di
Francesca Solito

 Ad oggi la disgrafia è una problematica in crescita, circa il 20% degli alunni è disgrafico.

Tale difficoltà di scrittura è inquadrabile nei disturbi specifici di apprendimento (disgrafia, dislessia, discalculia e disortografia), detti DSA (legge 170/2010) che comportano complicazioni nelle capacità di lettura, di scrittura e di calcolo. Il termine disgrafia deriva dall’unione di due parole greche: “dis”, un prefisso peggiorativo, e “grafia”, scrittura. Letteralmente disgrafia significa “cattiva scrittura”. Nell’ultima edizione del Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali (DSM V) si è ritenuto più corretto identificarla come un disturbo dell’espressione scritta. Essa comporta numerose difficoltà nella scrittura di lettere e di numeri, l’incapacità di rispettare lo spazio del foglio e le linee presenti nei quaderni e di utilizzare un linguaggio scritto chiaro e organizzato per riportare i propri pensieri.

I primi segnali delle problematiche disgrafiche si hanno molto precocemente quando il bambino inizia a rapportarsi con una matita e un foglio. Le carenze principali all’ingresso della scuola primaria riguardano l’organizzazione spaziale, la prensione e la postura non corrette ed uno scarso senso del tempo e del ritmo. Recentemente si stanno evidenziano correlazioni tra disgrafia e mancanza di esercizi di pregrafismo e di insegnamento del corsivo. Per imparare il corsivo è necessario che il bambino abbia raggiunto delle competenze specifiche, che rappresentano dei prerequisiti fondamentali affinché egli possa rapportarsi con facilità alla scrittura. Queste abilità di base sono molto importanti anche per affrontare gli apprendimenti della lettura e del calcolo.

La scrittura fa parte di un processo di maturazione neuromotoria, psichica ed affettiva ed il gesto grafico rappresenta l’atto di motricità fine più preciso che la persona impara a compiere lungo il corso della sua vita. Di conseguenza se l’aspetto motorio viene messo in secondo piano nella formazione, il bambino che giunge alla scuola primaria non possiede le abilità necessarie per imparare e affrontare gli apprendimenti. In primo luogo, per imparare a scrivere, il bambino deve possedere un quoziente intellettivo nella media ed essere sereno emotivamente. Il clima che il bambino respira nei suoi primi anni di vita è primario affinché si costruisca un senso armonico del sé e fiducia nell’ambiente circostante. Un ambiente agitato, altamente conflittuale e caotico rischia di stimolare troppo creando ripercussioni a livello emotivo e successivamente probabili difficoltà nell’apprendimento.

Le capacità attentive e di ascolto sono anch’esse indispensabili per imparare a scrivere, non sono certo favorite da un ambiente confuso. La soglia media di attenzione si sta sempre più restringendo da una media di venti/venticinque minuti ad una decina di minuti, studi recenti hanno evidenziato che la capacità di concentrazione e l’instaurarsi del pensiero logico sono possibili grazie ad una limitazione sensoriale che permette che le informazioni acquisite passino dalla memoria a breve termine alla memoria a lungo termine. Questo traguardo può essere raggiunto solo rallentando l’acquisizione dello stimolo. Si deve tener conto di questo aspetto anche nell’insegnare a scrivere: quando si propongono quattro caratteri contemporaneamente si favorisce lo smarrimento e non si sta utilizzando il metodo più efficace per permettere l’apprendimento.

Attualmente, da parte del Ministero dell’Istruzione, mancano delle direttive sul metodo di insegnamento della scrittura e questo ha creato grande confusione, non essendoci delle disposizioni chiare, ogni insegnante è abbandonato a se stesso. Le case editrici propongono alfabetieri ancora molto tradizionali e nell’insegnamento della scrittura manca l’attenzione per le regole. Essa è fondamentale per impostare la scrittura e la postura.

Molti insegnanti ammettono di insegnare a scrivere così come hanno appreso la scrittura a loro volta. La modalità didattica più utilizzata consiste nel chiedere agli alunni di copiare le lettere scritte in corsivo dalla lavagna, senza fornire precise istruzioni su come eseguire le lettere, sul punto di inizio, come effettuare il movimento, in quale direzione e come collegare le lettere tra loro. Così facendo gli alunni tentano di riprodurre i modelli degli insegnanti usando delle strategie spesso inadeguate.

La scrittura non deve essere ritenuta un disegno libero, ma una realtà complessa che comprende molte abilità; le sue regole devono essere esplicitate al bambino in modo chiaro e approfondito attraverso un lavoro strutturato in modo che lui possa assimilarle. L’insegnante ha la responsabilità di non lasciare solo il bambino in questo processo di decodifica. Generalmente, allo stato attuale, in prima classe primaria, un lavoro di preparazione iniziale dei bambini con il pregrafismo, anche se della durata di poche settimane, viene considerato inutile o comunque vissuto come causa di ritardo allo svolgimento dell’intera programmazione. Sembra esserci un bisogno sempre più impellente di anticipare i tempi. In Italia è stato constatato che vi è addirittura la tendenza a lasciare soli i bambini durante l’estate ad interfacciarsi con il carattere corsivo, delegando ai genitori gran parte di tale insegnamento. Non sappiamo bene quale sia la causa di questa accelerazione, forse la scuola cerca di adeguarsi ai tempi frettolosi della nostra società, oppure le insegnanti ritengono poco importante l’insegnamento del corsivo ritenendolo un carattere ormai obsoleto ed evitano di perderci molto tempo lasciando poi gli alunni liberi di scegliere il tipo di carattere con cui preferiscono scrivere.

