di
Debora Pratesi

I disturbi alimentari consistono in persistenti disturbi del comportamento alimentare e/o in comportamenti finalizzati al controllo del peso corporeo, che determinano danni significativi alla salute fisica e psicosociale.

Insorgono generalmente nell’adolescenza, sono in aumento anche i casi di bambini e adulti diagnosticati con questa tipologia di disturbo. In persone oltre i 40 anni, spesso il disturbo è causato da un evento stressante della vita.

 

Il manuale statistico e diagnostico dei disturbi mentali (DSM-5) riconosce tre disturbi dell’alimentazione principali:

  • Anoressia nervosa;
  • Bulimia nervosa;
  • Disturbo da alimentazione incontrollata (binge eating disorder, BED)

Vengono inoltre riconosciuti altri disturbi dell’alimentazione quali:

  • Anoressia nervosa atipica;
  • Bulimia nervosa a bassa frequenza e/o durata limitata;
  • Disturbo da binge eating a bassa frequenza e/o durata limitata;
  • Disturbo da condotta da eliminazione;
  • Sindrome da alimentazione notturna.

In questi ultimi, le manifestazioni sintomatiche son per lo più sotto la soglia della diagnosi, i pazienti quindi non presenteranno tutti i sintomi e/o tutti i criteri necessari per effettuare con certezza una diagnosi completa.

 

L’anoressia nervosa insorge generalmente nell’adolescenza con una marcata perdita ponderale e il raggiungimento di un peso corporeo molto basso. La perdita di peso è perseguita attivamente seguendo generalmente una dieta ferrea e molto ipocalorica. Alcune persone per perdere peso eseguono un’attività fisica eccessiva e compulsiva. Altre persone si inducono il vomito o usano altre forme non salutari di controllo del peso, come l’uso improprio di lassativi o di diuretici.

Le caratteristiche specifiche dell’anoressia nervosa riguardano:

  • Il sottopeso: avere un Indice di Massa Corporea che risulta sottopeso (18,5), oppure al di sotto di quanto atteso se sono adolescenti o bambine. Il sottopeso deve risultare dalla restrizione dell’apporto energetico rispetto al necessario.
  • La paura di ingrassare: l’intensa paura di prendere peso e/o di diventare grassi, anche quando si è sottopeso. È presente l’intensa paura di “ingrassare” e il pensiero che il loro peso aumenterà in modo incontrollato con una nutrizione regolare.
  • L’eccessiva valutazione del peso e della forma del corpo: presente la percezione corretta delle proprie dimensioni corporee ma giudicate in modo abnorme. Sono insoddisfatte del loro peso e forma del corpo, in particolare considerato troppo grasse alcune parti specifiche del loro corpo. Inoltre basano la valutazione di sé principalmente su quello che dice la bilancia; un aumento ponderale anche minimo determina sensazioni di frustrazione e autosvalutazione; un calo di peso, al contrario, aumenta il senso di autocontrollo, di fiducia personale e di autostima.

L’amenorrea (mancanza di almeno tre cicli mestruali consecutivi) non è un criterio necessario per la diagnosi di anoressia nervosa, ma è comunque un sintomo che deve sempre far sospettare la presenza di un disturbo dell’alimentazione se compare in un’adolescente o in una giovane donna che restringe l’alimentazione.

 

 

La bulimia nervosa inizia, nei casi tipici, con una dieta estrema e rigida e circa un quarto delle persone colpite ha un periodo durante il quale soddisfa i criteri diagnostici di anoressia nervosa. Dopo un certo periodo, gli episodi di abbuffata interrompono la restrizione dietetica e il peso corporeo tende a rimanere nella norma o lievemente al di sopra o sotto la norma, infatti rimangono generalmente di peso normale, alcune lievemente sottopeso altre leggermente in sovrappeso, pochissime in grande sovrappeso.

Nella maggior parte dei casi gli episodi di abbuffata sono seguiti da comportamenti di compenso eliminativi, come il vomito autoindotto, l’uso di lassativi e/o diuretici oppure da comportamenti di compenso non eliminativi, come la restrizione dietetica estrema e rigida o l’esercizio fisico eccessivo e compulsivo.

