di
Giulia Paradisi

In questa seconda parte dell’articolo farò riferimento a quelle reazioni che vanno sotto il nome di “trauma”, termine oggi ampiamente utilizzato per descrivere la situazione psicologica delle persone che sono coinvolte nell’emergenza sanitaria da SARS-CoV-2.

Infine, cercheremo di capire in che modo sia possibile mitigare l’impatto potenzialmente negativo che la pandemia potrebbe portare, o aver portato, nelle nostre vite, in termini di disagio psicologico.

 

 

Quando si può parlare di trauma

Quando si parla di Disturbo da Stress Post-Traumatico si fa riferimento a una condizione in cui la persona che ne soffre è stata esposta ad un evento che ha implicato la morte, o minaccia di morte o di gravi lesioni, o una minaccia all’integrità fisica propria o di altri.

In linea con ciò, è evidente che in questo momento le categorie più a rischio di sviluppare un Disturbo da Stress Post-Traumatico, sono gli operatori sanitari che lavorano a stretto contatto con i malati, che mettono a rischio la propria incolumità, ma anche le vittime dirette del coronavirus (i contagiati), nonché i familiari delle vittime. Per un approfondimento del Disturbo da Stress Post-Traumatico si rimanda alla lettura dell’articolo di C. Lombardo (“Incastrati nel passato”), mentre in questa sede vorrei sottolineare alcuni dei segnali che ci possono far pensare ad una condizione di stress post traumatico:

 

  • Disturbi del sonno
  • Difficoltà di concentrazione
  • Difficoltà di memoria (fissazione nuovi concetti, rievocazione abilità)
  • Addiction
  • Affaticamento, mancanza di energia
  • Irritabilità/irrequietezza
  • Isolamento/chiusura

 

 

In particolare, quali sono le reazioni più comuni al Coronavirus che possono durare per alcuni giorni e/o alcune settimane per le persone che hanno assistito in maniera diretta o vicaria agli effetti del virus su di sé o su altre persone?

 

  • Intrusività: immagini ricorrenti, memorie involontarie e intrusive dell’evento (flashback), che possono presentarsi come brevi episodi o come completa perdita di coscienza (per esempio rivedere i soccorritori che portano via in ambulanza proprio padre con “tute d’astronauti”, pensieri continui e intrusivi sulla possibilità di essere entrati in contatto con una persona potenzialmente positiva, ecc.)
  • Evitamento: tentativo vano di evitare pensieri o sentimenti correlati al trauma. Impossibilità ad avvicinare ciò che rimanda all’evento (per esempio non contattare il medico anche in caso di tosse e febbre per paura di fare il tampone, ridicolizzare quanto sta accadendo per non entrare in contatto con la paura, cambiare discorso non appena si parla di Coronavirus)
  • Iperarousal: aumentata attivazione psicofisiologica (ad es. allerta alta ad ogni nuova notizia, tachicardia quando si viene a conoscenza del primo caso positivo nella propria città, toccarsi la fronte e percependosi leggermente caldi si inizia a fare fatica a respirare, ecc.). Ondate di allerta a ogni nuova notizia (ad es. il primo caso di Covid-19 nella mia città).
  • Umore depresso e/o pensieri persistenti e negativi. Credenze e aspettative negative su di sé o sul mondo. Profondo senso di abbandono (per esempio iniziare ad avere pensieri negativi su di sé e/o sul mondo “non vado bene”, “il mondo è sempre pericoloso” “siamo spacciati”).

