di
Chiara Del Furia

Questa domanda risuona spesso nella mente di genitori di bambini con mutismo selettivo.

È abbastanza frequente che familiari, professionisti e insegnanti, cerchino di rassicurare i genitori con frasi come “essere timidi è normale vedrete che crescendo passerà”; ciò dilata solo il tempo di attesa tra il sospetto del problema e la consultazione di un professionista esperto, rallentando il processo diagnostico e terapeutico.

Il mutismo Selettivo è un disturbo specifico che necessita di un approccio adeguato, avere la possibilità di intervenire precocemente, appena si manifesta il problema può avere esiti determinanti sul trattamento.

Questo disturbo apparve per la prima volta in uno studio del 1877 del medico tedesco Kussmaul, il quale chiamò “Aphasia Voluntaria” l’incapacità delle persone di parlare pur avendone capacità. Successivamente Tramer nel 1934 introdusse il termine di Mutismo Elettivo facendo riferimento alla possibilità che alcuni pazienti scegliessero di non parlare.

Solo nel 1994 l’American Psychiatric Association, nel proprio manuale di classificazione dei disturbi mentali (DSM-IV – APA, 1994) inserì il termine di “Mutismo Selettivo”, determinando in questo modo le caratteristiche situazionali e non intenzionali del disturbo.

Tale denominazione è stata mantenuta anche nella quinta edizione del manuale (DSM-5 – APA, 2013); che introduce il Mutismo Selettivo nella sezione relativa ai disturbi d’ansia.

I criteri indicati dal DSM-5 (APA, 2013) sono i seguenti:

  1. A) Costante incapacità di parlare in situazioni sociali specifiche in cui ci si aspetta che si parli (per es., a scuola) nonostante si sia in grado di parlare in altre situazioni;
  2. B) La condizione interferisce con i risultati scolastici o lavorativi o con la comunicazione sociale; C) La durata della condizione è di almeno un mese (non limitato al primo mese di scuola);
  3. D) L’incapacità di parlare non è dovuta al fatto che non si conosce, o non si è a proprio agio con, il tipo di linguaggio richiesto dalla situazione sociale;
  4. E) La condizione non è meglio spiegata da un disturbo della comunicazione (per es., disturbo della fluenza con esordio nell’infanzia) e non si manifesta esclusivamente durante il decorso di disturbi dello spettro dell’autismo, schizofrenia o altri disturbi psicotici.

L’incidenza sulla popolazione è relativamente bassa ma stime recenti indicano che il Mutismo Selettivo riguarda 7 bambini su 1000, sembra interessare maggiormente le femmine rispetto ai maschi, non sembra essere correlato a capacità cognitive particolari e la sua comparsa avviene intorno ai 4 anni, ossia quando i bambini iniziano ad avere i primi contatti con il mondo esterno alla famiglia.

Ricerche in questo ambito evidenziano alcuni fattori predisponenti all’insorgenza del Mutismo Selettivo come: difficoltà di linguaggio, vivere in famiglie socialmente isolate, in famiglie bilingui, che appartengono a minoranze etniche, o dove siano presenti altri componenti della famiglia ansiosi, timidi o che presentino difficoltà nelle relazioni sociali.

Nonostante l’interesse da parte di numerosi specialisti nel campo della clinica e della riabilitazione, ad oggi, il Mutismo Selettivo rimane un disturbo poco conosciuto, con una incidenza bassa. Attualmente sappiamo che la sintomatologia che lo caratterizza non è dovuta a disfunzioni organiche o a incapacità relative allo sviluppo psicofisico del bambino/a ma sembra essere una risposta ad uno stato emotivo correlato a elevati livelli di ansia percepita.

I bambini muto selettivi solitamente non riescono a parlare fuori casa o in presenza di persone estranee, ciò può avvenire in particolari luoghi o contesti sociali, al contrario questi bambini a casa, in ambienti familiari o in presenza di persone conosciute hanno una produzione verbale nella norma e a volte anche molto fluente ed elaborata.

In alcuni bambini il disagio può esprimersi anche a livello non verbale con atteggiamenti e comportamenti di chiusura verso l’altro come assenza di contatto oculare, rigidità fisica e inespressività del volto.