 

Le caratteristiche specifiche della bulimia nervosa riguardano:

 

  • Ricorrenti episodi di abbuffata: come il consumo di una grande quantità di cibo che consegue una sensazione di perdita di controllo sull’atto di mangiare (es sentire che non ci si può astenere dall’abbuffarsi, oppure non riuscire a fermarsi una volta iniziato a mangiare).
  • Comportamenti di compenso: l’abbuffata è seguita da comportamenti di compenso finalizzati a prevenire l’aumento del peso. Il mezzo più frequentemente utilizzato è il vomito, assunzione di lassativi o diuretici. Ancora possono digiunare per molto tempo o fare esercizio fisico eccessivo.
  • La frequenza degli episodi di abbuffata e dei comportamenti di compenso: devono verificarsi almeno una volta a settimana per tre mesi per fare diagnosi, questo criterio serve a restringere la diagnosi soltanto alle persone che hanno un disturbo ricorrente e persistente.
  • Eccessiva valutazione del peso e della forma del corpo: valutazione del sé basata in modo predominante sul peso e sulla forma del corpo. Si sentono sempre di dover seguire una dieta e sono terrorizzate dall’idea di aumentare di peso; se questo accade si deprimono e fanno di tutto per dimagrire, spesso è proprio questo che li spinge a cercare una cura.
  • Il disturbo non si manifesta esclusivamente nel corso di episodi di anoressia nervosa.

 

Il disturbo da binge-eating presenta le caratteristiche della bulimia nervosa con la presenza quindi di abbuffate ma con la difficoltà a individuare la conclusione di esse in quanto non sono seguite dall’uso sistematico di comportamenti di compenso, come il vomito autoindotto, che pongono termine all’episodio di abbuffata. Gli episodi di abbuffata accadono generalmente in situazioni in cui è presente una tendenza generale a mangiare in eccesso piuttosto che di restrizione dietetica; questo spiega la forte associazione del disturbo con l’obesità.

Le persone che presentano questo disturbo si preoccupano tantissimo del proprio comportamento e lo giudicano un serio problema, sia per la sensazione di perdita di controllo che sperimentano, sia per le implicazioni che gli episodi di abbuffata possono avere sul peso corporeo e sulla salute.

 

Le caratteristiche specifiche del binge-eating disorder riguardano:

 

  • Ricorrenti episodi di abbuffata;
  • La presenza di tre o più delle seguenti caratteristiche:
    • Mangiare molto più rapidamente del normale
    • Mangiare fino a sentirsi spiacevolmente pieni
    • Mangiare grandi quantità di cibo anche se non ci si sente fisicamente affamati
    • Mangiare da soli a causa dell’imbarazzo per quando si stia mangiando
    • Sentirsi disgustati verso se stessi, depresso i molto in colpa dopo l’episodio.
  • Presenza di marcato disagio riguardo agli episodi di abbuffata;
  • Frequenza degli episodi di abbuffata: si verifica, in media, almeno una volta alla settimana per tre mesi;
  • Assenza di condotte compensatorie: l’abbuffata non è associata alla messa in atto sistematica di condotte compensatorie inappropriate come nella bulimia nervosa, e non si verifica esclusivamente nella bulimia nervosa o nell’anoressia nervosa.

 

Lo sviluppo di un comportamento di restrizione alimentare viene spiegato attraverso due vie principali che possono operare contemporaneamente; la prima si presenta negli individui che hanno la necessità di controllare vari aspetti della loro vita quando in circostanze particolari iniziano a spostare i loro sforzi verso il controllo dell’alimentazione; la seconda è l’eccessiva valutazione del peso e della forma del corpo negli individui che ad esempio hanno interiorizzato un ideale di magrezza. In entrambi i casi il risultato è l’adozione di una restrizione dietetica estrema e rigida che a sua volta rinforza la necessità di controllo in generale e del peso e della forma del corpo in particolare.

Quindi, la caratteristica che è quasi sempre presente riguarda l’eccessiva valutazione del peso e della forma del corpo, che rappresenta anche il nucleo psicopatologico centrale. Questa è definita come la tendenza a giudicare il proprio valore in modo predominante o esclusivo in termini di peso e forma del corpo.

La conseguenza è una marginalizzazione di altre aree della vita che porta l’individuo a utilizzare principalmente il peso, la forma del corpo e il controllo dell’alimentazione per valutare se stesso e a non sviluppare aree della vita che sono fondamentali per lo sviluppo di una valutazione stabile di sé e articolata. Conduce inoltre allo sviluppo di una serie di preoccupazioni specifiche che risulteranno interminabili perché il problema specifico non è risolvibile e non può terminare, così il soggetto rimane bloccato in questo suo stato mentale.

