di
Chiara del Furia

 

“E con le mani amore, per le mani ti prenderò

E senza dire parole nel mio cuore ti porterò

E non avrò paura se non sarò bella come dici tu

Ma voleremo in cielo in carne ed ossa…”

(“La donna cannone” De Gregori)

 

Possiamo affermare che, salvo casi eccezionali, ognuno di noi ama apparire al meglio delle proprie possibilità. Quasi tutti provano gratificazione nel sentirsi dire di avere un bell’aspetto e ad ognuno di noi viene naturale cercare in ogni occasione di non apparire sgradevole agli occhi degli altri.

Risulta di estrema importanza quindi salvare l’apparenza cercando di migliorare i propri difetti, se non addirittura nasconderli o eliminarli.

Un atteggiamento di questo tipo potrebbe non permettere una valutazione obiettiva delle nostre convinzioni estetiche e quindi portarci ad alzare così tanto i nostri standard di riferimento, da renderli assolutamente irragionevoli e inarrivabili.

Avere standard personali irragionevoli può produrre la convinzione che l’impossibilità di soddisfarli sia la dimostrazione inequivocabile della propria incapacità.

Dobbiamo quindi differenziare il desiderio di migliorarsi, dal perfezionismo che costituisce un problema quando porta con sé una profonda insoddisfazione e compromette la possibilità di avere una vita normale. Porsi standard smisuratamente elevati tende ad influire negativamente su quasi tutti gli aspetti del vivere quotidiano di una persona, inclusi ad esempio la salute, il modo di mangiare e l’aspetto fisico.

Le persone di cultura occidentale sono consapevoli di vivere in una comunità particolarmente attenta, in alcuni casi ossessionato, dall’aspetto fisico. Per tale motivo molte persone sono disposte a tutto pur di raggiungere il proprio ideale di bellezza.

Avere convinzioni perfezionistiche riguardo al proprio aspetto fisico porta spesso l’individuo a sviluppare vere e proprie ossessioni per quelle parti del corpo valutate come imperfette.

Per quanto sia naturale non essere pienamente soddisfatti di alcune caratteristiche o parti del proprio corpo, per alcune persone può diventare un problema così grande da non riuscire a pensare ad altro.

Quando questa convinzione diventa tanto radicata da costituire un serio impedimento alla vita quotidiana dell’individuo possiamo definire tale disagio Disturbo di Dismorfismo Corporeo (DDC) precedetemene noto come Dismorfofobia. Come i disturbi alimentari, anche il dismorfismo corporeo è associato a convinzioni perfezionistiche riguardo al proprio aspetto fisico.

Nella quinta edizione del Manuale Diagnostico e Statistico del Disturbi Mentali (DSM V) il DDC è stato inserito nella categoria dei Disturbi Ossessivo Compulsivi e disturbi correlati e viene diagnosticato tenendo presenti i seguenti criteri:

  • Preoccupazione per uno o più difetti o imperfezioni percepiti nell’aspetto fisico che non sono osservabili o appaiono agli altri in modo lieve
  • A un certo punto, durante il decorso del disturbo l’individuo ha messo in atto comportamenti ripetitivi (ad esempio, guardarsi allo specchio; curarsi eccessivamente del proprio aspetto; stuzzicarsi la pelle, ricercare rassicurazioni) o azioni mentali (ad esempio, confrontare il proprio aspetto fisico con quello degli altri) in risposta a preoccupazioni legate all’aspetto.
  • La preoccupazione causa disagio clinicamente significativo o compromissione del funzionamento in ambito sociale, lavorativo o in altre aree importanti;
  • La preoccupazione legata all’aspetto non è meglio giustificata da preoccupazioni legate al grasso corporeo o al peso in un individuo i cui sintomi soddisfano i criteri diagnostici per un disturbo alimentare.

Il DDC si sviluppa solitamente durante l’adolescenza, l’età media all’esordio è di 16 anni con un decorso cronico se non viene trattato.

Questo disturbo può manifestarsi con il timore che una particolare caratteristica fisica posseduta, percepita dal soggetto come un difetto, possa essere scoperta dagli altri.

Alcune volte sono difetti del tutto immaginari, altre volte invece piccole anomalie come ad esempio, un naso un po’ più grande o tratti asimmetrici del volto a malapena visibili, la cui preoccupazione di scoperta da parte degli altri è del tutto esagerata. Uno stato d’animo di questo tipo può inficiare la qualità di vita di una persona su più fronti fino a metterne in discussione la funzionalità sia in ambito lavorativo che sociale.

Chi soffre di DDC spesso pensa di avere più di un difetto oppure si ritiene insoddisfatto del proprio corpo nella sua interezza, tanto è radicato il pensiero e percepita in modo disfunzionale quella parte del corpo che anche se sottoposti ad interventi di chirurgia estetica per correggere la presunta deformità raramente si sentono soddisfatti dei risultati ottenuti.

In letteratura il trattamento consigliato per questo tipo di disturbo risulta essere la terapia farmacologica con antidepressivi unita alla psicoterapia cognitivo comportamentale.

La terapia cognitivo comportamentale per i casi di DDC vede l’utilizzo di tecniche cognitive volte a modificare le convinzioni disfunzionali riferite al proprio aspetto fisico e sostituirle con altre più realistiche. Le tecniche per modificare le convinzioni e i comportamenti perfezionistici sono molte, quelle più indicate per superare l’atteggiamento problematico riguardanti l’aspetto fisico riguardano più nel dettaglio: una corretta educazione alimentare è uno strumento utile per ostacolare le convinzioni disfunzionali, mettere in discussione gli standard di comportamento in modo da giudicarne la funzionalità e cambiare il proprio metro di paragone per perdere l’abitudine di paragonarsi a chi riteniamo migliore.

Dall’altra parte, l’utilizzo di tecniche comportamentali come l’esposizione e l’impossibilità di compiere i rituali compulsivi, consentono al paziente di gestire in modo più funzionale l’ansia prodotta dal mostrare in pubblico il proprio “difetto” rompendo in questo modo i comportamenti compensatori e protettivi.

Percorsi terapeutici impostati in questo modo fanno sì che le insicurezze estetiche percepite dal paziente cedano il posto a una sicurezza che finalmente ha il diritto di esistere.

 

 

Bibliografia

American Psychiatric Association (2014). Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali DSM 5. Milano: Cortina, 2014.

 

Antony M. M., Swison R. P.  (2008). Nessuno è perfetto. Strategie per superare il perfezionismo. Eclipsi
Bellino S., Paradiso E., Zizza M., Zanon C., Fulcheri M., Bogetto F. (2008). Il disturbo da dismorfismo corporeo: revisione critica della letteratura. Journal of Psychopathology