in loro. Se pensiamo a loro come a dei “pulcini” incapaci che staranno al sicuro solo se noi saremo vicini a loro, percepiranno questo da loro stessi, mentre devono invece rispecchiarsi in volti che hanno fiducia in loro, nelle loro possibilità, forza e competenze. Affidargli compiti di responsabilità ed autonomia, coinvolgerli nel ménage quotidiano e nelle attività che li riguardano, senza escludere a priori attività per timore che non sappiano gestirne le conseguenze emotive, tutto questo accompagnato da gesti di apprezzamento non verbali e rinforzi positivi.
  6. Non mentire. Parlare in modo aperto delle proprie emozioni, specificandone il motivo e normalizzando l’emozione e della sua utilità. Spesso è forte la tentazione di mentire o omettere informazioni per il timore di peggiorare la condizione ma i bambini/ragazzi sono attenti osservatori, quindi percepiranno se qualcosa  non va e allora mentire o non dire la verità andrà a inficiare la nostra affidabilità ai loro occhi e a rinforzare l’idea che il silenzio è la migliore soluzione.

Il nucleo centrale del trattamento prevede a costruire, insieme alla famiglia e alla scuola, esperienze di apertura verso più contesti sociali in modo da attivare cambiamenti di prospettiva e di senso e favorire nei soggetti e nelle sue figure di riferimento nuove modalità di esplorazione degli ambienti relazionali con tonalità emotive non limitate all’ansia e alla paura ma con la possibilità di aprire processi autoriflessivi volti alla costruzione di nuovi significati e al loro consolidamento.

Tutti gli interventi che vengono effettuati sono studiati in modo attento alla qualità della relazione che si crea con questi soggetti, in famiglia e a scuola.

La terapia cognitivo-comportamentale lavora nello specifico su due piani:

  • Comportamentale: aiutando i soggetti a cambiare i loro comportamenti attraverso tecniche di rinforzo positivo, di shaping, esposizione graduale, comunicazione defocalizzata, automodellamento.

In età infantile e nella seconda infanzia il nucleo fondamentale del trattamento sarà il lavoro clinico con i genitori attraverso un percorso di parent-training ed un programma ad orientamento comportamentale.

Proseguendo nello sviluppo si delineeranno nuove condizioni cognitive che porteranno il mutismo selettivo ad arricchirsi della vera e propria ansia sociale e cresceranno nei soggetti nuove capacità di introspezione, consapevolezza emotiva, per cui il trattamento si estenderà anche all’utilizzo delle tecniche cognitive.

  • Cognitiva: che li aiuta a cambiare le loro credenze, ridurre l’ansia, aumentare l’autostima, lavorare sulla consapevolezza emotiva e sull’espressione delle emozioni e fornire strategie per stabilire e mantenere relazioni interpersonali.

La FAMIGLIA verrà da subito coinvolta nel processo di trattamento del bambino/ragazzo mantenendo con loro e con la scuola un rapporto diretto e continuativo e organizzando momenti di incontro tra famiglie per facilitare il contatto tra il bambino e i suoi coetanei.

Obiettivo ultimo è la generalizzazione dei processi di apprendimento dal setting terapeutico all’ambiente esterno.

 

 

 

Per approfondimenti:

  • Mutismo selettivo. Sviluppo, diagnosi e trattamento multisituazionale. A cura di Rezzonico G., Iacchia E., Monticelli M. Franco Angeli, Milano 2018.
  • Fiat Vox. Psicoterapia, psicodiagnostica e psicotecnologia del mutismo selettivo. D’Ambrosio M. Franco Angeli, Milano 2019.
  • Momentaneamente silenziosi. Guida per operatori, insegnanti e genitori di bambini e ragazzi con mutismo selettivo. Iacchia E., Ancarani P. Franco Angeli, Milano 2018.