di
Francesco Baccetti

Le funzioni genitoriali tra trasformazioni sociali, coniugalità, generativà e orientamento sessuale

Oggi più che mai risulta utile riflettere sul concetto di famiglia e di funzione genitoriale, le trasformazioni che hanno investito le strutture familiari e conseguentemente le declinazioni della funzione genitoriali ci spingono ad acquisire paradigmi di analisi che, non incorrendo in bias di tipo cognitivo, sono impostati sulla ridefinizione critica delle categorie epistemologiche da adottare per leggere la nostra contingenza storico-sociale.

Un primo dato di realtà dal quale partire è che le odierne tipologie di composizione familiare si configurano come molteplici, con la conseguenza che anche i contesti in cui la funzione genitoriale può esplicarsi risulta essere molteplice, mettendo in campo una specificità che non va approcciata come deviazione dalla norma, ma anzi come differenza da studiare nella sua peculiarità e come occasione di crescita.

Spostando l’attenzione sul costrutto della genitorialità è possibile osservare che, accanto a una sua espressione all’interno di una famiglia nucleare fondata sull’istituto del matrimonio e sulla continuità tra cura  e dimensione coniugale, esistono modalità di esercizio della funzione genitoriale che aprono un varco rispetto ai contesti ad oggi socialmente riconosciuti, introducendo modelli di organizzazione interna che risultano essere differenti, ma non per questo alternativi e contrapposti a essi.

Torniamo un passo indietro sulla definizione di genitorialità per poter leggere in seguito le trasformazioni sociali alla luce di tale costrutto.

In termini psicologici la genitorialità può essere intesa come una funzione psicologica fortemente connessa alle competenze di cura.

 

La genitorialità è una funzione che qualsiasi individuo, indipendentemente dall’essere genitore, sviluppa fin dai primissimi momenti della propria vita (Fava Vizziello, 2003), delineandosi come uno spazio psichico che inizia a formarsi precocemente attraverso l’interiorizzazione di schemi comportamentali legati alla dimensione della cura, scripts, messaggi verbali e non verbali, aspettative, desideri, esperienze, rappresentazioni, ricordi, miti, modelli comportamentali e relazionali, fantasie, angosce legate alla propria storia affettiva in continua evoluzione, insieme a tutto il sistema di fantasie veicolate dalle figure genitoriali (Bastianoni & Taurino, 2007).

Rispetto al campo delle caratteristiche e delle funzioni nelle quali si declina un buon esercizio della funzione genitoriale, è possibile rilevare  un sistema di competenze costituito da diverse sotto-funzioni (Taurino, 2016).

Tali sotto-funzioni sono strettamente collegate, alle capacità dell’individuo di:

  • garantire le funzioni di base (nutrimento, accudimento, protezione dai pericoli);
  • assicurare presenza, condivisione, affettività, educazione, etc.;
  • provvedere all’altro, conoscerne l’aspetto e il funzionamento corporeo e mentale in cambiamento, esplorandone via via le emozioni (Fava Vizziello, 2003);
  • riconoscere i segnali di bisogno dell’altro (Bornestein, 2003);
  • cogliere lo stato della mente dell’altro. A questo proposito Meinse e collaboratori (2002) introducono il concetto mind-mindedness, intesa come la capacità del caregiver di pensare il/la bambino/a come dotato/a di una mente fin dai suoi primissimi momenti di vita, trattandolo come soggetto dotato di una mente. Gli autori hanno offerto una definizione operazionale di tale costrutto, identificandolo soprattutto come la capacità del caregiver di commentare, interpretare e restituire gli stati emotivi del/della bambino/a, espressi o inferti durante le attività di gioco di quest’ultimo/a nei primi anni di vita (Meins et al., 2002);
  • percepire la soggettività dell’altro, come processo che contrasta il desiderio di vedere l’altro come parte o derivato di se stessi, in un processo attivo di intersoggettività che precisi quali sono i confini da rispettare, perché il problema del confine corporeo o psichico è importante in tutti rapporti, ma in modo particolare nella genitorialità (Fava Vizziello, 2003);
  • garantire protezione, attraverso la costruzione di pattern interattivo-relazionali legati all’adeguatezza dell’accudimento emotivo-affettivo e centrati sulla risposta al bisogno di protezione fisica e sicurezza (Bowlby, 1976; 1978; 1982; 1983; 1989; Brazelton & Greenspan, 2001);
  • entrare in risonanza e sintonizzazione affettiva con l’altro senza esserne inglobato, strutturando un mondo di affetti come dimensione emotivo-affettivo in cui l’altro è inserito (Stern, 1998, 2007);
  • fornire regolazione, laddove per regolazione si intende la strutturazione di strategie che mettano l’altro nella condizione di “regolare” i propri stati emotivi e organizzare l’esperienza e le risposte comportamentali adeguate che ne conseguono (Beebe & Lachmann, 2003);
  • dare dei limiti, una struttura di riferimento, un frame che risponda a quel fondamentale bisogno soggettivo di vivere dentro una struttura di comportamenti coerenti (funzione normativa della genitorialità);
  • prevedere il raggiungimento di tappe evolutive dell’altro (funzione predittiva della genitorialità); genitori adeguati sono coloro che sanno percepire in modo realistico gli stadi evolutivi dei bambini e sanno nel contempo intuire quei comportamenti che sviluppano e promuovono nuovi comportamenti (Manzano, Palacio-Espasa & Zolkh, 2001);
  • consentire all’altro, sulla base di interazioni reali, la costruzione di schemi rappresentazionali relativi all’essere-con (Stern, 2007) (funzione rappresentativa della genitorialità);
  • dare un contenuto pensabile e/o sognabile, in definitiva utilizzabile dall’apparato psichico (funzione significante della genitorialità); Bion (1962) parla di funzione alpha genitoriale come capacità di dare un contenuto utilizzabile dal sistema psichico alle sensazioni, alle percezioni del neonato, che sono ancora prive di spessore dinamico. Il genitore diviene in tal modo un contenitore dentro e attraverso il quale poter cominciare a strutturare la propria possibilità di pensare e pensarsi, in un complesso intreccio intersoggettivo fatto di reciproche proiezioni e identificazioni;
  • stimolare una funzione transgenerazionale, da intendersi come la capacità di immettere l’altro dentro una storia una narrazione (miti e racconti familiari) come contenitore simbolico di un continuum generazionale (nel caso di figli generati) o inclusivamente simbolico (nel caso delle genitorialità non biologiche: adozioni, comunità, etc.).

 

Osservando le varie funzioni presenti nell’esercizio della genitorialità sopraelencate, risulta chiaro che non è né necessario né sufficiente che ci troviamo nei costrutti storicamente e socialmente ritenuti fondamentali per lo sviluppo di un corretto esercizio delle funzioni genitoriali (generatività, coniugalità, matrimonio e unicità del nucleo familiare, tipologie di genere). Cerchiamo adesso di osservarli uno alla volta:

  • generatività: la genitorialità può essere adeguatamente espressa anche in assenza della generatività Il riferimento è al caso delle famiglie adottive, alle situazioni di affidamento familiare, all’affido sine die, all’affidamento a case famiglia o a comunità educativo- residenziali per minori vittime di maltrattamento e abuso;
  • coniugalità: la funzione genitoriale può essere esercitata anche in assenza della relazione coniugale, come nel caso della monoge- nitorialità (ragazze madri/ ragazzi padri) o nelle situazioni di vedovanza;
  • matrimonio: l’esercizio della funzione genitoriale prescinde dal vincolo matrimoniale considerato in passato come unico istituto che ha consentito il riconoscimento legale/sociale della relazione coniugale. Il rimando è al caso delle coppie di fatto con figli nati all’interno di tale tipologia coniugale, oppure alle situazioni di separazione/divorzio in cui la rottura dell’asse matrimoniale non determina di per sé l’interruzione della capacità genitoriale;
  • unicità del nucleo familiare: l’esercizio della funzione genitoriale non va necessariamente ancorato ad un unico nucleo familiare, dal momento che esistono strutture familiari, quali le famiglie allargate, ricomposte, ricostituite, che si articolano su differenti nuclei intersecati fra loro;
  • differenze di genere e differenze di ruolo coniugale: le funzioni genitoriali possono essere esercitate anche in contesti familiari in cui i ruoli coniugali non sono necessariamente legati alla differenza di genere dei partner, come nel caso delle coppie/famiglie omosessuali.

