il terrore nel sonno dei bambini

di
Debora Pratesi

Il pavor nocturnus chiamato anche terrore notturno, rientra nella categoria delle “parasonnie” ovvero delle perturbazioni non patologiche del sonno.

Esso si manifesta con parziali risvegli durante il sonno non REM (fasi 3 e 4 Non REM) ovvero durante le fasi di sonno profondo.

I terrori notturni sono un disturbo del sonno comune in età prescolare.

Di solito ha luogo nelle prime 3 o 4 ore della notte e può durare da pochi minuti fino a 30 minuti. Accade più spesso che questi episodi siano brevi e il bambino si riaddormenti rapidamente, tuttavia sono estremamente stressanti sia per chi li sperimenta, sia per i genitori e gli altri membri della famiglia.

Il terrore notturno è caratterizzato da reazioni di panico e paura, simili ad attacchi di panico notturni, dei quali il soggetto che lo presenta non avrà, al mattino, ricordi o avrà solo ricordi frammentari.

Dopo circa 25 minuti essersi addormentati, il cervello adulto passa da un sonno leggero al sonno profondo.  Durante la fase del sonno profondo, la frequenza cardiaca e la respirazione rallentano ed è difficile svegliarsi. Mentre i bambini attraversano questa fase, dormono più profondamente degli adulti, il che significa che sono ancora più difficili da svegliare e rimangono nel sonno profondo più a lungo. I terrori notturni si verificano durante questa fase del sonno profondo, generalmente durante la prima metà della notte. Durante questi episodi, alcune parti del cervello, compreso il sistema limbico (che aiuta a regolare il ciclo sonno-veglia del corpo), rimangono nel sonno profondo mentre le parti del cervello che gestiscono il movimento e le funzioni motorie transitano, creando una situazione in cui il bambino è “intrappolato tra il mondo sveglio e il mondo del sonno”.

Un soggetto che sperimenta il pavor nocturnus mostra improvvisamente segni di panico e terrore mentre dorme: si agita in movimenti scomposti, irrigiditi, grida, piange ed è associato ad un’attivazione anomala durante il sonno di sistemi fisiologici normalmente attivi durante la veglia e ad un’intensa attivazione vegetativa caratterizzata da elevata frequenza cardiaca e respiratoria.

La forte attivazione del sistema nervoso autonomo provoca quindi sudorazione, respiro affannoso, tachicardia, aumento del tono muscolare e della pressione arteriosa, agitazione motoria, pallore, grida, urla, pianto nel sonno. Il bambino appare inconsolabile, poco responsivo agli stimoli ambientali e, se svegliato, è confuso, disorientato e non riconosce le persone vicine. A volte può scendere dal letto, camminare, e anche urlare per casa terrorizzato.

Per tutta la durata della crisi e dopo il termine, il bambino continua a rimanere in uno stato di sonno profondo e al risveglio solitamente non è consapevole di quanto accaduto.

Il pavor è molto più frequente nei bambini, l’età di esordio oscilla tra i 2 e i 10 anni senza differenze di sesso, ne soffre dal 3 al 10% dei bambini in età compresa fra i 2 e i 12 anni. Nella maggioranza dei casi il problema si risolve spontaneamente in epoca adolescenziale, senza il bisogno di alcun trattamento.

Nell’esordio del disturbo si riconoscono alcuni fattori precipitanti come, asma notturna, reflusso gastroesofageo, apnee e deprivazione di sonno.

La componente genetica nell’esordio di questo disturbo è molto elevata: c’è un rischio 10 volte maggiore di sviluppare terrore notturno se almeno uno dei parenti stretti ha sperimentato questo o altre parasonnie (es. sonnambulismo) nella propria vita.

L’eziologia esatta è tuttavia sconosciuta ma vi sono forti correlazioni con febbre e malattia, attività fisica eccessiva, assunzione eccessiva di caffeina o alcol, mancanza di sonno, stanchezza e stress emotivo.

Quando un bambino ha un pavor nocturnus è naturale voler offrire conforto, tuttavia è meglio stargli vicino e assicurarsi che non cada o si ferisca, senza provare a svegliarlo: i tentativi di eccitazione possono prolungare la durata dell’episodio o provocare una risposta fisica che potrebbe portare a lesioni.

È importante evitare quindi di toccare o risvegliare il soggetto che ha la crisi, in quanto appunto non si farebbe altro che amplificare la reazione di panico.

Trovandosi in uno stato di sonno profondo il soggetto che ne è colpito, non è in grado di riconoscere gli stimoli esterni né le persone familiari, i gesti accudenti potrebbero dunque essere percepiti come una minaccia alla propria incolumità e scatenare queste reazioni ancora più intense.

Se i terrori notturni si verificano ripetutamente, è bene assicurarsi che la camera da letto del bambino sia un ambiente sicuro rimuovendo eventuali oggetti potenzialmente pericolosi e assicurandosi che anche altri familiari sappiano come comportarsi se si verifica un terrore notturno.

Generalmente l’evoluzione del disturbo da terrore notturno ha un andamento benigno e tende ad andare incontro a remissione spontanea senza interventi mirati.

