di
Stefania Iazzetta

“Tutto è iniziato quando ero ragazzo. Ricordo il vicolo in cui andavo per poter osservare dentro le stanze. Era un richiamo fortissimo, provavo un misto di eccitazione e paura per quel gesto furtivo e proibito. Entrare con lo sguardo nell’intimità di quelle persone e rubare un piccolo frammento per il mio piacere mi inebriava. Quel vicolo pian piano divenne la mia ossessione, durante il giorno le immagini mi si accumulavano nella mente e l’impulso a ritornare li mi dominava. Continuamente ripercorrevo i momenti nel vicolo, eccitandomi, euforizzandomi. Ma poi veniva anche il disgusto di me, l’angoscia di non poter resistere a quel richiamo. “

Le parafilie, in ambito clinico e sessuale, sono fantasie, comportamenti e impulsi, intensi e ripetuti, per interessi sessuali diversi dall’interesse sessuale per la stimolazione genitale o per i preliminari sessuali con partner umani fenotipicamente normali, fisicamente maturi e consenzienti. Sono quindi due le caratteristiche centrali per parlare di parafilia: la ricorrenza dell’eccitazione e il fatto che questa sia valutata come inusuale. Quest’ultimo aspetto è quello che ha suscitato maggiori critiche verso la definizione in quanto è strettamente legato ad una visione occidentale della sessualità non tenendo conto delle diversità culturali e temporali della stessa.
Alcune parafilie riguardano principalmente le attività sessuali svolte dall’individuo (ad esempio l’interesse verso il legare l’altro), altre si riferiscono principalmente agli oggetti verso cui è rivolta l’attività sessuale (ad esempio l’interesse principale e prevalente verso bambini o animali).
La parafilia non è però di per se’ considerata come un disturbo, quindi può non richiedere un intervento specifico. Secondo il DSM 5 si fa diagnosi nel momento in cui questa causa disagio o una compromissione nel funzionamento o nella vita quotidiana della persona, e che questa causi o possa causare danno a se stesso e agli altri.
La presenza di una parafilia, quindi, è una condizione necessaria ma non sufficiente per parlare di disturbo.
Le principali categorie cliniche nel DSM 5 sono:
• Disturbo voyeuristico: la persona prova eccitamento sessuale a fantasie, pensieri o comportamenti legati all’osservare una persona nuda, che si sta spogliando o che ha attività sessuali, senza che questa lo sappia o sia consenziente o che tragga disagio da questo.
• Disturbo esibizionistico: la persona prova eccitazione sessuale da fantasie o comportamenti relativi all’esporre i propri genitali a persone che non se l’aspettano; la diagnosi si fa nel momento che l’individuo mette in atto tali impulsi con persone non consenzienti o se gli procura disagio o compromissione.
• Disturbo frotteuristico : la persona ha eccitazione sessuale da fantasie, desideri o comportamenti relativi allo strofinarsi contro una persona non consenziente.
• Disturbo da masochismo sessuale: la persona prova eccitamento pensieri o comportamenti rispetto al subire umiliazioni, farsi legare, subire violenze fisiche con conseguente disagio o compromissione per chi le attua.
• Disturbo da sadismo sessuale: la persona prova eccitamento e piacere sessuale da pensieri o comportamenti relativi all’infliggere al partner non consenziente umiliazioni, percosse o violenze fisiche o psicologiche.
• Disturbo pedofilico: la persona trae eccitazione e piacere sessuali da pensieri, desideri o comportamenti relativi ad attività sessuali con bambini prepuberi, ossia inferiori ai 13 anni ( si fa diagnosi nel momento in cui il soggetto ha raggiunto i 16 anni e ha almeno 5 anni in più della vittima).
• Disturbo feticistico: la persona prova eccitazione sessuale, pensieri o comportamenti relativi a soggetti inanimati, come capi di vestiario, o interesse per una o più parti del corpo a carattere non genitale , come i piedi.
• Disturbo da travestitismo: la persona trae eccitamento sessuale da fantasie, desideri o comportamenti relativi al travestirsi, solitamente con gli abiti del sesso opposto, in un rapporto eterosessuale.
Il trattamento dei Disturbi Parafilici è estremamente complesso tanto da necessitare un approccio multifattoriale proprio per la complessità stessa di questi disturbi, per la varietà di cause che possiamo indicare alla loro base (sia fattori genetici e neutobiologici, sia fattori ambientali e relazionali che la persona si è trovata a vivere nel corso della sua vita e nelle relazioni più significative), per il forte stigma che spesso si accompagna a questi e l’inadeguata o assente motivazione e alleanza al percorso del paziente.
L’intervento con questi pazienti è un intervento, quindi, necessariamente integrato tra psicoterapia, solitamente ad orientamento cognitivo comportamentale, e trattamento farmacologico.
La terapia cognitivo comportamentale mira ad identificare e modificare le credenze disfunzionali e i pensieri che ne derivano, intervenendo anche sulle condotte controproducenti sostituendole con altre maggiormente funzionali. A questi interventi, si possono associare training sulle abilità socio relazionali e di regolazioni degli impulsi, skills training per la gestione emotiva e della sofferenza e interventi sugli aspetti relazionali ed eventuali tecniche per le disfunzioni sessuali.
Si rende inoltre opportuno affiancare un’approfondita ricostruzione della storia di vita della persona, valutando la presenza eventuali esperienze traumatiche dolorose.

 

Biografia

American Psychiatric Association (2014). Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali. Quinta edizione. DSM-5. Milano: Raffaello Cortina Editore.

Dettore, D. (2001). Psicologia e Psicopatologia del comportamento sessuale. Psicologia McGraw-Hill.