Questa breve riflessione consente di evidenziare il rischio d’incorrere in una confusione categoriale nel momento in cui costrutti quali famiglia, coniugalità socialmente riconosciuta mediante l’istituzione matrimoniale, organizzazione sociale dei rapporti sessuali, genitorialità, parentela, vengono intese come facenti parte di un unico sistema costituito da elementi correlati in modo necessario.

Da tale interconnessione, deriverebbe, in modo distorto, un complesso di rappresentazioni e credenze centrate su un arbitrario riconoscimento del fatto che la famiglia si fonda in modo naturale sul matrimonio, che il matrimonio è (e dovrebbe rimanere) un’istituzione basata su un legame di tipo eterosessuale e che l’esercizio della funzione genitoriale risulta adeguata solo all’interno di una riconosciuta e riconoscibile forma familiare.

La discussione sulle discontinuità che coinvolgono i costrutti di “famiglia” e “genitorialità” nega i presupposti di base di tale impostazione, focalizzando l’attenzione sull’esistenza di una realtà multiforme che non può più essere codificata o decodificata attraverso criteri orientati a definire come disfunzionalità tutto ciò che devia dalla standardizzazione normativa di un modello (quello coniugale nucleare di tipo eterosessuale) inteso come unico termine di comparazione.

La prospettiva introdotta pone in evidenza che per studiare la famiglia, intesa come prodotto ed esito di processi di costruzione so- cio-culturale,  è necessario adottare un orientamento concettuale che depatologizzi i contesti familiari e genitoriali differenti da quelli tra- dizionali, individuandone la peculiarità, i punti di forza, le specifiche modalità di esercitare le funzioni familiari/genitoriali,  nell’ambito di una prospettiva pluralista, che faccia emergere la possibilità di classificare le molteplici forme familiari/genitoriali, all’interno di un’ottica inclusiva e non stigmatizzante.

È di fondamentale importanza accedere a un’integrazione di rappresentazioni e costrutti che, superando pregiudizi e preconcetti, siano in grado di spiegare, analizzare, descrivere i processi alla base delle diverse tipologie familiari ad oggi presenti ed in continua evoluzione.

Tale integrazione introduce categorie di analisi che consentono la legittimazione di configurazioni che, coesistendo con la famiglia nucleare, ampliano il ventaglio della variabilità dell’esistente, presentando la pluralità come valore, ricchezza, possibilità, e non come minaccia, disordine, crisi. In un’ottica d’inclusione e di rispetto dell’altro e della diversità che possa trasformare la differenza in ricchezza e che consideri le strutture concettuali e sociali non come rigide e precostituite, ma come adattabili e duttili in relazione alle trasformazioni sociali e culturali.

 

Per approfondimenti:

  • Taurino, A. (2016) “Due Papà Due Mamme” ed. La Meridiana
  • Taurino, A. (2012). Famiglie e genitorialità Costrutti e riflessioni per la disconferma del pregiudizio omofobico. Rivista Internazionale di filosofia e psicologia, Vol. 3 (2012), n. 1, pp. 67-95.
  • Biblarz, T. J., & Stacey, J. (2010). How does the gender of parents matter? Journal of Marriage and Family, 72, 3–22
  • Cadoret, A.(2002) Genitori come gli altri. Feltrinelli, Milano, 2008
  • Friedman, C. (2007) First Comes Love, Then Comes Marriage, Then Comes Baby Carriage:Perspectives on Gay Parenting and Reproductive Technology, Journal of Infant, Child, andAdolescent Psychotherapy, 6:2, 111-123.
  • Vaughan, S. (2007): Scrambled eggs: psychological meanings of new reproduc- tive choices forlesbians. J. Infant, Child & Adolescent Psychother., 6:141-155.
  • Cadoret, A.(2002) Genitori come gli altri. Feltrinelli, Milano, 2008
  • Bowlby, J., (1989), Una base sicura. Applicazioni cliniche della teoria dell’attaccamento, Torino Bollati Boringhieri
  • Bion, W. (1963), Gli elementi della psicoanalisi. Armando, Roma