di
Paolo Rosamilia

In genere il problema secondario in psicoterapia è ciò che riporta il paziente come aspetto sintomatico e fonte di sofferenza. E’ una valutazione che la persona fa del proprio stato problematico: “esempio: se sono depresso non riuscirò ad essere brillante come al solito”.

Quindi, il problema secondario è una valutazione negativa della propria condizione emotiva o comportamentale che è caratterizzata da una focalizzazione eccessiva sul sentirsi in uno stato di disagio. Questo fa percepire la persona non in grado di reindirizzare i propri sforzi per ottenere uno stato di miglioramento.

Alcuni comportamenti anche se sono percepiti come dannosi, hanno una ricompensa immediata e permettono un piccolo vantaggio a breve termine ma creano un danno a lungo termine. Ad esempio una persona che ha paura del giudizio degli altri può decidere di evitare di stare in mezzo alle persone e questo può generare nuove valutazioni sulla propria capacità di “non farcela davanti agli altri” e si sviluppa ad esempio uno stato psicopatologico grave come la fobia sociale. Anche le compulsioni per un paziente ossessivo possono provocare un leggero senso di benessere ma creano delle valutazioni negative molto invalidanti come il senso di colpa (es. “è più forte di me, non riesco a smettere di lavarmi le mani anche se so che faccio un danno ai miei famigliari”).

Per sintetizzare, il problema secondario è una metavalutazione negativa dei propri sintomi (es. “sono un fallito, non riuscirò mai a parlare con quella ragazza, rimarrò per sempre solo), una valutazione problematica dei propri comportamenti (es. “se continuo ad evitare di parlare in pubblico verrò licenziato, non sono in grado di sostenere questo lavoro”), un problema che si aggiunge a quello originario (es. “ho l’ansia di stare davanti alle persone ed a forza di evitare non riesco ad uscire più di casa”) ed infine è una incapacità ad accettare una condizione (emotiva o comportamentale) problematica.

Proprio quest’ultimo punto costituisce il nucleo principale del problema secondario, le emozioni vengono interpretate come qualcosa di anormale e non come un segnale “consueto” che permette di percepirsi nel mondo.

In psicoterapia affrontare il problema secondario permette di accedere al problema nucleare del paziente e permettere di interrompere i cicli di mantenimento della sofferenza.

Le terapie di terza generazione cognitiva, basate sull’accettazione dei propri stati emotivi, rappresentano una valida soluzione per favorire l’interruzione delle valutazioni negative e ridurre cosi la sintomatologia del paziente.

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