di
Stefania Iazzetta

 

Stupri, aggressioni interne ed esterne alla famiglia, molestie su minori… la violenza sessuale è un fenomeno estremamente complesso che sempre di più sta richiamando l’attenzione della cronaca e degli studiosi, ma che presenta dati frammentati e sommersi che solo parzialmente rendono ragione dell’ampiezza e della gravità del problema.
Basti pensare che in Italia una donna su tre (31,5% dati Istat 2014) riporta di aver subito una violenza fisica o sessuale nel corso della propria vita. Le più diffuse sono le molestie fisiche, cioè l’essere toccate o abbracciate o baciate contro la propria volontà (15,6%), a cui seguono l’aver avuto un rapporto indesiderato vissuto come una violenza (4,7%) e i tentativi di stupro (3,5%) o gli stupri veri e propri (3%).
Ancora più allarmanti son o i dati sui minori, con un incremento notevole nel triennio 2016-2019 (con un picco nel 2017 di 700 vittime di violenza sessuale).  Se l’anno della pandemia è stato, invece, caratterizzato da un lieve decremento dei reati sessuali sui minori (con un numero di vittime che è passato da 5.939 a 5.789 (-3%), si è purtroppo assistito ad una notevole crescita di altre forme di reato legate all’uso del telematico. La chiusura forzata in casa e il maggior uso della rete per fini educativi e sociali ha riportato fra le sue conseguenze negative, secondo un report dell’ Associazione Meter (Metero onlus, 2021) un raddoppiarsi dei video a carattere pedopornografico e un notevole aumento delle chat o link segnalati.
Ma chi sono gli aggressori sessuali? Dare una definizione di tali soggetti è un compito difficile perché la caratteristica centrale di questi individui è la non uniformità. I “Sex Offender” costituiscono un gruppo estremamente eterogeno caratterizzato da storie personali e criminali diverse tra loro e da convinzioni che supportano il comportamento deviante uniche e varie (Gordon e Proporino, 1990).
Diverse possono essere le caratteristiche dell’aggressore nel modus operandi che egli adotta, nel comportamento sessuale tenuto, nelle motivazioni sottese al reato, nell’età della prima aggressione e nel numero di reati commessi. Differenti sono anche le vittime scelte per età, per sesso e per relazione con l’aggressore (Caraballese e coll., 2012). All’interno di questa complessità, comprendere le caratteristiche di funzionamento personologico e interpersonale di questi soggetti risulta fondamentale per poter impostare un intervento efficace che non sia solo di reclusione ma soprattutto di trattamento efficace per la prevenzione delle potenziali recidive future.
Nonostante la pluralità che caratterizza i Sex Offender, si possono riscontrare elementi comuni nel funzionamento di questi soggetti. Questi individui presentano valutazioni distorte, tratti di personalità patologici caratterizzati da distacco o instabilità emotiva e deficti dell’empatia. In numerose ricerche viene riportato come tra il 50 e il 94 % degli aggressori sessuali presentino disturbi di personalità, in particolar modo il disturbo borderline e antisociale, ma anche il disturbo evitante soprattutto nei molestatori di bambini (Eher e col., 2019; Sigler e coll., 2017; Chen e coll., 2016; Bogaerts e coll., 2005). Molti presentano abuso di sostanze e disturbi psicotici. Nella quasi totalità si evidenziano disturbi parafilici.
Le teorie sulla violenza sessuale conferiscono un’importanza centrale al funzionamento emotivo, relazionale e cognitivo, come una sorta di “anticamera criminale” ossia quella realtà psicologica e relazionale che non è criminale di per sé ma che costituisce un fattore di rischio e di vulnerabilità per la messa in atto del reato laddove, in determinate situazioni e stili di vita, la persona passa dal pensiero all’azione (Zara,2018).
All’interno di queste teorie, ritroviamo gli studi sulle distorsioni cognitive, ossia sui pensieri automatici disfunzionali, derivanti da teorie implicite che gli individui si sono costruiti lungo la vita per comprendere, spiegare e dare senso al mondo circostante.
Negli aggressori sessuali troviamo alcune distorsioni che sono alla base e che mantengono la condotta violenta. Polaschek e Ward (2002) riportano alcuni esempio di teorie implicite disfunzionali presenti nei sex offender come ad esempio “l’oggettivazione sessuale delle donne” secondo cui le donne sarebbero in un costante stato di recezione in quanto sono “create” per soddisfare i bisogni e i desideri maschili. Questa farà si che il sex offender tenderà ad interpretare un comportamento socievole di una donna come un reale interesse e a giustificare l’aggressione come una risposta a tale valutazione.
Similmente, i pedofili tenderanno a mostrare distorsioni del pensiero specifiche e presenti sin dall’infanzia (Ward e Keenan, 1999) come ad esempio la “sessualizzazione infantile” per cui il pedofilo sostiene che i bambini siano fondamentalmente sessualizzati e che traggano gratificazione da contatti sessuali con gli adulti. Un’altra distorsione riguarda la “pericolosità del mondo” secondo cui il mondo relazionale adulto è vissuto come pericoloso e minaccioso e i bambini rappresentano, agli occhi del pedofilo, gli unici di cui potersi fidare e con cui entrare in una relazione, anche di tipo sessuale. Spesso i molestatori di bambini presentano bassi livelli di competenza sociale, discontrollo degli impulsi e incapacità a costruire relazioni con i pari (Becker e Kaplan, 1988) unitamente ad un forte senso di inadeguatezza e vergogna (Sigre- Leiros e coll., 2014) e presenza di parafilie, che mantengono la credenza che il mondo infantile sia l’unico adeguato e sicuro per loro.
Elicitare queste caratteristiche e stilare dei profili di funzionamento di questi soggetti è un intervento necessario per poter prevedere dei programmi trattamentali efficaci nel prevenire le recidive di tali comportamenti devianti, una volta che l’individuo, scontata la pena, si ritrova nel mondo esterno. In questo senso, gli strumenti della terapia cognitivo comportamentale e della Dialectical Behavior Therapy possono divenire un supporto importante per l’intervento sul funzionamento cognitivo, emotivo e comportamentale disfunzionale di questi soggetti.

