di
Silvia Timitilli

Nella prima parte del nostro viaggio (http://www.psicoterapia-cognitiva.it/quando-la-lente-della-mente-si-distorce-un-viaggio-nei-bias-cognitivi/) abbiamo approfondito i meccanismi che caratterizzano il ragionamento, introducendo il concetto di bias cognitivo.

Il bias cognitivo può essere definito come una distorsione del ragionamento, una sorta di incrinatura della lente attraverso cui osserviamo il mondo, un errore sistematico nel processo di valutazione che nasce dall’applicazione delle euristiche, quelle “scorciatoie di pensiero” che consentono di giungere più velocemente a una decisione.

La presenza di queste incrinature sulla nostra lente non rappresenta un difetto tale da comprometterne la qualità, anzi la psicologia cognitiva ha messo ben in evidenza come questi errori logici siano all’ordine del giorno e, soprattutto, come la loro presenza nella mente di un individuo non discrimini un soggetto sano da un soggetto patologico, anzi è stato evidenziato come le euristiche interpretative possano rivelarsi essenziali per il mantenimento del benessere soggettivo.

Ciò che rende un bias cognitivo in grado di indurre sofferenza non è dunque una caratteristica intrinseca al bias stesso, ma un ricorso sistematico a questo tipo di scorciatoia, quindi anche nei casi in cui sarebbe auspicabile e più funzionale ricorrere ad un altro tipo di ragionamento. L’applicazione rigida di queste scorciatoie di pensiero, infatti, conduce l’individuo a conclusioni sistematicamente errate che rendono impermeabili al cambiamento le credenze patogene che sottendono la sua sofferenza.

 

Nella nostra esplorazione andremo adesso a osservare alcuni bias più da vicino, così da comprenderne il funzionamento e il loro impatto sul benessere psicologico.

 

Catastrofizzazione

 

Il nome di questo bias è tutto un programma: consiste nel dare una valenza catastrofica ad un evento temuto, che sarà dunque considerato come grave ed irrimediabile una volta verificatosi.

Facciamo un esempio…Immedesimiamoci in Lucia, studentessa di medicina. Lucia deve preparare un esame e sperimenta ansia i giorni prima di sostenerlo: ad una settimana dalla data fatidica presenta un sonno disturbato, passa molte ore della giornata a ripassare gli argomenti e, quando tenta di staccare dallo studio, ha difficoltà a farlo perché il pensiero dell’esame e delle possibili domande trabocchetto è sempre là. Lucia, quella mattina, avrà la tentazione di non presentarsi, ma andrà lo stesso; avrà il desiderio di scappare anche quando faranno l’appello, ma alzerà ugualmente la mano; a pochi istanti dall’inizio del suo orale avrà la netta sensazione di non ricordarsi più nulla, ma appena inizierà a parlare le informazioni inizieranno a ricomparire quasi per magia e riuscirà pure a rispondere a una delle fatidiche domande trabocchetto, a cui non aveva nemmeno pensato, recuperando nozioni dalla sua memoria che non ricordava neppure di possedere! L’esame sarà superato e Lucia vorrà festeggiare e a quel punto si accorgerà che Mario, suo compagno di studi, quella mattina non si è fatto vedere. “Che strano!” pensa Lucia “Aveva studiato molto più di me, aveva iniziato pure molto prima di me…che sarà successo?!”.

Lucia telefona a Mario che le spiega di aver deciso di non presentarsi all’esame quella mattina perché non era abbastanza preparato. A Lucia questa scelta appare priva di qualunque logica: era molto più tempo di lei che stava studiando incessantemente, aveva ripetuto il programma molte più volte e per forza di cose avrebbe avuto più chance di lei di superarlo. Perché allora scegliere di non presentarsi?!

Per Lucia è difficile comprendere perché non sa cosa è accaduto nella mente di Mario e quale ospite sgradito lo accompagni ormai da mesi: il bias della catastrofizzazione! Questo bias ha reso insormontabile la prospettiva di non superare l’esame: una bocciatura costituirebbe per Mario una vera catastrofe perché lo rallenterebbe nel percorso di studi, dal momento che dovrebbe poi aspettare non uno ma ben due appelli prima di poterlo sostenere di nuovo e sicuramente non sarà in grado di studiare altro che quella materia, non potendo così sostenere altri esami e quindi compromettendo la sua tabella di marcia…a quel punto non potrà più recuperare e perderà anche la borsa di studio…i genitori non potranno aiutarlo economicamente in nessun modo, dovrà tornare a casa da loro che saranno estremamente delusi…e i suoi sogni saranno irrimediabilmente infranti! Che fare dinnanzi a questa prospettiva?! Meglio prendersi altro tempo per studiare!

