di
Francesco Baccetti

Lo sviluppo linguistico, principali meccanismi e tappe fondamentali  nella costruzione del linguaggio

 

Spiegare come si impara a parlare, come si apprende un linguaggio è un obiettivo che ha coinvolto studiosi e ricerche. Tali autori hanno prodotto teorie a volte opposte tra loro, privilegiando talora ipotesi opposte come l’innatismo da un lato e l’apprendimento sociale dall’altro; approcci talvolta tanto lontani ma che, se integrati, sono in grado di dare una visione più ampia e completa del fenomeno preso in considerazione.

Gran parte degli studi ritene che l’apprendimento del linguaggio dipenda dall’azione combinata di meccanismi innati che predispongono i bambini a questo compito e dall’ambiente in grado di fornire modelli adeguati e frequenti opportunità di pratica.

L’apprendimento di una lingua è uno tra i compiti più ardui che un essere umano affronta, anche se in un certo senso è un processo spontaneo e mediato culturalmente che parte sin dalla nascita.

I bambini nascono con una dotazione naturale che favorisce lo sviluppo del linguaggio: laringe e faringe consentono la produzione di un’ampia gamma di suoni; i piccoli mostrano dalla nascita la preferenza verso il suono del linguaggio umano, inoltre, il cervello umano è dotato di aree specificatamente destinate alla selezione ed all’analisi dell’input uditivo.

Nonostante queste capacità innate, l’apprendimento della propria lingua resta un processo articolato, a tal proposito Noam Chomsky ha ipotizzato che il linguaggio fosse una parte della natura biologica dell’uomo. Considerando l’elevato livello di complessità della struttura della lingua, la povertà dello stimolo al quale i bambini piccoli sono esposti e la sorprendente capacità da parte dei bambini ad apprendere la propria lingua, Chomsky ha postulato la presenza innata di uno speciale meccanismo che capta gli input linguistici, elabora queste informazioni e produce le regole per l’uso del linguaggio. Questo meccanismo di acquisizione è il cosiddetto LAD (language acquisition device), reso necessario dalla constatazione che i bambini di tutte le culture posseggono la struttura fondamentale della propria lingua già all’età di 4-5 anni, inoltre dispongono solo di un limitato insegnamento formale poiché la maggior parte delle parole non viene loro esplicitamente insegnata.

Attraverso il LAD, tutti i bambini che vivono in un ambiente con normali stimolazioni linguistiche possono non solo capire ma anche produrre un numero pressochè infinito di espressioni grammaticalmente corrette.

Rispetto al ruolo dell’ambiente, i teorici dell’apprendimento sociale, affermano la centralità che ha l’ambiente per questa forma di sviluppo. I bambini apprendono il linguaggio con facilità, attraverso l’interazione con persone che non si preoccupano di insegnarglielo con regole formali. Tali autori pongono l’accento  sulla capacità degli adulti significativi di sintonizzarsi verso i bambini, e che come tale meccanismo sia determinante nel processo di acquisizione del linguaggio.

Moerk (1988) ha individuato numerose caratteristiche attraverso le quali le figure di riferimento insegnerebbero il linguaggio ai loro bambini, come ad esempio l’alta intensità di ripetizione di ciascun tipo di frase. Siccome i bambini non sanno usare spontaneamente le strategie di Rehersan, le figure genitoriali assolvono a questa funzione ripetendo moltissime volte la stessa espressione, modellandola con piccole variazioni; inoltre fanno attenzione a cosa cattura l’interesse del bambino e ne parlano con enfasi. Numerose osservazioni hanno rilevato che le espressioni verbali dei bambini vengono seguite da feedback, positivo o negativo, dal 33 al 50% delle volte. Il feedback può assumere diverse forme: dalla lode, al dargli quello che chiede, o ripetere in maniera più ampia e completa ciò che ha detto oppure correggere se ha sbagliato e ripetere le parole correttamente. L’altra funzione che risulta fondamentale per la costruzione del linguaggio è il processo di generalizzazione. Gli effetti del rinforzo e dell’imitazione si trasferiscono su suoni, espressioni e regole simili; è stata rilevata una correlazione significativa tra la quantità di feedback fornita dalla madre e la lunghezza media delle espressioni verbali emesse dai figli. Dal punto di vista dei sistemi dinamici lo sviluppo del linguaggio è risultato di un’interazione tra un organismo specializzato ed un ambiente specializzato. L’organismo ha una struttura fisiologica che facilita le interazioni con l’ambiente. Il genitore (o chi per lui) ha una funzione determinante sullo sviluppo della comunicazione, in quanto fornisce le contingenze ambientali che vengono costantemente adottate al crescente livello di abilità acquisite dal bambino nel corso dello sviluppo.