 

La presenza di un disturbo dell’alimentazione ha ripercussioni negative nella vita di chi ne soffre, soprattutto nei rapporti interpersonali, nel funzionamento psicologico, nelle attività scolastiche o lavorative e nella salute fisica.

Riscontreremo quindi, in questi soggetti, una vita le cui attività saranno focalizzate al perseguimento del controllo del peso che avrà come conseguenza una trascuratezza sociale, isolamento e attività solitarie, riduzione degli interessi, difficoltà nelle relazioni di coppia e in generale nelle relazioni di vita.

Incontreremo difficoltà nell’organizzazione della giornata che sarà scandita da rituali precisi e stereotipati, così come difficoltà di concentrazione, attenzione e comprensione. Allo stesso tempo questi soggetti potrebbero interrompere le attività scolastiche o lavorative oppure eseguire tali attività con un eccessivo impegno scolastico o professionale.

Le problematiche psicologiche maggiormente presenti faranno riferimento a stati d’ansia, apatia, senso di colpa, prolungati episodi di irritabilità, scoppi di rabbia, depressione/demoralizzazione, sbalzi d’umore, bassa autostima, possibili pensieri suicidari, presenza di atti impulsivi come abuso di alcool, droghe e autolesionismo.

Infine potrebbero presentarsi una serie di complicanze mediche risultanti da una dieta ipocalorica, dalla perdita di peso, dal vomito autoindotto, dall’uso improprio di lassativi, diuretici, dalla presenza di un’attività fisica eccessiva e compulsiva e dall’uso di sostanze come alcool e droghe.

 

Il trattamento dei disturbi alimentari si basa su un approccio terapeutico multidisciplinare e integrato che include varie figure professionali.

disturbi dell’alimentazione sono infatti disturbi psichiatrici con importanti manifestazioni psicopatologiche ed una alta frequenza di complicanze mediche: è quindi necessaria una collaborazione tra diverse figure professionali che si occupino in modo integrato di questi diversi aspetti.

Questo permette di poter effettuare prontamente una corretta diagnosi differenziale (cioè capire se si soffre di un vero e proprio disturbo dell’alimentazione), di effettuare tutte le valutazioni specialistiche necessarie (psicoterapiche, psichiatriche, internistiche e nutrizionali) e di ricevere indicazioni corrette sul trattamento da seguire.

La psicoterapia cognitivo comportamentale si propone come obiettivo la modificazione di pensieri/credenze disfunzionali o distorte sul cibo e sul proprio corpo così come la modificazione di tutti quei fattori che mantengono il problema come la restrizione alimentare, gli evitamenti e i comportamenti di controllo del peso e del corpo; nella terapia cognitivo-comportamentale vengono pertanto affrontati sia i comportamenti alimentari scorretti che lo stile cognitivo correlato.

Nelle prime fasi del trattamento generalmente ci si focalizza su una gestione della fase “acuta” del disturbi dell’alimentazione (digiuno, vomito, uso lassativi, crisi bulimiche…) per poi affrontare tutte le problematiche che presentano una connessione con il disturbo (fattori di mantenimento specifici, difficoltà relazionali, autostima) e sulle possibili cause che hanno favorito lo sviluppo del disturbo.

Un’evoluzione di questo trattamento si basa sulla teoria cognitivo comportamentale transdiagnostica (CBT-E) dei disturbi dell’alimentazione adeguando il trattamento a quello che viene considerato il nucleo psicopatologico centrale: l’eccessiva valutazione del peso, della forma del corpo e del controllo dell’alimentazione considerati di primaria importanza nel mantenimento dei disturbi dell’alimentazione.

La CBT-E è un trattamento altamente specifico; la strategia chiave è appunto creare una formulazione individualizzata e condivisa dei principali meccanismi di mantenimento che dovranno essere affrontati dal trattamento.

Utilizza quindi in modo flessibile strategie e procedure terapeutiche per affrontare la psicopatologia individuale del paziente. Adotta una varietà di procedure generiche cognitivo e comportamentali, ma favorisce l’uso di cambiamenti strategici nel comportamento per ottenere dei cambiamenti cognitivi.

 

 

 

 

 

Per approfondimenti:

  • Dalle Grave R: Come Vincere i Disturbi dell’Alimentazione.  Un Programma Basato sulla Terapia Cognitivo Comportamentale. Verona, Positive Press; 2012.
  • Fairburn CG. La terapia cognitivo comportamentale dei disturbi dell’alimentazione. Firenze, Eclipsi; 2010.