Gli studi delle neuroscienze effettuati in questi ultimi anni dimostrano l’importanza della scrittura a mano, soprattutto corsiva, per un buon sviluppo del cervello. Queste ricerche evidenziano che scrivere a mano è fondamentale per lo sviluppo cognitivo e per l’apprendimento, c’è una stretta correlazione tra il cervello e la mano per quanto riguarda la costruzione del pensiero e l’elaborazione delle idee. In modo particolare la scrittura legata e corsiva stimola in modo predominante le aree del cervello connesse al pensiero, al linguaggio e alla memoria. La capacità di creare legami tra le lettere permette la sequenzialità ed esprime un’abilità associativa sul piano del pensiero.  La scrittura del corsivo, sulla base di questi studi, accende il cervello, incrementa la capacità di lettura e di calcolo, stimola l’attenzione e la concentrazione, migliora l’apprendimento e incentiva la motivazione allo studio, permette l’espressione di sé, incoraggiando la creatività e l’originalità, aumenta l’autostima e la fiducia in se stessi.

Una ricercatrice e grafologa dell’Arizona, la Prof.ssa Harralson, ha affermato che nonostante sia stato ridotto il tempo dedicato all’educazione di una corretta grafia nella scuola primaria e in alcune classi il corsivo sia stato addirittura eliminato, la ricerca scientifica ha stabilito l’importanza di un corretto percorso formativo dei bambini in età scolare per quanto riguarda la scrittura, la lettura, l’ortografia e la composizione. Una scrittura fluida, esercitata e corretta, è associata a un migliore rendimento scolastico.

Poco tempo fa, a febbraio 2017, un appello da parte di 600 docenti, lanciato dal Gruppo di Firenze per la scuola del merito e della responsabilità, ha raggiunto il Miur e il presidente Mattarella allo scopo di denunciare che in Italia gli studenti non sanno più scrivere in italiano. Nella lettera aperta si legge:<<A questo scopo, noi sottoscritti docenti universitari ci permettiamo di proporre le seguenti linee di intervento:[…] dettato ortografico, riassunto, comprensione del testo, conoscenza del lessico, analisi grammaticale e scrittura corsiva a mano>>.

Un’ulteriore conferma dell’importanza del corsivo arriva da uno studio canadese eseguito dall’Università della Columbia Britannica il quale ha evidenziato che la scrittura di un testo in stampatello attiva solo l’emisfero sinistro del cervello, mentre il corsivo attiva anche l’emisfero destro: con il corsivo non si accende solo la parte legata alla ragione e al pensiero, ma anche una parte che spesso oggi risulta bloccata, quella emotiva.

Anche Virginia Berninger, psicologa e ricercatrice dell’università di Washington, ha dato vita ad uno studio dove ha messo a confronto la scrittura in stampatello, in corsivo e su tastiera in un gruppo di bambini della scuola primaria. La dottoressa ha scoperto che alle diverse modalità di scrittura sono associati schemi cerebrali differenti e separati che producono risultati differenti. Per di più, alla richiesta di trovare idee di sviluppo tematico, si sono notate significative differenze tra chi ha utilizzato il carattere corsivo rispetto a coloro che hanno utilizzando lo stampatello. Nei primi bambini si è rivelata una maggiore attivazione delle aree cerebrali associate alla memoria di lavoro con un aumento dell’attivazione delle reti di lettura e scrittura.

Questi sono solo alcuni degli studi che dimostrano l’importanza del corsivo, possiamo concludere che, attraverso l’acquisizione e l’utilizzo del corsivo, si vanno a stimolare molte aree cerebrali che comportano uno sviluppo più ampio delle capacità di memoria, la strutturazione di un pensiero rapido e lineare, oltre a una maggiore libertà espressiva dovuta all’attivazione della parte emozionale.

Ovviamente, per i bambini che evidenziano severe difficoltà di coordinazione motoria e/o visuo-motoria, la decisione del carattere e degli strumenti da usare nell’insegnamento della scrittura va valutata sulla base delle caratteristiche del bambino avvalendosi delle indicazioni fornite dall’esperto. Il corsivo potrebbe risultare poco adatto a qualcuno ma questo non significa che non debba essere insegnato agli altri, è dunque importante prendere atto delle differenze individuali e partire da queste per individuare il processo d’apprendimento più giusto in modo da perseguire il benessere del singolo.

 

 

Bibliografia

American Psychiatric Association, DSM-5 Manuale diagnostico e statistico  dei disturbi mentali, Cortina Raffaello Editore, 2014.

Bertoglio I. e Rescaldina G. (2017), Il corsivo encefalogramma dell’anima. Magenta (MI), La Memoria del Mondo Libreria Editrice snc.

Blason L., Borean M., Bravar L. e Zoia S. (2014), Il corsivo dalla a alla z. Un metodo per insegnare i movimenti della scrittura. La teoria. Trento, Edizioni Centro Studi Erickson S.p.A.

Blason L., Borean M., Bravar L. e Zoia S. (2014), Il corsivo dalla a alla z. Un metodo per insegnare i movimenti della scrittura. La pratica. Trento, Edizioni Centro Studi Erickson S.p.A.