di
Debora Pratesi

La violenza psicologica, una sottile forma di abuso spesso messa in atto all’interno delle mura domestiche e spesso non denunciata per difficoltà a riconoscerla.

Più diffusa di quanto si pensi, anche se estremamente dannosa, perché rappresenta una forma subdola di violenza, sottile e insidiosa perché non avendo effetti evidenti resta in genere nascosa e sottovalutata.

Rappresenta invece una delle più forti e distruttive espressioni manipolatorie di esercizio del potere e controllo sulla persona, è un modo per marcarne la presunta inferiorità, per denigrarla fino a farle perdere la coscienza del proprio valore e può avere effetti molto gravi su chi ne è vittima o anche spettatore.

Essa viene agita soprattutto attraverso la comunicazione che ha lo scopo di sottomettere mentalmente l’altro. Spesso si considera la vittima complice perché essa non si ribella, ma questa incapacità può essere in   realtà il risultato della lenta distruzione psicologica subita.

Questo tipo di manipolazione inizia generalmente con un atteggiamento passivo-aggressivo, fondato sulla svalutazione, sul ricatto, sulla noncuranza, sulla privazione della privacy, che disorienta in maniera subdola chi ne è la vittima. Le modalità manipolatorie possono verificarsi anche in una relazione positiva, equilibrata, senza arrivare a costituire un quadro patologico. In una coppia può capitare di voler ottenere qualcosa dal partner, di indurlo ad assumere scelte che rispondano ai propri obiettivi. Tali manipolazioni però risultano innocue se occasionali e soprattutto rinunciabili. In un contesto relazionale caratterizzato da reciprocità in genere non c’è sbilanciamento, il potere può essere gestito da entrambi. Ma è il carattere di continuità, ripetitività e unidirezionalità dei meccanismi manipolatori di plagio che ne caratterizza l’aspetto violento e patologico. Nelle espressioni più gravi può esserci un tentativo pianificato di distruzione psicologica dell’altro tramite la manipolazione, detta “Gaslighting”. Il termine deriva dal dramma teatrale Gaslight, dramma in cui un marito cerca di portare la moglie alla pazzia modificando di nascosto elementi dell’ambiente per convincerla che le sue percezioni sono confuse.

La difficolta a riconoscerla può anche essere dovuta a questo  meccanismo perverso che porta spesso i persecutori ad alternare momenti affettuosi a atteggiamenti prevaricatori, negando verbalmente i maltrattamenti attuati. Viene poco riconosciuta perché si stabilisce come modalità relazionale all’interno della coppia o della famiglia. Potrebbe essere riconosciuta solo quando tali comportamenti diventano abituali, quando è presente un silenzio immotivato, sguardi carichi di rancore e disprezzo, alternati ad offese, minacce, umiliazioni e provocazioni volte a ledere l’autostima e a manipolare i sensi di colpa della vittima.

Spesso la conseguenza è una paralisi, provocata dal dolore e dalla sofferenza emotiva, in una vittima confusa che così rischia di non riconoscere l’aggressione subita e addirittura a giustificare la persona che ha messo in atto tale comportamento. Conduce alla perdita di coscienza del proprio valore e potrebbe rappresentare l’anticipo di altre forme di violenza dopo aver reso la vittima insicura e vulnerabile ad altre forme di vittimizzazione e ad incapacità di reagire. La profonda sofferenza psicologica che si struttura nel tempo ne mina profondamente la personalità  e il senso di fiducia in se stessi, oltre che negli altri, arrivando a compromettere seriamente la qualità di vita della persona e di tutte le sue relazioni.

Diventano vittime di tale forma di violenza anche le persone che assistono a ciò ma che non sono direttamente i bersagli, come bambini e adolescenti; si parla in questo caso di “violenza assistita” in quanto maltrattamento psicologico che comporta effetti a livello emotivo, cognitivo, fisico e relazionale con stati di profonda sofferenza psicologica che si possono protrarre anche nella vita adulta. Le vittime, soprattutto se l’esperienza di vittimizzazione psicologica si è protratta nel tempo, impegnano spesso tempi lunghi per uscire da tali contesti e dalle relazioni violente.

L’aspetto più pericoloso della violenza psicologica subita è che da essa i bambini ne imparano la normalità: l’affetto così può essere associato alla sopraffazione, all’offesa, all’aggressione, apprendendo la legittimità della violenza. Infatti la convivenza per tempi medio-lunghi con situazioni di maltrattamento psicologico può provocare nelle vittime, dirette e indirette, una condizione di destrutturazione psicologica e di grande sofferenza in cui i confini tra giusto e sbagliato, legittimo e non , diventano labili, con alterazione delle capacità di pensiero e di scelta autonoma.

 

Per approfondimenti

  • La persecuzione del bambino. Le radici della violenza. Miller.
  • Aggressività e violenza. Fenomeni e dinamiche di un’epoca spaventata. Lazzerini, Bollani, Rota.