di
Francesca Batacchioli

Un focus sulla vergogna e la colpa

Ieri nella notte degli Oscar 2023 è stato in nomination come miglior attore protagonista Brandan Fraser per la sua magistrale e commovente interpretazione di Charlie nel film “The Whale”, diretto da Darren Aronofsky, trasposizione cinematografica dell’omonima pièce teatrale di Sam D. Hunter. “The Whale” segue cinque giorni, presumibilmente gli ultimi cinque giorni, della vita di un insegnante di inglese affetto da severissima obesità, ormai prigioniero nella sua abitazione poiché non riesce quasi più a muoversi, il cui tempo sta per volgere al termine in seguito alle complicanze cardiache legate alla sua condizione.

 

La nostra non vuole essere una recensione della pellicola sulle controversie tra critica ed esaltazione, sull’apparente intenzione, forse troppo ambiziosa, di affrontare una vastità di tematiche, dalle dipendenze, al lutto, alla salute mentale, all’omosessualità, alla discriminazione, all’ipocrisia di certi fanatismi religiosi, alla redenzione, al valore dell’insegnamento e quello della sincerità, alla perdita di speranza e la paura della morte, o sul reclamare nello spettatore un drammatico coinvolgimento emotivo; quello su cui ci concentriamo è il “peso” di Charlie, al di là di quell’enorme stazza, che è eccezionalmente capace di condurci nel suo mondo interiore, attraverso il potere delle emozioni che attraversano un uomo affetto da estrema obesità.

 

La sofferenza espressa con l’obesità

 

Charlie porta in scena un uomo fondamentalmente buono, comprensivo con tutti tranne che con sé stesso, incapace di gestire sentimenti di colpa e vergogna che lo tengono imprigionato in un circolo vizioso di consapevole autodistruzione perpetrata attraverso una compulsiva ingestione di cibo, che spera di trovare pace non soltanto nella dipartita, ma anche attraverso il sacrificio e il dono d’amore verso gli altri.

 

Come il capitano Akab in “Moby Dick”, Charlie insegue con ossessione quella balena, in un’incessante lotta contro le sue intime emozioni negative che egli stesso incarna.

 

Sin dalle prime scene comprendiamo che la malattia di Charlie, l’obesità, è una rappresentazione del suo profondo malessere psicologico, una presenza carnale e ingombrante che si fa prigione e scudo per l’incapacità di accettare sé stesso e le conseguenze delle proprie scelte. Il corpo pesante e deformato è il luogo che visivamente rappresenta l’enormità della sofferenza.

 

 

Vergogna e colpa in parallelo

 

L’uomo di cui Charlie era innamorato, che lo ha spinto a lasciare sua moglie e sua figlia, è morto in depressione generata dalla disapprovazione ricevuta dalla Chiesa; questo genera in lui uno scompenso che lo conduce all’obesità e lo fa sprofondare in una spirale di emozioni, pensieri e comportamenti da cui non riesce a riemergere.

In questo personaggio si può riscontrare un meccanismo emotivo non di rado presente nei pazienti con obesità: la sovrapposizione di due emozioni secondarie, strettamente legate al giudizio, ovvero la vergogna e la colpa, che procedendo in direzione parallela e divenendo quasi inscindibili, ostacolano quella necessaria accettazione che può aprire la strada verso la cura.  

 

La vergogna e la colpa sono due emozioni morali (legate al giudizio negativo su ciò che è o non è ok) e secondarie (non sono innate ma si formano l’interazione tra l’individuo e la società, la comunità, quando l’individuo interiorizza come gli altri ritengono si debba essere, o come ci si debba comportare).

 

La COLPA è in generale quel sentimento che l’individuo esperisce quando è presente nella sua mente un contenuto di danno (sia esso effettivo o presunto) che ritiene di aver arrecato (ad altri o a sé stesso). Il senso di colpa ha lo scopo adattivo di sostenere un comportamento eticamente corretto e di promuovere l’eventuale necessità di riparare ad un danno, ma finisce per divenire disadattivo quando attiva un pesante atteggiamento di auto-rimprovero, rimorso o rammarico, o addirittura a dolorose forme di auto-punizione come nel caso di Charlie. Lui si incolpa per le sue scelte di vita e principalmente per quella che ha fatto per sé stesso (vivere il suo amore omosessuale con Alan, suo studente della scuola serale, abbandonando la sua famiglia ed in particolare la figlia Ellie).

Contemporaneamente Charlie si vergogna della propria naturale omosessualità e del proprio comportamento indegno (scegliere di preferire l’amore omosessuale per Alan al continuare ad essere padre e marito, mangiare in modo così smodato ed essere obeso).

LA VERGOGNA è un’emozione complessa che ha lo scopo di sorvegliare la buona immagine e l’autostima dell’individuo, con la funzione adattiva di preservare la propria appartenenza al gruppo sociale, ma diviene disadattiva quando coinvolge il nucleo profondo del sé interiorizzato come sbagliato, indegno, manchevole.

 

Charlie diventa enorme, continua a mangiare. Il cibo è un rifugio al dolore, ma al contempo il suo castigo:

Rendendosi sempre più grasso, alimenta in sé stesso la vergogna legata alla stigmatizzazione ed ai pregiudizi nei confronti della persona obesa, mantenendo ed aggravando credenze negative su sé stesso ed aumentando la tendenza al ritiro e al ricorso al cibo come strumento di gestione emotiva.

Ma l’abuso del cibo alimenta nel contempo anche il senso di colpa per il fatto stesso di essere responsabile dei danni che arreca al suo corpo e alla sua immagine, quindi mangia sia per gestire il giudizio negativo legato alla propria incapacità di compiere scelte diverse, che per punirsi di come si è comportato.

 

Provare colpa e vergogna non sono però di per sé un ostacolo all’attivazione di un processo di accettazione di sé e di redenzione. Nel comportamento di Charlie sono presenti alcuni dei comportamenti adattivi, promossi dalle emozioni di colpa e vergogna, che possono favorire il miglioramento della sua condizione psicologica e di conseguenza fisica. Lui infatti cerca di riparare alla colpa di aver abbandonato la figlia, cercando di darle comprensione, insegandole letteratura e facendole avere una base economica più sicura: questi comportamenti avrebbero potuto favorire l’accettazione e la riconciliazione con sé stesso, se fosse riuscito ad abbandonare il suo intento autopunitivo e a spendere una parte del suo denaro per accedere alle cure. La concomitanza di una vergogna pervasiva, caratterizzata da un assoluto e resistente pregiudizio negativo nei confronti della propria grassezza, impedisce un comportamento adattivo e protettivo, mosso dalla vergogna e teso e evitare il troppo cibo, finendo per alimentare l’idea di essere sbagliato indegno e manchevole.

 

 

Bibliografia e sitografia:

Dalle Grave R., (2002).“Terapia cognitivo comportamentale dell’obesità”, Positve Press, Verona.

Kahan S, Puhl RM. The damaging effects of weight bias internalization. Obesity 2017;25(2):280–1.

Safer D.L., Telch C.F., Chen E.Y., (2009). “Binge eating e bulimia. Trattamento dialettico-comportamentale”. Raffaello Cortina Editore.

https://www.fondazioneveronesi.it/magazine/articoli/alimentazione/obesi-e-colpevoli-stigma-pregiudizio-e-salute

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http://www.psicoterapia-cognitiva.it/1796-2/

http://www.psicoterapia-cognitiva.it/approccio-cognitivo-comportamentale-alla-cura-dellobesita/

http://www.psicoterapia-cognitiva.it/il-cibo-mi-aiuta-il-cibo-mi-danneggia/