Cos’è il dolore? E chi non lo conosce?

Eppure non è detto che ciò che per me è

 doloroso lo sia anche per gli altri,

o che lo sia nella stessa misura”.

 

Il dolore è un’esperienza emozionale naturale, ha una sua collocazione nella vita, una sua funzione profonda, può essere fisico, o emotivo, un dolore dell’essere, del sentire.

Il dolore, di qualunque natura sia, ci mette nelle condizioni di pensare ad un pericolo per la nostra integrità, fisica o psichica.

Il dolore emotivo solitamente è un segnale relativo al senso di perdita di un oggetto d’amore, è un’esperienza che può essere percepita come insopportabile e può quindi produrre effetti negativi.

La perdita ci provoca dolore e quando ne siamo colpiti spesso cadiamo in preda al panico, ci gettiamo nella disperazione, il che ci abbatte ulteriormente.

Durante il corso della vita è possibile “perdere” una varietà di beni o persone per noi importanti, sperimentando “piccoli e grandi dolori”, è inevitabile vivere l’esperienza del dolore, è comune a tutti, non si può vivere senza sperimentarla in mille modi diversi. Esempi di esperienze di perdita possono essere rappresentate dal pensionamento, dall’allontanamento di una persona cara, un trasferimento in una città diversa da quella di origine, la separazione dal coniuge, la compromissione della salute, la perdita di un animale domestico, la morte di una persona cara che generalmente è la perdita di maggior valore. Ma il dolore per una perdita, di qualsiasi natura sia, è una parte naturale dell’esperienza umana. Tutte queste perdite mettono in moto il meccanismo del lutto.

Cosa sarebbe utile sapere del processo di elaborazione del lutto come esperienza di perdita, per poterlo meglio affrontare?

Il lutto è un’esperienza complessa che mette in moto una serie di reazioni emozionali, comportamentali e cognitive e che comporta il manifestarsi di fasi tipiche, caratterizzate da uno specifico pattern di emozioni, reazioni somatiche, atteggiamenti cognitivi e comportamentali.

  1. Fase di stordimento/incredulità: in cui si riconosce l’impossibilità a rendersi conto della perdita subita, fino, in alcuni casi, alla totale negazione dell’evento luttuoso. Dopo una tragica esperienza di perdita talvolta restiamo anestetizzati in modo da non dover affrontare immediatamente la dura realtà; questo stato di choc può durare alcune ore o giorni, appare come una temporanea fuga dalla realtà. Esso viene poi interrotto da momenti di consapevolezza dell’evento reale in cui si manifestano emozioni intense come la disperazione, la rabbia, il panico preannunciando la sofferenza intensa che seguirà.
  2. Fase di ricerca e struggimento per l’oggetto perduto: è la fase del cordoglio acuto, di intenso dolore, angoscia, ansia, disperazione rabbia per la crescente consapevolezza della realtà della perdita subita. Si sviluppano modalità comportamentali tipiche come irrequietezza motoria, insonnia, difficoltà di concentrazione ma con focalizzazione su tutto ciò che ricorda la persona perduta, ripercorrere mentalmente gli eventi che hanno portato la perdita. È una fase in cui i comportamenti e l’attività cognitiva sono organizzate in una continua ricerca della persona perduta come tentativo di sentirla vicina, ma subito dopo si sprofonda in una dolorosa delusione e disperazione per la consapevolezza della realtà.
  3. Fase di disorganizzazione e disperazione: le continue delusioni nel cercare la persona cara portano ad una più consapevole impossibilità di recuperarla e quindi la disperazione, l’apatia e l’umore depresso sono caratteristiche in questa fase. Il vuoto lasciato non si colma più e l’assenza diviene consapevolmente irreversibile. La speranza di ritrovare la persona perduta via via si affievolisce lasciando spazio ad un’attenzione sul resto del mondo.
  4. Fase di riorganizzazione (più o meno riuscita): dopo la completa realizzazione della realtà si instaura una graduale e presa di coscienza del mutamento che è avvenuto nella propria vita con una conseguente ed obbligata riorganizzazione del proprio mondo interno.

E’ importante accogliere il dolore nelle sue manifestazioni precoci, quando è possibile, deciderne il senso e fare qualcosa per reagire, senza aspettare che esso divenga intollerabile e ci induca quindi ad azioni esasperate. Accolto precocemente, il dolore rivela una dimensione densa di potenzialità positive; finché è tollerabile si presta a farci agire per modificare la situazione, ci induce a riformulare la visione delle cose e a cercare nuove prospettive. Come tutti i segnali di disadattamento ci spinge a muoverci per trovare un adattamento migliore alla vita. In questa dimensione il dolore non è un problema, è una parte utile della vita che non ci impedisce di sperare, amare e crescere.

 (Debora Pratesi)

Per approfondimenti:

  • Westberg G. E. (2009). Elaborare la perdita: un approccio positivo al fallimento, al distacco, al lutto. Edizioni Messaggero. Padova.
  • Gastaldi S. (2010). La terapia degli affetti: piccola fenomenologia quotidiana del mondo sommerso. Franco Angeli. Milano.
  • Mancini F., Rainone A. (2008). Bloccati tra illusione e disperazione. In Cognitivismo Clinico, 5,1,66-70.

 

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