 

Rispetto alle principali tappe dello sviluppo linguistico, pur con le dovute cautele, dal momento che la strutturazione di tale capacità è comunque soggetta, come ogni forma di sviluppo ad una forte soggettività, è possibile rintracciare delle tappe principali indipendenti dalla lingua parlata.

2-10 mesi (circa): Compare la lallazione, cioè un insieme di suoni e di sillabe che il bimbo pronuncia in modo ancora casuale. Compaiono quindi i primi suoni, quelli più semplici da articolare, che sono “b”, “p”, “m”, etc.

La presenza di tale tappa risulta fondamentale per un armonico sviluppo del linguaggio.

8-13 mesi (circa): Inizio della comunicazione intenzionale attraverso tutta una serie di gesti detti “deittici” come: il mostrare, il dare, l’indicare. Tali gesti, tavolta accompagnati da vocalizzazioni, rappresentano i precursori delle prime parole. Compare, a questa età, anche qualche segno sistematico di comprensione di parole.

12-13 mesi (circa): Compare la denominazione, quindi il bambino inizia a dire le prime parole dotate di significato.

12-16 mesi (circa): Il bambino, piano piano, acquisisce le prime parole e inizia a padroneggiarle.

18 mesi (circa): Fase dell’esplosione lessicale, in cui il bambino arricchisce, nel giro di poco tempo, il suo bagaglio lessicale.

18-24 mesi (circa): Inizio della fase combinatoria, dove il bambino comincia a combinare due paroline insieme. In genere questo avviene se il vocabolario è di almeno 100 parole.

2 anni (circa): Comincia lo sviluppo della grammatica, quindi il bambino inizia a combinare le parole e a strutturare le prime frasi.

3 anni (circa): Il bambino, in condizioni normali, dovrebbe aver acquisito un linguaggio pressoché completo da un punto di vista strutturale,  alcuni suoni come ad esempio la /r/ possono non ancora essere acquisite in modo corretto. Lo sviluppo del linguaggio non si conclude a questa età ma risulta essere un processo continuo che si declina nelle successive fasi di sviluppo e va a declinarsi con i sistemi educativi preposti alla formazione e all’educazione del bambino.

 

In alcuni casi il bambino può non presentare uno sviluppo armonico della funzione linguistica, è necessario consultare lo specialista per poter affrontare tale difficoltà, prima di poter definire tale ritardo  come un disturbo del linguaggio, dal momento che tale definizione è utilizzata per descrivere quadri clinici molto eterogenei in cui le difficoltà linguistiche, in alcuni casi, possono risultare associate a altre condizioni patologiche.

Dal momento che, come si è visto, l’acquisizione del linguaggio si fonda sull’interazione di funzioni complesse (senso-motorie, neurocognitive e socio-emozionali), la difficoltà in una o più di queste aree può avere conseguenze sull’apprendimento del codice linguistico; in questi casi si parla di patologia del linguaggio secondaria. Il disturbo del linguaggio è invece definito primario o specifico non si evidenziano fattori causali.

 

Per approfondimenti:

 

Fonzi A., “Manuale di psicologia dello sviluppo”, Giunti, 2004.

 

Mastrangelo G., “ Manuale di neuropsichiatria dell’età evolutiva”, Il pensiero scientifico editore, 2009.

 

Sabbadini G., “Manuale di neuropsicologia dell’età evolutiva”, Zanichelli Editore, 2011.

 

D’Amico S., Devescovi A., “Psicologia dello sviluppo del linguaggio”, Il Mulino, 2013.