In queste occasioni è possibile che riescano a comunicare con gesti delle mani o della testa, emettendo solo suoni monosillabici, camuffando la loro voce o facendo il verso di animali.

I bambini affetti da Mutismo Selettivo possono apparire particolarmente sensibili tanto che spesso il loro comportamento viene scambiato per timidezza oppure con la precisa volontà di non voler parlare, quasi come se fosse una condizione di provocazione o sfida per l’interlocutore. Tali interpretazioni sono di ostacolo alla normale risoluzione del disagio che se opportunatamente diagnosticato e trattato può risolversi con successo e in tempi relativamente brevi.

L’intervento cognitivo-comportamentale per il trattamento del Mutismo Selettivo risulta essere uno fra i percorsi terapeutici più indicati per questa difficoltà.

Gli interventi dello psicoterapeuta cognitivo-comportamentale sono orientati in una prima fase principalmente alla riduzione degli elevati livelli di ansia sociale riscontrati nei bambini affetti da Mutismo Selettivo.

L’ansia sociale costringe il bambino a sottrarsi o a starsene in disparte anche in situazioni desiderate, evitando in questo modo di fare esperienze sociali piacevoli e negandogli la possibilità di acquisire le competenze sociali necessarie per stare bene con gli altri.

Se non interrotto questo circolo si autoalimenta portando con sé emozioni negative e bassa autostima fino alla manifestazione di un forte isolamento.

Anche i genitori hanno un ruolo importante nel percorso terapeutico del bambino con Mutismo Selettivo, il loro atteggiamento nei confronti di questa problematica può essere una risorsa ai fini del percorso psicoterapeutico. Insieme al terapeuta sostengono il percorso nella quotidianità del bambino, alcune delle indicazioni che loro ricevono riguardano il non forzare il figlio a parlare quando non lo fa spontaneamente, non punirlo in caso di silenzio e non utilizzare premi come ricatti. Un aspetto importante per ridurre i livelli di ansia è quello di avere un atteggiamento che favorisca la parola creando un clima rilassato e rassicurante senza creare aspettative o sminuire questa difficoltà. Anche gli insegnanti possono essere coinvolti nel percorso terapeutico e collaborare con la famiglia. Fin dalla scuola dell’infanzia la loro osservazione ed eventuale segnalazione può essere utile. Può accadere che proprio grazie a queste segnalazioni i genitori prendano coscienza dell’esistenza del disturbo e inizino il percorso diagnostico e terapeutico. In classe, gli insegnanti, possono lavorare anche con gli altri alunni in modo da creare un clima tranquillo e rilassato per diminuire i livelli di ansia, evitare di mettere sotto pressione il bambino con richieste dirette e non cercare di tentarlo con promesse o ricatti, ma più semplicemente svolgendo la normale routine di classe rispettando i suoi tempi.

Negli ultimi anni la comunità scientifica ha manifestato un maggiore interesse riguardo a quest’argomento, sono incrementate le ricerche, gli studi e i momenti formativi tra professionisti.

Anche la pratica clinica ha visto una maggiore attenzione sia da parte di associazioni di familiari che da parte di singoli professionisti e della scuola, che si impegnano e lavorano cercando di approfondire le cause del Mutismo Selettivo e i trattamenti più efficaci.

 

Per approfondimenti

 

American Psychiatric Association (1994). DSM IV Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali. Masson, Milano (1996).

American Psychiatric Association (2013). DSM-5. Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali. Tr. it. Raffaello Cortina, Milano 2014.

Celi F., Fontana D., (2010). Psicopatologia dello sviluppo storie di bambini e psicoterapia. Seconda edizione. McGraw-Hill

D’Ambrosio M. (2015) Alle origini del mutismo selettivo: un’ipotesi di disfunzione autonomica. I care n. 40(4) pag. 137-144

D’Ambrosio M., Coletti B. (2002) L’intervento cognitivo-comportamentale nel trattamento del mutismo selettivo. I care, 27:3, 97-103.

Kussmaul, A. (1877). Die Stoerungen der Sprache (1st ed.) [Disturbances in linguistic function]. Basel, Switzerland: Benno Schwabe.

Tramer, M. (1934). Elektiver mutismus bei kindern./selective mutism of children. Zeitschrift für Kinderpsychiatrie, 1, 30−35.

www.aimuse.it