di
Francesca Batacchioli

Il Disturbo Ossessivo Compulsivo è caratterizzato da pensieri, o immagini, ricorrenti, intrusivi, avvertiti come disturbanti e/o eccessivi [ossessioni], generati da un timore di colpa. Le ossessioni innescano ansia/disgusto e spingono il soggetto a cercare di rassicurarsi attraverso la messa in atto di comportamenti ripetitivi (come controlli, lavaggi, richieste specifiche ad altri, ecc.) o azioni mentali (conteggi, formule scaramantiche, etc..) [compulsioni], finalizzati a contenere la sofferenza emotiva generata dalle ossessioni (Mancini, 2005).

Il DOC può produrre importanti conseguenze negative sulla qualità della vita familiare e sulle relazioni tra i suoi membri. Sovente il disturbo diviene infatti invalidante ed estenuante non solo per il paziente, ma anche per i suoi familiari che possono sentire l’impatto di un eccessivo carico emozionale, possono dover modificare aspetti della loro vita o fare rinunce indesiderate, possono essere coinvolti nelle compulsioni, direttamente o indirettamente.

Questo breve racconto di Paolo, un paziente adolescente affetto da DOC, riporta esempi di coinvolgimento familiare nel DOC:

“Nella mia testa ci sono un sacco di pensieri che mi dicono che devo tenere sotto controllo la salute, l’alimentazione e la cura personale dei miei familiari altrimenti si ammaleranno. Lo so che star loro addosso e chiedere che facciano come dico io li fa arrabbiare ed è esagerato, a volte cerco di non farlo, ma i pensieri si fanno più forti, mi sento confuso ed agitato ed allora ho bisogno di riprendere a controllarli. Qualche volta mi accontentano con fare scocciato e poi mi prendono in giro, a volte mi accusano di essere un prepotente. Spesso mi arrabbio e litigo, poi mi sento sbagliato e mi trovo a pensare che rimarrò solo. Sento che non comprendono o forse di me non interessa loro più di tanto.”

 

Come interagiscono i familiari con il proprio caro affetto da Disturbo Ossessivo Compulsivo? 

I congiunti dei pazienti DOC possono sentirsi in una situazione di impasse, in una trappola senza via d’uscita, rispetto alla sintomatologia ossessivo – compulsiva del loro caro e possono reagire con comportamenti che oscillano dalla compiacenza al contrasto o aperta critica.

 

Rientrano nell’atteggiamento di Accomodamento (o Compiacenza) tutte le azioni di partecipazione del familiare alla sintomatologia del paziente. Quando i familiari aiutano il paziente nelle compulsioni, oppure modificano la loro vita in funzione del disturbo, o ancora rassicurano il paziente rispetto al suo timore, finiscono per rinforzare l’idea del paziente della necessità di mettere in atto le compulsioni, incidendo negativamente sulla motivazione al cambiamento.

Si parla invece di atteggiamento di Antagonismo (o Contrasto) quando il familiare reagisce in modo ostile, critico e svalutante alle manifestazioni sintomatologiche del soggetto DOC. Un atteggiamento di rimprovero, derisione o di minaccia di ritorsione, provoca non solo un accrescimento della conflittualità familiare, ma anche una aumento dei sentimenti negativi del paziente (rabbia, vergogna, tristezza o colpa), producendo un incremento il timore di colpa alla base della sintomatologia ossessiva.

In sintesi, gli atteggiamenti dei familiari di Accomodamento o Antagonismo finiscono per rientrare tra i meccanismi che mantengono o peggiorano il disturbo stesso, attraverso circoli viziosi interpersonali (Saliani, Barcaccia, Mancini, 2011).

Numerosi studi mettono in evidenza che il maggior coinvolgimento dei familiari nel disturbo si correla negativamente con l’esito del trattamento intrapreso dal paziente. (Garcia, Sapyta, Moore e al., 2010; Storch, Geffken, Merlo et al., 2007; Chambless, Steketee, 1999; Emmelkamp, Kloek, Blaauw, 1992).

I familiari di pazienti affetti da DOC mostrano una compromessa qualità di vita soprattutto riguardo

alla salute fisica, alla vitalità e al funzionamento sociale (Albert , Salvi, Saracco, Bogetto, Maina, et al. 2007).

 

Come intervenire su questi fattori?

 

Specialmente quando i meccanismi disfunzionali intra familiari si rivelano altamente impattanti sul mantenimento ed in peggioramento della sintomatologia, ostacolano il percorso di psicoterapia o possono condurre il paziente all’abbandono del percorso intrapreso, è fondamentale offrire un trattamento di supporto anche ai familiari, in particolare alle figure maggiormente coinvolte nella sintomatologia.

Alcune volte sono i familiari stessi, esasperati ed arrabbiati, o scoraggiati e portatori di vissuti di impotenza rispetto ai sintomi del loro caro, a porre la richiesta di indicazioni su come sarebbe più corretto agire per poter aiutare il paziente.

La Terapia Cognitivo- Comportamentale per il paziente DOC, associata alla Terapia Cognitivo-Comportamentale rivolta alla famiglia (per gruppi di famiglie o per singoli nuclei familiari) permette di realizzare un piano di terapeutico che risulti di aiuto sia per i pazienti che per gli altri membri della famiglia, nella loro lotta verso il superamento del disturbo.

Il trattamento cognitivo-comportamentale mira a ridurre il coinvolgimento dei membri della famiglia nella patologia, partendo da interventi di psicoeducazione (illustrando ai familiari il modello psicologico del DOC e le caratteristiche generali di questo disturbo) per poi individuare e correggere i comportamenti ostili o condiscendenti nei confronti dei sintomi ossessivi del paziente loro congiunto.

 

Nel caso di Paolo, il giovane paziente che abbiamo citato, parte del lavoro terapeutico si è svolto utilizzando un doppio setting: alle sedute settimanali di psicoterapia sostenute da Paolo, si è affiancato un lavoro bimensile dei familiari, svolto sul singolo nucleo da un secondo terapeuta. Sono stati discussi ed affrontati principalmente comportamenti di “compiacenza” (faccio ciò che mi chiede controvoglia per rassicurarlo), di “derisione” (faccio delle battute per stemperare il clima) e di “biasimo” (gli dico che non posso sopportarlo e che si comporta da prepotente per vedere se smette).

 

Bibliografia:

  • Albert U, Salvi V, Saracco P, Bogetto F, Maina G. , et al. (2007). Health-related quality of life among first-degree relatives of patients with obsessive-compulsive disorder in Italy. Psychiatr Serv 2007;58:970-6.
  • Mancini, F. (2005). Il disturbo ossessivo-compulsivo [In Italian]. In B. Bara (Ed.), Manuale di psicoterapia cognitiva. Torino: Bollati Boringhieri.
  • Saliani A.M., Barcaccia B., Mancini F. (2011). “Interpersonal Vicious Cycles in Anxiety Disorders”. In Rimondini, M. (a cura di), Communication in Cognitive Behavioural Therapy. Springer, New York, pp. 149-183.

Saliani A.M., Cosentino T., Barcaccia B., Mancini F., (2016). Il ruolo dei familiari nel mantenimento del disturbo ossessivo-compulsivo: psicoeducazione e psicoterapia. In Mancini F. (a cura di) La mente ossessiva, Parte II, cap. XXI, Raffaello Cortina