Che cos’è e come si manifesta
Questa condizione è presente se sono trascorsi almeno 12 mesi (6 nei bambini) dal momento della morte di qualcuno con cui l’individuo in lutto aveva una relazione stretta ed è caratterizzata da una serie di sintomi: un persistente desiderio e una forte nostalgia della persona deceduta, tristezza e dolore emotivo intensi, pianto frequente, difficoltà nell’accettare la perdita, ricordi dolorosi del deceduto, rabbia in relazione alla perdita, valutazione negativa di sé rispetto al deceduto o alla morte, preoccupazione per il deceduto e per le circostanze della morte, che nei bambini può estendersi fino al timore per la possibile morte di altre persone vicine. Inoltre gli individui possono esprimere il desiderio di morire per essere vicini alla persona che è morta, possono non avere fiducia negli altri, sentirsi isolati e credere che la vita senza il deceduto non abbia alcun senso o scopo, sentire che una parte di loro stessi è morta o perduta, avere difficoltà nell’impegnarsi nelle attività, nelle relazioni interpersonali o nel fare piani per il futuro.

Il disturbo da lutto persistente complicato può verificarsi ad ogni età, a partire dal primo anno di vita. I sintomi iniziano generalmente entro un mese dalla morte, sebbene ci possa essere un ritardo di mesi o anche di anni prima del manifestarsi della sindrome completa. Nei bambini il disagio può essere espresso nel gioco e nel comportamento, in regressioni dello sviluppo e in comportamenti ansiosi o di protesta al momento di separazioni e riunioni. Il disagio nella separazione può essere predominante nei bambini più piccoli, mentre lo stress sociale e di identità nonché lo svilupparsi di sintomi depressivi possono manifestarsi in maniera crescente nei bambini più grandi e negli adolescenti. Il rischio per questo disturbo può essere amplificato da una forte dipendenza dalla persona deceduta prima della morte.

Trattamento
Il lavoro terapeutico consiste prevalentemente nel promuovere il processo di elaborazione del lutto con l’obiettivo, in una fase finale, di arrivare all’accettazione dell’evento della perdita, prendendo atto di un qualcosa che non si può modificare. Infatti gli ostacoli al processo di accettazione si originano generalmente dal trattare la perdita come una questione ancora aperta, potenzialmente modificabile; alcuni fattori che possono ostacolare l’accettazione e l’elaborazione del lutto sono (Perdighe, Mancini, 2010):
1) gravità: tanto più la perdita è percepita come grave, tanto più compromette la realizzazione di scopi esistenziali centrali per l’individuo;
2) mancanza di supporto sociale e isolamento;
3) indisponibilità degli altri significativi a parlare della perdita;
4) atteggiamenti di censura della manifestazione della sofferenza;
5) aspettative interpersonali e sociali su quelle che dovrebbero essere le reazioni e i comportamenti normali da adottare; un esempio sono gli incitamenti a “reagire” e a riprendere la vita normale.
La manifestazione più frequente della tendenza ad eludere la perdita è il pensare in modo continuativo all’accaduto cercando di “trovare una soluzione”; in questo modo si tenta di evitare o posticipare la presa di consapevolezza della non eludibilità della perdita, nell’illusione che esista un’alternativa alla realtà (Perdighe, Mancini, 2010).
L’obiettivo della psicoterapia sarà dunque quello di aiutare la persona a togliere alla perdita la connotazione di “evento modificabile”, accettando l’irrimediabilità dell’accaduto e promuovendo un lavoro di riorganizzazione di sé e dei propri scopi di vita.

Per sapere di più sull’argomento                                                                                                            

American Psychiatric Association, 2014. Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali. Quinta edizione. DSM-5. Milano: Raffaello Cortina Editore

Perdighe C., Mancini F., 2010. Il lutto: dai miti agli interventi di facilitazione dell’accettazione. Psicobiettivo, XXX, 3 pp. 127-146