Se tutti gli scenari che la catastrofizzazione ha fatto vedere a Mario nel corso dei mesi fossero l’unico effettivo esito possibile derivante da una bocciatura, la decisione di Mario ci apparirebbe alquanto saggia. Non è detto però che quelli siano gli unici esiti possibili! Intanto, come direbbe Lucia, prima di tutto bisogna vedere se Mario davvero boccerebbe all’esame e poi, anche succedesse, dopo un primo momento di comprensibile sconforto, Mario potrebbe riorganizzarsi e riuscire a sostenere altri esami rivedendo e modificando il suo piano di studi.

La catastrofizzazione, nel corso di quei mesi, era andata a trovare spesso anche Lucia che, diversamente da Mario, la accoglieva in un’ottica critica, non dandole sempre retta ma riuscendo a ricordarsi che, male male che andasse, poteva sempre contare sulle sue capacità di riorganizzarsi e come, appunto, quegli scenari catastrofici fossero solo uno dei possibili esiti e forse nemmeno quelli più probabili!

 

Generalizzazione

 

Continuiamo a seguire le sorti di Mario e Lucia. Siamo all’appello successivo e Mario finalmente riesce a presentarsi al fatidico esame e lo supera. Come? Non tanto brillantemente quanto si sarebbe aspettato sulla base di quanto aveva studiato. Anche Lucia ha dato un esame quel giorno e anche lei non ha ottenuto un voto brillante.

Dopo una settimana i due amici si ritrovano a fare un aperitivo e, mentre Lucia appare più serena della mattina dell’esame, Mario sembra proprio giù. Cosa sta succedendo? Tutti e due hanno ricevuto una visita in quella settimana: ha bussato alla loro porta un altro bias, quello della generalizzazione.

La generalizzazione consiste nel trarre una regola generale o una conclusione sulla base di uno o più episodi isolati e nell’applicare tale concetto ad altre situazioni, connesse o non connesse al caso specifico.

Né Lucia né Mario sono soddisfatti del loro voto, è la prima volta per entrambi in cui prendono un “votaccio” a un esame ma come mai Mario appare più sofferente di Lucia anche dopo che è trascorso un po’di tempo? Premettiamo che a tutti è dispiaciuto, sia Mario che Lucia sono due studenti dalla carriera universitaria brillante e un intoppo non fa mai piacere a nessuno.

Lucia si è abbattuta per qualche giorno, soprattutto considerando che ad altri compagni di corso l’esame era andato meglio che a lei: si era sentita una stupida, temendo per un momento di non essere la brava studentessa che credeva, poi però si è detta che un intoppo può capitare, anzi ha riconosciuto di aver preteso davvero troppo da lei sostenendo quest’ultimo esame a ridosso del precedente e capendo quindi di aver commesso un errore. Questo errore non costituisce necessariamente una tragedia, anzi le ha permesso di imparare sulla propria pelle che ha bisogno di più tempo tra un appello e l’altro per sostenere un esame e, alla prossima sessione, saprà come mettere a frutto questo insegnamento.

Mario invece è proprio giù. Aveva studiato tanto, si era preso pure più tempo del previsto per studiare…come mai allora l’esame era andato male? Probabilmente non aveva studiato abbastanza e il fatto di non averlo compreso prima ma, anzi, essersi atteso l’esatto opposto, la dice lunga sulle sue capacità previsionali e quindi anche sulle sue capacità di studente che, evidentemente, sono compromesse. Infatti se un esame a cui si sentiva preparato è andato male, allora vorrà dire che anche per i prossimi esami non potrà fidarsi del suo metro di giudizio perché basandosi solo su questo sbaglierà di sicuro! La generalizzazione la sta facendo da padrona nella mente di Mario che non è più in grado di vederne le caratteristiche disfunzionali: da un solo episodio, oltretutto il primo in anni di onorata carriera, sono state tratte inferenze molto pesanti e assolutistiche su tutta la sua futura carriera universitaria. Mario non riesce a contestualizzare il “votaccio”, non riesce a riconoscere che intanto “può capitare” e non riesce neppure a comprendere che quel brutto voto è imputabile più ad uno stato eccessivo di ansia, piuttosto che alla sua presunta incapacità come studente.

 

Per approfondimenti:

 

Beck, A.T. (1984). Principi di terapia cognitiva. Casa Editrice Astrolabio.

 

Kahneman D. (2017). Pensieri lenti e veloci. Mondadori.

 

Perdighe C. e Mancini F. (a cura di) (2010). Elementi di Psicoterapia Cognitiva. Giovanni Fioriti Editore.