di
Estelle Leombruni

 

Nella maggior parte dei Paesi europei la prima settimana di novembre rappresenta il periodo in cui è tradizione recarsi al cimitero per commemorare i propri defunti. Tuttavia, sebbene questa tradizione faccia parte della nostra cultura, ognuno può sviluppare un suo modo personale di commemorare le persone care che sono venute a mancare. Non esiste una regola riguardo a ciò, così come non si può parlare di “normale” o di “non-normale” rispetto al modo in cui si vive un lutto.

 

La morte di una persona, a cui si era legati da un punto di vista affettivo, rappresenta un evento fortemente stressante che genera sofferenza psicologica e fisiologica e che può condurre a cambiamenti comportamentali. In generale il modo in cui viene vissuto un lutto è influenzato da numerosi fattori tra cui la cultura di appartenenza, religione, età, il tipo di relazione che si aveva con il defunto, il tipo di morte e le risorse interne ed esterne a disposizione.

 

Dal punto di vista emotivo il lutto è caratterizzato da vissuti di tristezza, ma anche di incredulità, colpa, ansia e rabbia. Spesso durante un lutto si ha una maggiore difficoltà di concentrazione, sono frequenti sogni che riguardo la persona deceduta e c’è un maggiore attaccamento agli oggetti che gli appartenevano. Non è rara la presenza di allucinazioni uditive e di confusione mentale.

 

Spesso le persone riportano una forte preoccupazione per alcuni tipi di reazione che hanno avuto in seguito a una importante perdita: “a volte mi viene da digitare il suo numero di telefono e chiamarlo”, “parlo con lui come se fosse ancora qua presente”, “mi capita di vederlo per strada e poi mi accorgo che è un’altra persona”, “spesso faccio sogni in cui lui torna a casa e quando mi sveglio non capisco se è vero o no”, “anche se ormai vivo sola, quando rientro a casa mi viene da dire ad alta voce “eccomi” come facevo quando lei era ancora con me”…

Queste esperienze, del tutto nella norma, destano preoccupazione in quanto valutate come “non normali”. Ciò provoca ulteriori vissuti negativi che vanno ad aggiungersi a quelli direttamente provocati dalla perdita.

Inoltre lo stesso vissuto di sofferenza può destare preoccupazione per l’intensità sperimentata: “sento come se mi stesse schiacciando qualcosa di estremamente pesante e temo di non farcela”. Anche in questo caso la valutazione secondaria che la persona attua nei confronti del proprio vissuto può provocare un’ulteriore sofferenza.

 

Come anticipato la morte rappresenta un evento stressante e la mente necessita di tempo per riorganizzarsi. Se prima era contemplata la presenza di una determinata altra persona, nel momento in cui questa viene a mancare la nostra mente deve attuare un processo di riorganizzazione ovvero integrare nel proprio vissuto il fatto che l’altro non è più presente. Questo processo necessita di tempo e ogni persona ha i suoi tempi di elaborazione che variano, come anticipato, a seconda di una serie numerosa di fattori.

Può capitare che una persona non si conceda il tempo necessario, rimproverandosi della durata delle emozioni che sperimenta: “devo andare avanti”, “non è normale che ancora sto così”, “non sono un/a bambino/a, possibile che reagisco in questo modo?”…

Anche in questi casi l’interpretazione negativa del proprio vissuto e della durata di questo, può provare ulteriori emozioni negative.

Viene quindi a crearsi una sorta di circolo vizioso della sofferenza: soffro perché è venuta a mancare una persona per me importante, mi rimprovero di come reagisco e ciò provoca ulteriore sofferenza per la quale mi rimprovero.

 

Tra le risorse esterne alle quali una persona può attingere per essere aiutata ad attraversare il lutto c’è anche la possibilità di rivolgersi a uno psicoterapeuta. Nel caso della psicoterapia cognitivo – comportamentale la persona verrà aiutata nel processo di elaborazione del lutto, per arrivare all’accettazione di quanto avvenuto e quindi potersi riorganizzare e investire su altri scopi esistenziali di vita.

Si tratta di accompagnare la persona nelle fasi del lutto (per approfondire le fasi http://www.psicoterapia-cognitiva.it/la-dolorosa-esperienza-della-perdita-lelaborazione-del-lutto/ ) senza forzare il passaggio dall’una all’altra ma aiutando a non rimproverarsi dei vissuti che sta attraversando. L’interruzione dei circoli viziosi di mantenimento e peggioramento della sofferenza rappresentano, infatti, un importante obiettivo così da poter consentire al paziente di elaborare quanto accaduto senza auto-accuse e auto-rimproveri di quanto stia vivendo.

 

Per approfondimenti:

  • American Psychiatric Association, 2014. Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali. Quinta edizione. DSM-5. Milano: Raffaello Cortina Editore
  • Perdighe C., Mancini F., 2010. Il lutto: dai miti agli interventi di facilitazione dell’accettazione. Psicobiettivo, XXX, 3 pp. 127-146
  • Mancini F., Rainone A. (2008). Bloccati tra illusione e disperazione. In Cognitivismo Clinico, 5,1,66-70.