 

 

Vediamo adesso quali sono le fasi della risoluzione del trauma, ovvero i passaggi che naturalmente l’individuo compie per uscire dal momento di stress legato ad un evento emotivamente impattante (se l’elaborazione non viene bloccata da eventuali altri fattori):

 

  1. La situazione esplode: il corpo si attiva e si mobilizza e la mente si attiva per elaborare informazioni
  2. Shock (prime 24-72 h e oltre): disorganizzazione mentale, confusione, perdita di concentrazione; reazione da stress (tremori, freddo, pianto, nausea); negazione o dissociazione (incredulità, non si ricorda, non si capisce il significato); arousal emotivo (rabbia, tristezza, paura, eccitazione per essere sopravvissuto)
  3. Impatto emotivo: incubi, isolamento, depressione, colpa, rabbia, ansia, flashback, pensieri intrusivi, aumento della sensazione di pericolo, abuso di alcool/droghe, ecc.
  4. Coping: affrontare, capire, rielaborare (“Osa sarebbe successo se..?” “Perché a me?” “E la prossima volta?”)
  5. Accettazione/risoluzione: la consapevolezza che è passato. L’idea è che sono vulnerabile ma non sono impotente. Non posso controllare tutto, ma posso controllare la mia risposta
  6. Imparare a conviverci: anniversario, esperienze simili.

 

(Appunti tratti dal Webinar “Emergenza Coronavirus”, di G. Maslovaric).

 

 

 

 

Resilienza e uscita dal disagio

La resilienza è la capacità di mantenere alti livelli di emotività positiva e di benessere anche di fronte ad avversità anche significative.

Da queste ultime righe possiamo dunque sintetizzare e accennare ad alcuni elementi che possono facilitare la risoluzione di emozioni dolorose e disagio psichico in momenti critici come questo che stiamo vivendo, in cui i cambiamenti sono in rapido divenire e il bombardamento mediatico ci pone davanti spesso elementi di minacciosità e di pericolo.

Quando siamo concentrati solo sul pericolo ci sentiamo deboli, vulnerabili e senza controllo sulle situazioni di minaccia. Se invece ci concentriamo sulla nostra capacità di risposta e sull’impegno ci sentiremo più bilanciati e in controllo. Quindi è fondamentale, ora più che mai, concentrarsi non solo sul pericolo (per fronteggiarlo al meglio) ma anche sulla nostra capacità di risposta. Dobbiamo far leva sulle nostre risorse, sulla possibilità di agire sul qui ed ora, sulla nostra capacità di intervenire su ciò che è in nostro potere. Non lasciarsi andare a rimuginii su possibili eventi negativi del futuro, ma attivarci su quello che oggi possiamo fare (attività piacevoli, sport, gioco, lettura, hobbies), avendo in mente che il pericolo va affrontato al momento opportuno e non “fasciandosi la testa” oggi.

Un altro fattore importante è il significato positivo. E’ importante ricordarci che dal trauma o comunque da momenti particolarmente difficili, di crisi, si può ripartire ed avere una crescita in positivo. Far fronte ad un trauma rafforza nella persona le proprie capacità di affrontare esperienze avverse, mette la vita “in prospettiva”; i “sopravvissuti” emotivamente al trauma affermano di sentire un senso di competenza e di resilienza, proprio perché sono sopravvissuti a quell’esperienza (appunti tratti dal Webinar “Trauma e resilienza”, di R. Solomon).

Tutti noi abbiamo delle risorse mentali per adattarci e per sviluppare operatività, nonostante tutto quello che sta succedendo. Non siamo completamente impotenti, ma possiamo sempre reagire, fare qualcosa, rispolverare strumenti utili (anche collettivi e cooperativi, come comunità): è proprio nei momenti di difficoltà che spesso ci accorgiamo di avere delle risorse che non sospettavamo di possedere.

 

 

Infine, riporto da “Breve guida psicologica tascabile per tempi difficili”, le 6 parole chiave nella borsa degli “attrezzi” psicologici che possono esserci utili in un momento come questo:

 

Solidarizzare. Non siamo soli, questa esperienza ci offre la possibilità di sentirci tutti comunità. Per questo la cura delle relazioni è importante, pur nel rispetto delle norme vigenti di distanziamento e, se del caso, di isolamento. Mantenere i contatti, anche attraverso le possibilità che offre la tecnologia, aiuta a stare meglio ma anche a sentirci meglio. Ci decentra un po’, ci fa sentire reciprocamente responsabili nella solidarietà. Esercitare la solidarietà aumenta la serenità ed è contagiosa. Un contagio diverso da quello del Coronavirus, ma efficace nel combattere certi suoi effetti secondari che ha sullo stato d’animo delle persone e sul clima della collettività.

