di
Niccolò Varrucciu

Cosa s’intendiamo per ipnoterapia cognitivo-comportamentale?

Questo termine viene spesso utilizzato in riferimento all’integrazione dell’ipnosi con la terapia cognitivo-comportamentale.

Tuttavia, come vedremo, può significare anche una riconcettualizzazione cognitiva-comportamentale dell’ipnosi, attraverso una spiegazione dei processi psicologici coinvolti nella “trance ipnotica”.

Secondo quest’ottica l’ipnosi si configurerebbe come una tecnica di “suggestione immaginativa”, utilizzata per stimolare un’immaginazione cosciente e profonda, efficace per agevolare un cambiamento  di natura clinica.

Molti altri modelli, di matrice decisamente differente, hanno cercato di spiegare l’ipnosi, come per esempio il celebre approccio ericksoniano.

Tuttavia, tenendo bene presente il metodo evidence-based, possiamo risalire ad antenati comuni.

Già Braid, nel 1842, ha definito l’ipnosi con una forma di concentrazione conscia e immaginazione attiva e non uno stato di trance, oltre a concettualizzare le suggestioni come sostanzialmente autoindotte, con l’ipnotista nei panni di guida, per aiutare la persona a focalizzare l’attenzione su un’idea prevalente. Braid, che in vita adottò sempre un approccio scientifico ed empirico, avvicina molto questa modalità all’approccio cognitivo-comportamentale: è infatti facilmente inferibile come Egli consideri l’ipnosi come un processo di focalizzazione dell’attenzione su un pensiero capace di evocare dei comportamenti specifici, overt (manifesti) e covert (non manifesti o interni).

Molti altri illustri clinici hanno utilizzato l’ipnosi nella loro pratica, come Josep Wolpe, noto comportamentista, che originariamente descrisse questa tecnica come “desensibilizzazione ipnotica” (Wolpe, 1958), o Andrew Salter, uno dei co-fondatori della terapia comportamentale e uno dei principali pionieri dei training sull’assertività, che descrisse l’ipnosi come “terapia del riflesso condizionato”, basandosi sugli studi di Pavlov e Hull (Salter 1949).

Questi ultimi proposero un visione dell’ipnosi come “inibizione corticale”; in contrapposizione con l’utilizzo psicodinamico dell’ipnosi, i ricercatori sovietici proposero una terapia di condizionamento ipnotico breve supportato da numerose prove cliniche sperimentali (Platonov, 1959).

Recentemente Irving Kirsch (2018) ha enfatizzato l’integrazione fra tecniche immaginative cognitivo-comportamentali e ipnosi nel trattamento di alcuni disturbi d’ansia.

Un ulteriore elemento di sovrapposizione fra tecniche ipnotiche e cognitivo-comportamentali fu identificato dallo psicologo comportamentista Hull (1933), il quale concluse che non ci fosse una sostanziale distinzione tra un’induzione ipnotica e una suggestione ordinaria, fatta eccezione per il fatto che le induzioni ipnotiche sembravano essere seguite da un relativo incremento della suggestionabilità.

Sembrava dunque che, contrariamente al sapere comune, prodotti mentali come regressione, amnesia, allucinazioni, caratteristici dei resoconti post trance ipnotica, si potessero manifestare anche in regime di suggestione ordinaria.

In questa direzione, Barber (1974) ha ridefinito l’ipnosi come un set cognitivo consistente di pensieri, immagini, aspettative, motivazione, coinvolgimento, fantasie, orientamento al risultato e sensazioni fisiche specifiche, tutti elementi cardine del panorama cognitivista.

Studi di neuroimaging  hanno dimostrato l’attivazione di specifici pattern neurologici in differenti tipi di suggestione (Raiville, 2000), confermando che il soggetto sottoposto a ipnosi non risponda meccanicamente alla suggestione ma bensì attivi un processo creativo di problem solving in situazione d’immaginazione.

In conclusione, da questo breve excursus sembrano emergere basi comuni tra l’ipnosi e la terapia cognitivo-comportamentale, nella dimensione in cui la tecnica ipnotica inneschi dei processi cognitivi endogeni della persona, aiutandola a trovare soluzioni di maggiore efficacia.

Riprendendo Beck, padre del cognitivismo moderno, la terapia cognitiva come un approccio eclettico in cui possono essere inserite tecniche diverse, che rispettino principi di coerenza, derivino da una corretta formulazione del caso e trovino spazio in un contesto di collaborazione e di scoperta guidata, con un monitoraggio sistematico dei progressi (Alford e Beck, 1997, p. 91).

Tenendo sempre un atteggiamento di cautela e fermo in mente un approccio di tipo empirico, alcuni studi indicano alcune ragioni per integrare l’ipnosi nella terapia cognitivo-comportamentale, come la capacità d’indurre stati di rilassamento e/o dissociazione, utile in alcune condizioni cliniche, ad esempio il controllo del dolore, maggior vividezza di dettagli nelle immagini mentali e un accesso facilitato all’esperienza emozionale.

Per ritornare alla domanda iniziale di questo articolo: “è possibile un’integrazione efficace tra ipnosi e terapia cognitivo-comportamentale?”. Ai lettori, clinici e non, l’ardua risposta.

 

Bibliografia:

  • Robertson D., “The practice of cognitive-behavioural hypnotherapy. A manual for Evidece-based Clinical aHypnosis”, Karnac, 2013
  • Braid J, “The discovery of hypnosis: the comple writing of James Braid, the father of hypnotherapy”, The Hational Council for hypnotherapy (NCH), 1843
  • Wolpe J., “Psychotherapy by reciprocal inhibition”, Standford University Press, 1958
  • Salter a., “Conditioned reflex therapy”, Wellnes Institue Ltd, 1949
  • Kirsch I., Clinical hypnosis as a nondeceptive placebo in Kirsch I, Capafons A, Cardena-Buelana E “Clinical Hypnosis e Self-regulation: cognitive behavioural perspective”, Washington APA, 1999
  • Hull, CL, “Hypnosis e suggestibility: an experitmental approach”, Crown House Publishing, 1933
  • Platonov K, “The word as a physiological and therapeutic factor: the theory and practice of psychotherapy according to IP Pavlov”, Foreing Language publishing house, 1959
  • Barber TX, Spanos NP, Chaves JF, “Hypnotism, imagintation e Human Potentialitie,”, Pergamon Press, 1974
  • Alford BA, Beck AT, “The integrative power of cognitive therapy”, Guilford, 1997
  • Chapman RA, “The clinical use of hypnosis in cognitive behaviour therapy”, Springer Publishing Company, 2006
  • Lynn SJ, Rhue JW, “Theories of hypnosis”, the guilford press, 1991
  • Lynn SJ, Kirsch I, “Essential of Clinicaly Hypnosis. An evidence based approach”, American Psychological Association, 2006