Se quindi i terrori notturni hanno una frequenza inferiore a 1 settimana e non mettono a rischio di incidenti il bambino, si possono adottare accorgimenti non specialistici, tra cui misure di sicurezza in casa, curare l’igiene del sonno, mettere in atto tecniche di rilassamento all’addormentamento, evitare di riferire al bambino il giorno seguente quanto avvenuto durante la notte.

I Centres for Diases Control and Prevention (CDC) propongono strategie per migliorare l’igiene del sonno, tra cui limitare il consumo di sostanze eccitanti prima di andare a letto, mantenere la camera da letto buia e silenziosa ed avere una temperatura confortevole, sviluppare una routine prima di andare a dormire.

Tra gli accorgimenti da seguire per favorire un sonno tranquillo è consigliabile:

  1. curare la routine del sonno facendo in modo che gli orari di addormentamento e di risveglio siano regolari;
  2. rimuovere eventuali oggetti pericolosi o ostacoli che potrebbero mettere in pericolo la persona durante la crisi;
  3. evitare di assumere sostanze stimolanti prima di coricarsi;
  4. ridurre lo stress quotidiano, ma soprattutto evitare di raccontare al soggetto che soffre di pavor nocturnus quanto: il racconto di questi episodi potrebbe infatti provocare ansia e preoccupazione che altri episodi possano verificarsi, aumentando quindi la probabilità di recidiva.

Quando invece la frequenza degli episodi è elevata (ogni notte o più volte a settimana) potrebbe rendersi  necessario un intervento specialistico.

Un tipo di trattamento indicato consiste in un protocollo di risvegli notturni programmati, per una o più settimane. I risvegli notturni, infatti, alterano i cicli del sonno del bambino, modificando il pattern elettrofisiologico che sottende al disturbo. Si tratta di una strategia comportamentale molto efficace, seppur faticosa, che consiste nel risvegliare il bambino prima dell’orario in cui di solito si verificano gli episodi e, in seguito, predisporlo nuovamente a dormire.

La ricerca infatti suggerisce che svegliare completamente i bambini dai 15 ai 30 minuti prima degli episodi previsti può aiutare a garantire un sonno più tranquillo.

Mantenere un programma coerente per il sonno non è sempre facile.

Ricordiamoci che gli eventi che interrompono la routine di un bambino, come le vacanze o condizioni mediche come l’apnea notturna, possono innescare episodi di terrore notturno.

È importante fare diagnosi differenziale con gli incubi e con episodi di attacchi di panico.

Gli incubi portano a risvegli ripetuti durante il sonno; sono causati da sogni terrificanti e prolungati che lasciano ricordi vividi e il cui contenuto si concentra di solito sulle minacce alla propria sopravvivenza, sicurezza o autostima. Causano sofferenza proprio come i terrori notturni.

A differenza dei terrori notturni, in caso di incubi essi si verificano nelle ultime ore di sonnoL’incubo provoca un risveglio cosciente e dunque il bambino il mattino seguente può ricordare sia il momento del risveglio, sia il contenuto dei sogni o del sogno. Pertanto, pavor nocturnus e incubi sono due fenomeni distinti che richiedono interventi altrettanto diversificati.
Ciò che però è necessario ricordare è che le preoccupazioni, ansia e stress hanno un impatto notevole sulla qualità del sonno del bambino ed è quindi importante prestare la giusta attenzione al suo benessere emotivo e alla gestione dei fattori scatenanti dello stress e, se possibile, alla loro prevenzione.

terrori notturni, inoltre, devono essere distinti anche da episodi di attacchi di panico notturni che consistono in un risveglio associato a tachicardia, sudorazione e sensazione di soffocamento. Generalmente, a differenza dei terrori notturni, questi pazienti ricordano l’episodio al mattino e la durata dell’evento è compresa tra i 2 e gli 8 minuti.

 

Per approfondimenti:

 

  • American Academy of Sleep Medicine. (2008). Nightmares & Other Disturbing Parasomnias. 
  • Haupt, M., Sheldon, S. H., & Loghmanee, D. (2013). Just a scary dream? A brief review of sleep terrors, nightmares, and rapid eye movement sleep behavior disorder. Pediatric annals42(10), e221-e226.
  • Petit, D., Pennestri, M. H., Paquet, J., Desautels, A., Zadra, A., Vitaro, F., … & Montplaisir, J. (2015). Childhood sleepwalking and sleep terrors: a longitudinal study of prevalence and familial aggregation. JAMA pediatrics,169(7), 653-658.
  • Bruni O, Novelli L, Verrillo E. I disturbi del sonno nella prima e seconda infanzia: valutazione e diagnosi. In “Psicosomatica in età evolutiva” a cura di Rita Cerutti e Vincenzo Guidetti. Il Pensiero Scientifico Editore, pp 151-181. 2007.
  • Novelli L, Mallucci A, Della Corte M, Del Pozzo M, Forlani M, Bruni O. Disturbi del sonno nel bambino – Sleep disorders in children. Area pediatrica.
  • Byars K. Risvegli programmati. Un protocollo comportamentale per il trattamento del sonnambulismo e del disturbo da terrore notturno nei bambini. In “Trattamenti comportamentali per i disturbi del sonno” a cura di Perlis M, Aloia M, Kuhn B. Giovanni Fioriti Editore, pp.326-334. 2015.