Bibliografia

Becker, J., and Kaplan, M. (1988). The assessment of adolescent sexual offenders. In Prinz, R. J. (ed.),Advances in Behavioral Assessment of Children and Families, Vol. 4, JAI, Greenwich, CT, pp. 97–118
Carabellese F., Rocca G.,  Candelli C., La Tegola D., M. Birkhoff J. (2012).La gestione degli autori di reati sessuali tra psicopatologia e rischio di recidiva.Prospettive trattamentali. Rassegna Italiana di Criminologia – 2/2012 p. 130-144

Chen, Y., Chen, C., & Hung, D. (2016). Assessment of psychiatric disorders among sex offenders: Prevalence and associations with criminal history. Criminal Behaviour and Mental Health, 26, 30-37.

Eher R., Rettenberger M., Turner D. (2019). The Prevalence of Mental Disorders in Incarcerated Contact Sexual Offenders. Acta PSychiatrica Scandinavia 139(6). 2019

Meter Report annuale 2020 pedofilia e pedopronografia. Nuova forma di schiavitù e traffico di minori

Polaschek D.D.L., Ward T.(2002). The implicit theories of potential rapists: What our questionnaires tell us. In Aggression and Violent Behavior, 7 pp.385-406.

Sigler A. (2017) Risk and Prevalence of Personality Disorders in Sexual Offenders. Spring 6-2017

Sigre-Leirós V., Carvalho J. & Nobre P. (2014). Cognitive schemas and sexual offending:Differences between rapist, pedophilic and nonpedophilic child molesters, and nonsexual offenders, Child Abuse & Neglect, 40:81-92

Ward T., Keenan T. (1999). Child molester’s implicit theories. In journal of Interpersonal Violence, 14, pp 821-838

Zara G. (2018) Il diniego nei sex offender. Dalla valutazione al trattamento. Raffaello Cortina Ed. 2018 Milano