 

Contenere. Il panico è un cattivo consigliere. Comportamenti guidati dal panico rendono la vita più difficile a chi li attua e alla collettività. Non aiuta ad affrontare nel modo migliore i problemi, al contrario, la prospettiva del panico impedisce di vedere le cose per quello che sono e trovare soluzioni davvero efficaci. È importante mettere degli argini alle emozioni quando superano una certa soglia, rompere i circoli viziosi di pensiero che le alimentano: non è facile, ma concentrarsi maggiormente sui fatti oggettivi può aiutare. Vale inoltre la pena affidarsi alle informazioni che vengono dai siti istituzionali (www.ti.ch/coronavirus) e dalla comunità scientifica.

 

Distinguere. significa anche riuscire a fare la differenza tra la sensazione di paura che si percepisce e l’effettivo rischio che si corre, coi relativi pericoli reali con i quali ci si confronta. La sensazione di paura nasce dal clima collettivo, dal bombardamento di informazioni che si riceve o al quale ci si espone, dall’attenzione protratta su determinati temi.

 

Focalizzare. Focalizzarsi esclusivamente su una cosa ne fa aumentare l’importanza e la gravità a discapito della reale percezione sia di questo problema che anche di altri, i quali finiscono per passare in secondo piano pur essendo ugualmente rilevanti. Occorre mantenere una visione di insieme. La paura può creare una sorta di effetto riflettore per cui si considera solo ciò che è in luce mentre tutto il resto, che non è meno presente di ciò che vediamo, è come se non ci fosse.

 

Arginare. Occorre fare ordine in ciò che si sa, in ciò che si fa e in ciò che si pensa. Per fare questo è necessario non cedere alla tentazione di cercare continuamente informazioni via internet, troppe notizie non sempre aiutano a comprendere e non sempre sono tutte affidabili. Mettere un argine è importante per canalizzare al meglio quello che sappiamo e che riceviamo da fonti sicure. In questo senso è importante tenere questi contatti, aggiornarsi regolarmente evitando però la ricerca continua e insistente di informazioni.

 

Pazientare Abbiamo bisogno di tempo per elaborare quello che sta succedendo: la fretta non è una buona consigliera. Le esperienze alle quali si è oggi esposti necessitano di tempo per occuparsene, per metabolizzarle, affrontarle e gestirle. Pazienza vuol dire accettare il fatto che le cose non si risolvono subito. Pensare di proteggersi al cento per cento dagli eventi della vita, non solo dal Coronavirus, è illusorio e può portare all’esasperazione nel tentativo di realizzare questa esigenza di tutela di sé stessi e dei propri cari. La qualità della vita dipende anche dalle nostre scelte, a cosa diamo importanza, possiamo fare davvero molto per vivere bene anche nei momenti difficili.

Per approfondimenti:

American Psychiatric Association. (2014) DSM-5. Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali. Raffaello Cortina Editore

Webinar online: Psicologia dell’emergenza ed EMDR  ai tempi del Coronavirus. Dott.ssa Giada Maslovaric Psicologa Psicoterapeuta Facilitator e Supervisore EMDR C.R.S.P. Milano

Webinar online: Trauma e resilienza. PhD Roger Solomon, Istituto Apa

 

 

https://m4.ti.ch/fileadmin/DSS/DSP/UMC/malattie_infettive/Coronavirus/Vademecum_Covid19.pdf

http://www.psicoterapia-cognitiva.it/incastrati-nel-passato/